La piccola Chiesa della Spina è un gioiellino, straordinario esempio di gotico pisano edificato nel 1230, accanto all’Arno e all’importante Porto Novo distrutto nel 1400 e mai più ricostruito. Prese questo nome nel 1333 perché, secondo la tradizione, custodiva come reliquia una spina della corona di Cristo ora esposta nella chiesa di Santa Chiara. Da molti anni ospita mostre artistiche di valore a cui garantisce un costante flusso di visitatori essendo posta in una zona molto frequentata dai turisti.

Chiesa della Spina

Dal 1° marzo tale spazio ospita, grazie al Comune di Pisa, la mostra “La mente e l’anima” in cui sono esposte, fino al 17 marzo, i dipinti di Daniela Maccheroni e un’istallazione di Rachele Carol Odello, a cura del critico Ilario Luperini e con la direzione artistica di Rachele Carol Odello e dell’attrice Daniela Bertini dell’Associazione “Il Gabbiano”, che durante l’inaugurazione ha letto alcune poesie delle artiste in questione insieme all’attore professor Marco Rossi.

Incuriosito dalle tematiche trattate mi sono recato in loco per scambiare alcune brevi impressioni con le due artiste. Ho iniziato con Rachele Carol Odello, invitata, come da prassi, a presentarsi.

“Mi chiamo Rachele Carol Odello in arte Seventeen, sono pittrice e amo l’arte in generale, infatti mi diletto anche nella scrittura di libri e, a volte, anche nella recitazione. Ogni mia mostra è mossa da uno stile di ricerca profondo”.

Da dove viene?
“Da Livorno, ma ho un background culturale  abbastanza articolato che tocca il Sudafrica, la Francia, l’Inghilterra, la Germania, dove presento anche le mie opere”.

La precedente mostra dove l’ha presentata?
“A Gerusalemme, in Israele, ed era dedicata allo Spirito Santo dato che la mia poetica artistica è incentrata sulla ricerca di creare un ponte tra il mondo ebraico e quello cristiano”.

Che in questo periodo storico mi sembra particolarmente…
“Appropriato, senza alcun dubbio. Il mio è un messaggio di pace e di speranza, che mira a facilitare la comprensione della figura di Gesù che ritengo importante per unire tutto il mondo e può servire per aumentare la spiritualità individuale e collettiva. Infatti la mia ricerca poetica è incentrata sulla spiritualità, senza religiosità, ma in modo da essere in connessione col divino e vivere in pienezza”.

Lei quale religione professa?
“Sono di estrazione ebraica ma non seguo una religione precisa, non è semplice collocarmi, però attingo moltissimo dall’ebraismo, e sono in contatto con varie forme di cristianità che spaziano dai cattolici agli evangelici”.

Qual è stata la motivazione che l’ha portata fin qui?
“Volevo proprio realizzare una mostra in questa stupenda chiesa perché, anche se non sono pisana bensì livornese, ho lavorato tanto in questa città che ho imparato ad apprezzare. In particolar modo amo molto questa chiesa e ho esposto le mie intenzioni a Daniela, che conosco da anni, e poiché anche lei aveva questo desiderio, abbiamo unito le forze e siamo riusciti a portarvi questo progetto che ho creato in modo da unire sia le tematiche artistiche di Daniela relative alla sofferenza e al disagio mentale che le mie di natura spirituale. Per evitare contrapposizioni non ho portato quadri ma ho creato un’istallazione con un messaggio unitario rivolto ad affermare che l’arte deve portare a una guarigione mentale e spirituale”.

Ci parli della sua istallazione intitolata “Dio è con noi”.
“Nell’Antico Testamento troviamo l’arca che, appunto, era questa scatola dove c’erano questi due angeli, che veniva portata dovunque in modo da avere Dio sempre al seguito. Così tutti stavano attentissimi a portare quest’arca sempre con loro. Poi, nel Nuovo Testamento, che va letto con un’ottica ebraica, troviamo l’Emanuel, dall’ebraico “immanu’el che vuol dire “Dio sia con te, Dio  sarà con te”,  formula frequente di felice augurio per l’assistenza divina nelle imprese difficili. E’ altro nome di Dio, ed è la continuazione dell’Arca, ovvero Dio che vuole stare sempre con noi, e infatti ha fatto si che suo figlio abitasse con noi.”

Cosa rappresentano i due angeli?
“Sono una forma un po’ mistica frutto di una lunga ricerca perché in realtà sono come  l’uomo e la donna, due diversi che soltanto quando sono uniti  diventano uno, il principio di Dio che è l’essere unico. Quindi è la ricerca di un’ amalgama  tra due entità diverse così difficile tra gli umani che solo un intervento soprannaturale può realizzare”.

La sua prossima mostra?
“Ne sto organizzando una in una location molto esclusiva dove ci sarà dell’acqua, a metà tra arte e astrologia, e spero di poterla mostrare qui in Toscana anche se non posso ancora rivelarne il nome della località finché il Comune non mi dà il benestare. Successivamente vorrei portarla in Messico, a Cancun dove opero da diversi anni e sono accolta con favore”.

Ringrazio e passo all’altra espositrice, che invito a sua volta a presentarsi.
“Mi chiamo Daniela Maccheroni, dipingo da tutta una vita. All’età di nove anni dipinsi il primo quadro a olio e da allora non mi sono più fermata. In genere i miei quadri su tela sono grandi ma dipingo anche quadri più piccoli, faccio grafiche con inchiostro di penna, asta, pennino delle vecchie elementari su carta 70×50, scolpisco, scrivo poesie e testi teatrali”.

 

 

Qual è il suo stile e la sua poetica?
“Ho uno stile espressionista e tratto i temi della segregazione con la denuncia dei luoghi dove esistono punizioni psicologiche”.

Luoghi come?
“Manicomi, ospizi, cliniche psichiatriche private, dove la persona non viene aiutata umanamente ma si continua a usare metodi invasivi di presunta cura come le terribili come l’elettroshock. Anche adesso, nella clinica dell’ospedale psichiatrico civile di Pisa, si pratica questo trattamento. Queste persone, in realtà, soffrono di quella che è una malattia dell’anima perché la psiche è collegata all’anima e loro avrebbero bisogno soprattutto di aiuto mentre le scariche elettriche aumentano la malattia”.

 Quale sarebbe, per lei, la cura più giusta in simili frangenti?
“Potrebbe essere il sostegno psicologico, il dialogo, a livello pubblico e non privato perché questo richiede un forte dispendio economico. Insieme a terapie a base di musica, danza, pittura e senza segregazione ma in libertà, perché nelle cliniche psichiatriche la segregazione, insieme alle pratiche li usate, acuisce e non guarisce la malattia”.

La sua visione mi pare riferita alle idee dell’antipsichiatra Franco Basaglia, di cui l’11 marzo p.v. ricorrerà il centenario della nascita, che negli anni settanta del secolo scorso, con il suo nuovo approccio nei confronti della cura dei malati mentali ha portato all’abolizione dei manicomi e coinvolto invece l’intera comunità nel processo di cura della malattia mentale.
“Certamente. Io sono antipsichiatrica perché sostengo che la causa della malattia vada trovata nella psiche ammalata. Comprendo che i disturbi della psiche non siano visibili perché non si manifestano e non si riconoscono sempre bene come quelli organici ed è difficile aiutare queste persone, ma occorre sensibilità e preparazione”.

Questa mostra cosa attua e perché?
“Collega la psiche con l’anima e di conseguenza con Dio perché anche la fede  è un gran mezzo per superare i disturbi psichiatrici. Ed è un consiglio che noi diamo”.

Non pensa che in tanti disturbi mentali sia presente una predisposizione genetica?
“Certe volte c’è una predisposizione genetica ma sarebbe curabile se i principi psichiatrici fossero improntati all’accoglienza”.

Riguardo sempre alla malattia psichica non le sembra che stia degenerando vedendo le notizie che ogni giorno vengono fuori?
“La psiche risente di tutte le notizie di guerra e di altri fatti tragici per cui nascono casi di depressione che è una malattia, un rattristamento dell’anima.”

Tra i quadri esposti ne ho visto uno di ambientazione bellica.
“L’ho dipinto due anni fa quando ero affetta da covid e l’ho realizzato in quei ventidue giorni di malattia riferendomi alla triste guerra che si stava allora, e  ancora si sta, purtroppo, combattendo in Ucraina. È dipinta in olio e dietro la tela vi ho scritto un poesia sull’argomento”.

Dal punto di vista pittorico, oltre l’espressionismo cui chiaramente il suo stile fa riferimento con le sue pennellate inequivocabili, quali sono altri suoi punti di riferimento?
“Van Gogh, Munch, e poi il mio maestro terreno, ovvero il pittore pisano Piero Bernardini che era un metafisico. Lui mi ha insegnato tanto ed è stato anche mio compagno di vita per 25 anni”.

Prima di questa mostra cosa aveva organizzato e quali sono i suoi progetti per il futuro?
“Ho fatto mostre sia all’estero, in città come Londra, Parigi, sia in diversi luoghi della Toscana. Prossimamente vorrei realizzare una mostra a Roma e conto di riuscirci”.

Per concludere ecco come il noto critico, ed altro, Ilario Luperini, tratteggia la mostra: “L’azione delle due artiste può considerarsi un’istallazione unitaria, più che una mostra di singole opere, con alla base una spirituale condivisione: Dio non si nasconde dietro a una statua ma è proprio qui! Percepire la sua presenza con la mente è un viaggio meraviglioso, un viaggio d’amore”.

La mostra è aperta dal mercoledì alla domenica in orario 10.30-13.30 / 15.30-18.30. Il sabato e la domenica saranno presenti le artiste.

Guido Martinelli

Foto di Guido Martinelli

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