L’oboe, strumento musicale aerofono a fiato ad ancia doppia della famiglia dei legni dal suono leggero e penetrante, ha avuto il ruolo di protagonista principale del concerto conclusivo del X Festival Internazionale di musica dell’associazione Fanny Mendelssohn, approdato a Pisa dopo aver girovagato, negli altri appuntamenti, per un teatro e alcune stupende dimore storiche della provincia. La cornice di questa ultima tappa è stata lo stupendo Palazzo Toscanelli sito nel pisano Lungarno Mediceo, sede principale dell’Archivio di Stato dal 1931, che contiene  affreschi raffiguranti Galilei, Byron, nonché la poesia e l’Apoteosi  di Michelangelo, e colpisce per la solennità del suo imponente stile architettonico.

Nel gremito, stupendo salone, l’oboe si è messo in mostra grazie alla sapienza di uno dei migliori oboisti del panorama internazionale, Francesco Di Rosa, musicista marchigiano ma conosciuto in gran parte del mondo e, tra l’altro, oboista dell’orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nonché collaboratore dei più prestigiosi istituti musicali e orchestre del mondo. Era accompagnato da un trio d’archi di identico valore composto dal violinista Paolo Ardinghi, anche docente al Conservatorio Boccherini di Lucca, accompagnato da due suoi virtuosi allievi ma già con importanti esperienze musicali alle spalle  come  Niccolò Corsaro alla viola e Leonardo Giovannini al violoncello.

Il programma della serata voleva, quindi, esaltare lo strumento protagonista e di conseguenza sono stati suonati brani di autori che l’oboe lo avevano privilegiato nelle loro composizioni come J.S. Bach (1735-1750), con cui è iniziato l’evento grazie al conosciuto Adagio dalla Suite n.3 in re maggiore BWV 1068, un brano noto e usato in molte occasioni come sigle televisive, ma sempre molto gradito dai fruitori musicali grazie alla sua innata grazia e ampiezza capaci di trasportarti in altra dimensione.

È seguito un brano dell’undicesimo figlio di  Sebastian, avuto dalla seconda moglie, ovvero J. Christian Bach (1735-1782), che perse il padre a quindici anni. studiò musica da un fratello maggiore fino a diventare un compositore di musica sacra che visse e operò per alcuni anni pure nel nostro paese. Di lui è stato eseguito uno dei suoi prezzi più suonati, ovvero il Quartetto in Si bem. maggiore composto da quattro movimenti (Allegro, Minuetto e Alternativo I e II),che ha lasciato posto al sublime W.A.Mozart (1756-1791) il genio scomparso troppo presto, che del figlio di  Sebastian B. fu allievo quando il salisburghese era ancora così piccolo da suonare seduto sulle ginocchia del suo mentore.

L’inconfondibile tocco mozartiano che rifulge sin dalle prime note, è stato, stavolta, quello  del Quartetto in Fa maggiore KV 370, in tre movimenti (Allegro, Adagio, Rondò) composto nel 1781 per il grande oboista dell’epoca  F.Ramm (1744-1813). L’oboe rifulge soprattutto nel primo movimento (Allegro) per trasformarsi nel secondo (Adagio) e combinarsi nel successivo con un Rondò con la tecnica della variazione e portare il brano a una notevole eleganza cameristica.

La parte finale della serata è scivolata al secolo scorso con Astor Piazzolla (1921-1992) il musicista argentino con discendenze nostrane che rivoluzionò il tango inserendovi altri strumenti oltre il classico bandoneon come appunto l’oboe. Il quartetto,con il suo arrangiamento,  ha dato nuova vita ad alcuni brani tangheri ormai diventati classici per l’uso in colonne sonore e le diverse interpretazioni di tanti musicisti, com’ è successo in questa rassegna, e parlo di Y soy Maria ( tratto dall’opera musicale Maria de Buenos Aires su libretto di H. Ferrer), l’arcinoto e presente Libertango e il nostalgico Oblivion composto per il film Henry IV di Bellocchio.

Non sono mancati stupendi bis come lo struggente Mission di Morricone che il maestro Di Rosa e si suoi hanno regalato ad un pubblico rapito e plaudente.

Una degna conclusione per un altro Festival di alto livello che ha registrato ancora una volta il pieno di spettatori che hanno sempre gradito molto le proposte dell’instancabile e competente direttrice artistica Sandra Landini e dei suoi collaboratori.

I prossimi appuntamenti proposti da questa attiva associazione sono in programma in autunno, quando tornerà “MusikArte”, l’altra rassegna curata dalla Fanny, e febbraio 2024 per l’ennesima edizione del Festival.

Perché la musica non si ferma mai ed è la principale amica dell’uomo o, per dirla alla Baricco, “la voce dell’anima”. Che forse l’ho pure già scritto in altra occasione ma repetita iuvant.

Guido Martinelli

 

Foto: Alessio Alessi

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