Paolo Lazzari

A Firenze, nei primi anni Settanta, Roberto coltiva un sogno. Non si tratta di pulsazioni irriverenti: ha studiato molto per questo ed è sospinto da un estro interiore per nulla scontato. Nella sua piccola bottega prova, sperimenta, sbaglia, ricomincia. Fino al risultato, che poi sarebbe un avanguardistico procedimento di stampa su pelle. Roberto – un ragazzo sulla trentina che di cognome fa Cavalli – crea un patchwork di materiali e colori, riscuotendo subito l’interesse di due marchi certo non di seconda mano, come Hermès e Pierre Cardin. La culla del rinascimento è casa sua, nonché il teatro delle primissime sfilate, ma il giardino è privo di recinti, perché collima con il mondo intero. Avere trent’anni e presentare la propria collezione al Salone du Pret-a-Porter: alzi la mano chi riuscirebbe a fare altrettanto.

Agganciato ad una visione trainante, Roberto apre la prima boutique a Saint Tropez. L’anno è il 1972. Il successo è già un corriere che scampanella forsennatamente. La carriera decolla e con essa, inevitabili, i riflettori si accendono intridendo il piatto di gossip. Il matrimonio con Silvana, sposata a vent’anni, si rivela un sottobosco di sentimenti contundenti. Presto si incrina e cede, ma non prima di aver regalato due figli. La vita sentimentale non procede spedita come il lavoro, ma il contropiede è in agguato. Le carte si scompigliano di nuovo quando conosce da vicino la conturbante Eva Maria Duringer, un fascino che va a ruba e un curriculum niente male che recita “Seconda classificata a Miss Universo”, pochi anni prima. L’incrocio piazzato lì dal fato è di quelli decisivi, perché il legame dipanerà i suoi effetti sia in campo sentimentale (dall’unione nasceranno tre figli), sia sul terreno lavorativo. Eppure, nel suo momento più fulgido, Roberto Cavalli non indulge in autocelebrazioni. Anzi, inizia ad abitare il polo opposto. L’opinione pubblica sgrana gli occhi quando apprende che ha deciso di ritirarsi a vita privata, almeno per un periodo, per dedicarsi più da vicino alla famiglia e all’allevamento dei suoi cavalli.

Il ritorno sulle passerelle, insieme alla moglie, ha l’aspetto confortante dei primi anni Novanta. Cavalli è sempre il sovrano indiscusso di un’estetica gioiosa e opulenta, trasmessa con vigore e savoir-faire in tutti i suoi capi. Adesso però apre anche a concept meno sfarzosi, eppure irresistibili, come i suoi jeans invecchiati con uno speciale trattamento a getto di sabbia. I denim vengono comunque impreziositi con patchwork, inserti dorati e applicazioni, elevandosi così al nobile rango di prodotti di lusso. Nel frattempo, Cavalli continua a impegnare profonde energie nel suo stile “Animalier“, incoronato nel 2001 anche dal New York Times. Le fantasie selvagge assurgono a marchio di fabbrica e Roberto decide di disseminarle ovunque. Trascinato dal nuovo successo, Cavalli comincia ad aprire altri negozi in giro per il globo, dai Caraibi francesi a Venezia. Nella sua Firenze, invece, tornerà con una boutique-caffè.

Oggi che gli anni si affastellano fino a superare gli ottanta, Roberto Cavalli può senz’altro rimuginare felicemente sul tempo andato. Ma non troppo, s’intende, perché anche se rimane un fiorentino che ce l’ha fatta sul serio, il lato migliore del viaggio è continuare a spostarsi verso la prossima esperienza.

 

 

Foto: Wikimedia

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