Confermata la condanna per l’ex senatore Denis Verdini nell’ambito del procedimento sul crac del Credito Cooperativo Fiorentino. La quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato i 6 anni e 10 mesi stabiliti dal giudizio d’Appello, fatta eccezione per quattro mesi andati in prescrizione. Dopo una lunga camera di consiglio, iniziata questa mattina, i giudici hanno rigettato il ricorso di Verdini contro la sentenza d’appello del luglio 2018 (in primo grado gli era stata inflitta una pena pari a 9 anni). La Suprema Corte ha eliminato soltanto 4 mesi di pena per l’ex senatore, dichiarando prescritti i reati di truffa allo Stato sui contributi all’editoria. La Cassazione ha respinto le richieste avanzate ieri dalla procura generale della Corte, secondo la quale per alcune ipotesi di bancarotta andava svolto un nuovo approfondimento con un processo d’appello bis.

Dopo la condanna Verdini dovrà andare in carcere. “Purtroppo a questo punto mi pare che non ci siano esiti diversi”, ha detto l’avvocato Franco Coppi rispondendo a chi gli chiedeva se il suo assistito sarebbe andato in prigione. “Per fortuna è un uomo molto forte e molto coraggioso e quindi pensiamo che saprà affrontare virilmente questa prova. Siamo profondamente delusi – ha aggiunto Coppi – sia perché il ricorso che avevamo proposto a noi sembrava fondato, sia soprattutto perché ieri il procuratore generale in un intervento molto motivato e molto persuasivo aveva chiesto l’accoglimento in larga parte dei nostri motivi di ricorso”.

Dalla carne alle banche fino alla politica

Nato a Fivizzano (Massa Carrara) nel 1951 Verdini trasferisce giovanissimo a Campi Bisenzio con la famiglia. Nella sua vita ha fatto di tutto: dall’import-export di carne, gli studi in Scienze Politiche e le frequentazioni di Giovanni Spadolini, il lavoro come commercialista accanto al fratello Ettore, l’incarico di presidente della Cassa Rurale e Artigiana di Campi Bisenzio, divenuta poi Credito Cooperativo Fiorentino, l’incarico di assistente universitario alla Luiss per “Storia delle dottrine economiche”, la passione per l’editoria (il Foglio, il Giornale della Toscana e Metropoli) e la politica. Già, la politica, sua antica e grande passione, che lo porterà a diventare uno degli uomini più potenti d’Italia nel Pdl di Silvio Berlusconi. Consigliere di quartiere a Campi di Bisenzio nelle file del Psi alla fine degli anni Ottanta, entra a far parte del Pri, per cui nel 1992 si candida alla camera, ma non viene eletto. Ci riprova due anni dopo candidandosi nel Patto con l’Italia di Mario Segni, ma anche quella volta gli va male. Nel 1995, invece, viene eletto in Consiglio regionale della Toscana con Forza Italia. Si mette in luce due anni dopo, accompagnando Giuliano Ferrara nella sua campagna elettorale nel Mugello, per le elezioni suppletive in cui il centrosinistra ha candidato l’ex pm del pool di Milano Antonio Di Pietro. Rinsalderà il legame con Ferrara (che perde le elezioni) divenendo socio del Foglio. Nel 2001 viene eletto ala Camera e continua la sua ascesa nel partito del Cavaliere. Confermato nel 2006 nel 2008 viene nominato coordinatore nazionale di Forza Italia. In questa veste lavora per la fusione con Alleanza Nazionale e la nascita del Popolo della Libertà. Nel 2014 è tra i fautori del “patto del Nazareno” (tra Berlusconi e Matteo Renzi), che si propone la riforma della Costituzione e la nuova legge elettorale. Il rapporto con Berlusconi si chiude, di fatto, con l’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale, nel gennaio 2015. Pochi mesi dopo esce da Forza Italia e dà vita a gruppi autonomi, in parlamento, con il gruppo Ala (Alleanza Liberalpopolare per le autonomie). Alle Politiche del 2018 si ricandida come leader del Partito Repubblicano Italiano – Ala”, ma non viene eletto.

 

Foto: ilGiornale.it

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