Paolo Lazzari

Sicuramente sarà capitato anche a voi. Una volta arrivati a Pisa, avete senz’altro rivolto la vostra attenzione verso il monumento più conosciuto, la torre pendente, proprio ad una manciata di passi dal duomo. Un complesso architettonico praticamente perfetto, quello che si staglia quasi fluttuando sul prato dei miracoli: chi accorre qui resta con il respiro ingolfato ed il cuore circondato da una uno splendore abbacinante.

E, come spesso accade, le guide turistiche sono infarcite di aneddoti, misteri e leggende che si legano a doppio filo ad alcuni dei beni architettonici più celebri del nostro paese, meglio se appartenenti alla chiesa cattolica. In questo caso però a far detonare la curiosità collettiva non è la torre, ma una storia collocata poco più in là, sulla fiancata nord della cattedrale. Provate ad ispezionare il marmo direttamente importato da Roma, mentre passeggiate: ad un certo punto inciamperete con lo sguardo in un profluvio di piccoli forellini che puntano verso l’alto e scavano con prepotenza la pietra, incidendola in modo indelebile. Ecco, questi segni sono riconducibili ad una delle leggende più affascinanti che l’antichità abbia mai saputo sfornare: il mito, tramandato oralmente nel tempo, delle “unghiate del Diavolo”.

Provate a socchiudere gli occhi e immaginatevi la scena: vi trovate infilati nell’alto Medioevo e a Pisa decidono che è scoccato il momento giusto per erigere una maestosa cattedrale cittadina. Nel 1063 l’imponente opera – che si tradurrà in un vero e proprio biglietto da visita dello stile romanico – viene commissionata ad un’archistar dell’epoca, un tizio di nome Buscheto. Per issarla su è di tutta evidenza come ci sia bisogno di una massiccia quantità di denaro: per fortuna la questione non si pone, perché il lavoro viene finanziato utilizzando un decimo del bottino raggranellato in Sicilia, frutto dell’impresa di Palermo contro i Musulmani. Quindi è deciso, una volta approvato il progetto la cattedrale si fa, rigorosamente fuori dalla prima cinta muraria medievale, a dimostrazione che il potere di Pisa è talmente esteso – almeno questo è quel che si vuol dare ad intendere all’esterno – che non c’è nemmeno bisogno di protezione.

Il Duomo, una volta finito, verrà intitolato a Santa Maria dell’Assunta. Prima di finirlo, tuttavia, servirà penare non poco se si accetta di dar retta alla versione meno razionale della faccenda. La leggenda racconta infatti che il Diavolo, una volta resosi conto che a Pisa si stava costruendo una cattedrale magnifica, decise di impedire che i lavori venissero conclusi. Come? Nei modi e con la teatralità che si confanno al suo personaggio: recandosi sul cantiere addirittura di persona. Arrivato sul posto e constatato che i lavori sono già quasi terminati, il demonio decide di arrampicarsi sul lato nord della facciata – da qui i celebri buchi – per salire sul tetto: prima di riuscirci, però, viene costretto ad allontanarsi da un intervento divino. La cattedrale pisana così è salva e i fedeli possono contare su un nuovo ed imperioso punto di riferimento per raccogliersi.

Per chi invece volesse girare la manopola dei sensazionalismi su “off”, esisterebbe una spiegazione molto meno pittoresca. I fori, infatti, potrebbero semplicemente essere la risultanza di una decorazione a perline e fusarole di un’architrave romana piallata per poi essere utilizzata come blocco liscio.

Di sicuro, ancora oggi, in moltissimi si avventurano nell’impresa di contarli ad uno ad uno: sembra che siano circa centocinquanta, ma il numero è destinato a cambiare di volta in volta. Colpa di un ultimo colpo di coda del demonio, si dice. E, in fondo, a noi piace pensare che sia andata proprio così.

Paolo Lazzari

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