Ilaria Clara Urciuoli

Venti tele sono affiancate l’una all’altra in duplice fila a ricoprire due delle pareti, al centro della stanza una sedia. I colori che ci avvolgono sono piacevoli e rasserenanti malgrado la sensazione particolare di desolazione che quella sedia così isolata inizialmente lascia. Appena superato l’uscio, una volta fisicamente dentro l’istallazione, l’interrogativo si staglia davanti ai nostri occhi sotto forma di una sorta di rebus nascosto nelle lettere che insieme ai colori ci circondano. Così “Percorso circolare”, la mostra personale di H. H. Lim ospitata nella bella location di villa Pecori Giraldi di Borgo San Lorenzo fino al 30 settembre, ci accoglie affidandoci un compito da svolgere, suggerendoci di abbandonare la pigrizia con la quale talvolta si guardano le esposizioni e chiarendo così la necessità di metterci in gioco. La sedia presente al centro della stanza assume a questo punto un significato del tutto diverso, un invito alla calma, ad osservare meglio. Si percepisce la presenza di un senso in quelle lettere ripetute in ogni tela, una logica che ci fa esaminare con occhio attento cancellature e differenze attraverso le quali finalmente arriviamo a decifrare il messaggio. Scoprirlo è un piacere che non toglierò al prossimo visitatore. Così, da questi primi passi nel mondo di Lim, è chiaro che l’osservatore non può fruire passivamente di queste esperienze artistiche ma deve porsi con attenzione e impegno – e rispetto – in ascolto e alla ricerca di ciò che è il progetto artistico.

 

La sala successiva ha un sapore più intimo: due quadri parlano tra loro, quasi si specchiano l’uno nell’altro mostrando similitudini e differenze. Mother e Father le scritte che li dominano, scritte che ci fanno pensare alle profondità racchiusa in quelle tele dai colori tenui, velati, malinconici nell’ostinato scuro che sembra lentamente conquistarle. Al centro la prima delle istallazioni che troveremo poi in tutto il percorso ad affrontare (come già anticipato dal messaggio consegnatoci nella prima sala) uno dei temi principali della mostra: il viaggio. Valigie di forme diverse ma tutte macigni, così pesanti da trasformarsi in zavorre, in ingombro non sostenibile per il viaggiatore finché non se ne scopre la leggerezza svelando l’inganno della materia.

Ogni sala della mostra colpisce per qualche sua caratteristica e in questo senso l’opera di Lim dialoga con l’osservatore che inevitabilmente (dopo aver dichiarato la propria disponibilità a inizio percorso) guarda con occhio curioso le sedie tutte diverse che sembrano prestarsi ad una platea di contemplatori degli affreschi contenuti nella Sala degli Stemmi. Ogni sedia ha un messaggio inciso sulla seduta: dove ti siederesti tu? La scelta è legata a molti fattori, viste anche le diverse dimensioni e fattezze di ognuna ma la frase o parola incisa sarà fisicamente sentita immaginando di sedersi realmente. Così, girando in quella stanza l’istallazione sembra spingerci a una maggiore consapevolezza del nostro vivere, dove anche il sederci in una platea diventa un gesto da ponderare bene dopo aver esaminato le varie possibilità. Anche qui le valigie sono identificative della negazione del viaggio – non a caso questi lavori sono stati realizzati durante la pandemia che tanto difficile ha reso gli spostamenti.

Tanti ancora sono gli spunti che ci investono in questa esposizione: il bisogno di esprimersi dell’artista che, nel vuoto illuminato dell’attesa dell’ispirazione trasforma questa stessa attesa in opera, o il quadro forse stufo di essere vittima dello sguardo spesso superficiale dell’osservatore che assurge lui a critico di chi lo osserva, in un ribaltamento delle parti che ci fa vedere da nuove prospettive il rapporto tra artista (o opera) e pubblico.

Il percorso continua con assoli che dichiarano idee che sembrano pietre miliari come “Enfatizza la funzionalità del nulla” contenuto e forse titolo di un quadro che segna uno dei passaggi finali dell’esposizione (prima di una sua ripresa circolare, come il titolo suggerisce).

Una simpatica curiosità per coloro che uniscono alla visita della mostra anche uno sguardo al piacevole museo Galileo Chini che occupa le stanze al piano superiore della villa: tra le ceramiche dell’artista che dà il nome al museo troviamo un estintore conservato in una teca. Si rimane un po’ perplessi finché non si scopre che anche quello è realizzato interamente in ceramica da un sapiente e ironico Lim.

Ilaria Clara Urciuoli

Autore

Scrivi un commento