Seguendole da anni per lavoro e per passione, da tempo sono convinto che le primarie siano il sale della democrazia, aprendo la politica ai cittadini e rendendo possibile un vero ricambio della classe dirigente, non solo generazionale. Anche in Italia ovviamente, sull’onda degli Stati Uniti, si è parlato molto delle primarie, a destra come a sinistra, e nello schieramento progressista hanno provato a introdurle come prassi per scegliere i candidati. Poi, sul più bello, quando si è scoperto che sono uno strumento che sottrae potere ai segretari di partito e ai vari leader e leaderini, veri o presunti, l’ubriacatura delle primarie è svanita e si è tornati al punto di partenza. Nulla di nuovo sotto il sole, perché la politica italiana è come il Gioco dell’oca.

Il “re delle primarie” in Italia, colui che per primo ci ha creduto e le ha volute a tutti i costi, è Matteo Renzi. Grazie ad esse ha ottenuto la candidatura del centrosinistra per la poltrona di sindaco di Firenze, poi dopo qualche anno le ha usate come strumento per regolare i conti in seno al Partito democratico, sino a divenirne segretario. È passata molta acqua sotto i ponti, Renzi ha governato il Paese come presidente del Consiglio, poi è stato disarcionato e da tempo ormai è uscito dal Pd. Alla fine lui stesso ha “rottamato” le primarie. Non le pretende più come un tempo. Evidentemente si è ricreduto, non sono più un metodo buono per selezionare i candidati dal basso. Strano che, in così poco tempo, abbia cambiato idea. Forse perché non ci credeva davvero e gli servivano, le primarie, solo per la sua scalata al potere?

A Firenze si voterà, tra poco, per eleggere il nuovo sindaco. Il centrosinistra ha deciso di puntare su Sara Funaro. Scelta avvenuta senza le primarie, dopo il voto dell’assemblea cittadina del Pd (132 voti a favore, 24 contrari alla mozione alla mozione del segretario Andrea Ceccarelli che ha messo da parte il meccanismo di selezione dal basso). Cecilia Del Re, ex assessore all’Urbanistica, avrebbe voluto sfidarla alle primarie, ma non è stato possibile. Niente primarie, decidono i partiti. Non si sa ancora nulla della possibile alleanza Pd-M5S, seguendo l’esperienza vittoriosa della Sardegna. Decideranno a Roma cosa fare, non certo a Firenze.

Il centrodestra da tempo pensa di candidare Eike Schimdt, ex direttore delle Gallerie degli Uffizi, ma la coalizione che guida il governo nazionale non ha ancora sciolto le riserve. Anche qui si deciderà a Roma, non certo a Firenze.

Renzi cosa pensa, cosa intende fare con la sua Italia Viva? In fondo Firenze non è una città qualunque ma la sua città, il luogo dove è partita la sua attività politica. Qualcuno ipotizza che l’ex premier avrebbe in mente di lanciare una candidatura civica, cercando di attirare voti un po’ da destra, un po’ dalla sinistra. Sì, ma per cosa? Ovviamente non avrebbe alcuna chance di vittoria. Possibile che voglia rompere le uova nel paniere solo per tenere sotto “ricatto” uno dei due schieramenti? Rispunta il nome di Stefania Saccardi, che per Renzi sarebbe in grado di “mandare il Pd e Funaro al ballottaggio”.

Possibile che la mossa serva a dare uno scossone alla Regione Toscana, di cui Saccardi è assessore e vice presidente. Una sua candidatura fiorentina ostile al centrosinistra potrebbe infatti scatenare la richiesta di dimissioni in Regione, e da lì aprire un effetto a catena.  Le scelte politiche, comprese le alleanze e le candidature, si fanno anche guardando cosa fa l’altra parte, questo è vero. Però arriva il momento delle decisioni e il tempo stringe.

La cosa più triste è prendere atto che siamo tornati indietro anni luce, a quando tutto, ma proprio tutto, veniva deciso dalle segreterie politiche, senza minimamente sentire il territorio. Le primarie rottamate anche da chi per primo le aveva lanciate dimostrano che l’Italia perde il pelo ma non il vizio: siamo la patria del trasformismo e del gattopardismo.

 

 

Foto: rete.comuni-italiani.it

 

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