Le “mine vaganti”, secondo l’accezione comune non bellica, sono quelle persone che, con il loro comportamento, possono rappresentare una minaccia per la comunità in cui vivono. E di queste se ne trovano alcune nella rappresentazione teatrale dal titolo omonimo che Ferzan Ozpetek ha tratto dal suo fortunato e acclamato film, dove si narra una vicenda trasportata  dal Salento cinematografico a un teatrale paesino napoletano che alcuni giorni fa è stata rappresentata la Teatro Verdi.

In questa messa in scena si vede ritornare il giovane Tommaso Cantone (Erik Tonelli),che nel capoluogo campano vive col compagno Andrea (Luca Puntini) e coltiva ambizioni di scrittore, con l’intenzione di confessare alla  sua tradizionale, borghese e ricca famiglia proprietaria di un pastifico,  la propria natura omosessuale. Purtroppo viene anticipato dal fratello maggiore Antonio (Carmine Recano),anch’egli gay, la cui rivelazione solleva un putiferio oltre a un principio d’infarto al padre Vincenzo (Francesco Pannofino).

Tommaso rimane così intrappolato in una situazione da cui invece voleva fuggire perché Antonio viene cacciato di casa e lui deve prenderne il posto anche all’interno della fabbrica di famiglia. Marco, il compagno di Tommaso (Luca Pantini), lo raggiunge con altri due simpatici amici anche drag-queen (Francesco Maggi e Jacopo Sorbini) mettendo in difficoltà Tommaso desideroso di risparmiare, almeno per un po’, altri traumi al padre dopo la precedente agnizione.

La nonna (Simona Marchini), la principale mina vagante familiare, riuscirà a comporre i conflitti facendo forse comprendere all’intero nucleo familiare, composto anche dalla madre (Iaia Forte),dalla zia Luciana (Sarah Falanga) dalla cameriera Teresa (Mimma Lovoi) e Alba Brunetti (Roberta Astuti), socia di Tommaso e sua promessa sposa nelle intenzioni del padre, come la normalità non sia la regola assoluta e la diversità un’ eccezione malata, bensì una opzione come tante.

Parlando di questa rappresentazione l’ottimo regista italo-turco specifica che “le emozioni dei primi piani hanno ceduto il posto a punteggiatura a parole…a teatro non ci si dovrebbe  annoiare così ho optato per un ritmo continuo che non si ferma anche durante il cambio di scene. Merito di Luigi Ferrigno che ha inventato un gioco di tendaggi; anche le luci di Pasquale Mari fanno la loro parte, lo stesso per i costumi di Alessandro Lai, colorati e sgargianti”.

Ne è risultato una spettacolo ben riuscito, brillante e divertente nonostante la tematica impegnativa, grazie anche alla trovata registica di coinvolgere pure la platea “come se fossero nella piazza del paese e verso cui guardano quando parlano”, ma soprattutto grazie all’ottima recitazione dell’affiatato gruppo di attori di gran livello in questa coproduzione “Nuovo Teatro diretto da Marco Balsamo” e “ Fondazione Teatro della Toscana”.

Alla fine il teatro, colmo in ogni ordine di posti, ha tributato numerosi meritati e reiterati applausi.

Guido Martinelli

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