– Marina Sacchelli –

Iniziamo così il nostro articolo dopo il concerto “Paganini in jazz”: grazie Sandra Landini. La serata al Teatro Verdi di Pisa, patrocinata dal Comune di Pisa e organizzata dall’associazione Fanny Mendelssohn, ha offerto gratuitamente al numeroso pubblico uno spettacolo coinvolgente, musicalmente ineccepibile, che ha riscosso un tripudio di applausi. Se volessimo per assurdo trovare una pecca a questo concerto, potremmo solo dire che è finito troppo presto. Sul palco del Verdi si è esibita l’OrchestraSuoni del Sud”, formazione nata nel 1992 che vanta prestigiose esperienze artistiche tali da farle meritare nel 2022 il riconoscimento di “Istituzione Concertistica Orchestrale” dal Ministero della Cultura.

Diretta dal maestro Marco Moresco, con la presenza del maestro Ettore Pellegrino (violino solista) e del trio Nosso Brasil, l’orchestra è riuscita a dare un’impronta magica all’esibizione musicale che rimarrà a lungo nel ricordo degli spettatori. Come preannunciato il tema eseguito verteva sui “Capricci” di Paganini, violinista ineguagliabile, ( 1782-1840) tale da far pensare alle malelingue dell’epoca che per arrivare a quel livello di perfezione avesse stretto un patto col diavolo. I “Capricci” sono composizioni di carattere virtuosistico con grandi varietà di tecniche quali picchettati, ricochet, ottave, decime e pizzicati con la mano sinistra.

Paganini aveva anche indicato per iscritto alcune espressioni che traducevano il suo intento musicale come “imitando il flauto” o “imitando il corno”. Ettore Pellegrino, violinista dalla carriera internazionale, ha voluto precisare che i “Capricci” sono di per sé composizioni difficili da eseguire e che il progetto musicale che l’Orchestra si accingeva a presentare era ambizioso in quanto per ogni brano era stata riscritta una versione jazz. Artefice di questi arditi
arrangiamenti è l’eclettico maestro Roberto Molinelli grazie al quale abbiamo potuto assistere ad una doppia versione di ogni “Capriccio”, in maniera quasi ininterrotta e incalzante, per cui alla stesura originale magistralmente eseguita dal primo violino e da tutti i bravissimi orchestrali si è passati senza una pausa ma in modo fluido e naturale ad una riscrittura che ha mescolato il jazz anche a ritmi latino americani con una chitarra che in alcuni momenti ha fatto salire sul palco il calore del Brasile.

Particolarmente graditi a chi scrive, per un gusto personalissimo, tutti gli strumenti a percussione: tamburi, tamburelli, triangoli, xilofoni, legnetti e maracas, che hanno conferito ai “Capricci” una nota moderna molto interessante senza per questo intaccare l’importanza dell’originale, anzi probabilmente mettendo a confronto le due versioni si intuisce ancor di più il genio immortale di Paganini che come sappiamo dava spazio anche a momenti di improvvisazione.

Il concerto di venerdì 26 aprile al Teatro Verdi ha reso pienamente onore al leggendario violinista, e si è concluso con il “Capriccio n. 24”, l’ultimo composto, considerato il più difficile da eseguire, riservato solo ai “veri artisti”. Fuori programma l’Orchestra “Suoni del Sud “ ha voluto salutare il pubblico pisano con un omaggio ad Astor Piazzolla.

Marina Sacchelli

Foto di Alessio Alessi

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