Andrea Gelli

Abituati a leggere miei pezzi leggeri e ironici, forse qualcuno non sa che di lavoro faccio il Neurologo in un Ospedale, ai confini Nordest dell’Italia, farete pertanto fatica a prendere seriamente quanto seguirà. Lavorare al tempo del coronavirus è qualcosa di assolutamente singolare, brutto quanto si vuole, strano come è impossibile da rendere, ci provo. Esci per andare a lavoro, non senza un pensiero nel notar strade deserte ma non troppo (anziani che si spostano in macchina in primis), sguardi in strada che si incrociano con la domanda reciproca ‘io sono fuori per validi motivi, ma lui potrà?’.

Ospedale molto più deserto, come se i malati non esistessero più, come quando gioca la Nazionale, ti fa per primo pensare a quanto spesso la Sanità pubblica venga a volte usata per motivazioni non essenziali. Tensione spettrale, ogni giorno vedi sempre più mascherine indossate, prima era solo qualche psichiatrico ossessivo, poi sempre di più, dai pazienti ai parenti, dagli infermieri agli OSS ai medici. E la sensazione, brutto scriverlo, è quella di avere un cerino in mano che non vedi l’ora di passarlo a qualcun altro che viene dopo di te. Di lottare contro un fantasma che potrebbe essere lì davanti a te oppure lontano. Non stringi la mano né abbracci, ma poi quando visiti la regola del metro di distanza la violi x necessità. Ti senti un naufrago in mezzo alla tempesta, che può far poco e aspetta solo una cosa.. Che finisca.

Il mio ruolo? In ordine:
1) Non ammalarmi: premesso che non esistono malati di serie A e di serie B, l’eccezione è quando si ammala un Sanitario, che sia un medico o infermiere o OSS… Se si ammala chi dovrebbe curare,il Sistema Sanitario salta, perché posti in Rianimazione o letti liberi magicamente in queste situazioni emergenziali appaiono sempre, personale qualificato non c’è e non saranno certo assunzioni rapide a risolvere il problema contingente.
2) Liberare posti letto alla Rianimazione, favorendo trasferimenti : sì, perché alla fine di tutto ognuno deve fare il suo ruolo: il Rianimatore, lo Pneumologo, gli altri specialisti, i capi e il personale del comparto: se tutti facessero tutto non sarebbe corretto. Come se c’è un rigore lo faccio tirare a Ronaldo ma lo faccio parare a Handanovic, allo stesso modo in sanità funziona così. E anche il riposo, il meritato riposo, serve come ad un’automobile quando va al Distributore a far il pieno.

Gli applausi dai balconi fanno piacere, non dico di no, pur frenando la retorica del ‘ma come mai prima non ci applaudivate anzi’, ma non c’è niente di più utile del riposo e della lontananza da uno dei luoghi più a rischio di una città, l’ospedale… Lo capiranno quelli che applaudono? Lo spero, intanto come ogni pomeriggio aspetto i dati del bollettino di guerra di Borrelli, in attesa che il trend del rapporto contagiati/guariti si inverta quanto prima possibile… Al riguardo posto la foto del mio Arcobaleno personalizzato “Andrà tutto bene (forse)”.

Andrea Gelli

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