Francesco Fasulo

Eccoci finalmente Doha. I Mondiali di calcio mentre a casa fa freddo. Salto Pisa-Ascoli non senza rammarico ed eccomi qua. Tra sceicchi, miss pitturate da scacchiera, tarantolati verdeoro. Gli alloggi per un cronista da strapazzo sono adeguati. Nei container.

Mi accomodo tra una tettona (uso questo termine perché ci tiene ad evidenziare la caratteristica) e un capo indiano biondo ed amazzonico. Qualcosa non torna. Mi accomodo e mi appresto allo stupore. Come Giulio Verne nei suoi viaggi straordinari.

Non vogliatemene ma non apprezzo questo luna park. Non c’è il mio pathos.
Non mi entusiasmano gli 800 passaggi. Il resto è noia. Fino al 90’ non si vede niente.
La prima semifinalista ha fatto un gol in 450 minuti. Maracanazo in feijada. Non c’è la fanno in Brasile a vincere il Mondiale da favoriti.

Il calcio è uno sport di squadra, imparatelo dal Pisa dell’Omone che nel “pantanal” di casa vince una partita lurida di tensione con la forza del gruppo.

Corro come un forsennato su un Press coach per riuscire a raggiungere il Lusail stadium che è a venti chilometri da Doha. Parlo con un giornalista del Clarin e gli manifesto la mia perplessità sul numero eccessivo di argentini che si possono permettere di essere qui. Facendo un conto veloce, 60mila argentini tra volo soggiorno e costi esorbitanti possono spendere 25.000 euro per assistere in Qatar alle gesta di Messi?

Prendo posto, riguardo il cucchiaio di Ernostro. Mi entusiasma l’orso fradicio sulla nostra panca che esulta sommessamente ai nostri gol. Ciao Pablito 20. Bona Ugo. Forza Pisa!

 

Foto: Wikimedia

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