Il controllo palmo al palmo dell’appezzamento del terreno in cui nei giorni scorsi erano state trovate tre valigie contenenti resti umani di persone fatte a pezzi, ha permesso ai carabinieri di rinvenire una quarta valigia. “Verosimilmente contiene la parte mancante dell’uomo” (trovato a pezzi in un’altra valigia, ndr), spiegano i carabinieri. Il contenuto “è stato portato a medicina legale” per ulteriori analisi e approfondimenti.

Intanto è arrivata la conferma. Uno dei due cadaveri trovati a pezzi nelle valigie, tra il carcere di Sollicciano (Firenze) e la superstrada Fi-Pi-Li appartiene a un uomo albanese, Shpetim Pasho, scomparso nel 2015 con la moglie, Tenuta Pasho. Le impronte digitali trovate su un dito in una delle valigie corrispondono a quelle dell’uomo. L’ulteriore conferma si attende dall’esame del dna, che verrà fatto comparandolo con quello della figlia Dorina, che da tempo vive a Castelfiorentino. Si attendono notizie sui resti dell’altro corpo, quello della donna, ma è forte il sospetto che si tratti della moglie di Pasho.

A indirizzare gli inquirenti sulla pista della coppia albanese scomparsa è stato un tatuaggio a forma di ancora, con il nome di una città albanese, che l’uomo aveva sull’avambraccio. La coppia albanese veniva spesso in Italia per andare a trovare il figlio, Tautan, rinchiuso in carcere, proprio a Sollicciano, per droga. Ottenuti gli arresti domiciliari, nel 2016, di lui si persero le tracce. La scomparsa dei coniugi Pasho fu denunciata dalla loro figlia Dorina, che si rivolse agli inquirenti insieme alla sorella. Della vicenda si occupò anche la trasmissione di Rai3 “Chi l’ha Visto”. L’appartamento che avevano preso in affitto era vuoto ma dei genitori non c’era alcuna traccia. Dorina in un’intervista raccontò che sua madre un giorno l’aveva chiamata al telefono, da un numero non suo, e le aveva detto di non voler più rispondere a nessuno, come se avesse paura di qualcuno e non volesse essere rintracciata. Quella fu l’ultima volta che la sentì, poi più nulla, solo silenzio. Il telefono (del padre) che squillava a vuoto e, dopo due giorni, solo la segreteria che entrava in funzione. La procura chiuse il caso archiviandolo come probabile allontanamento volontario. Ma dopo cinque anni di silenzio emerge un’altra triste verità.

Da una prima analisi sui corpi all’interno delle valigie emerge che l’uomo probabilmente è stato ucciso con una coltellata alla gola. La donna, invece, sul volto e sulla testa presenta i segni di alcuni colpi violenti, più la frattura di alcune costole e dell’osso ioide (che si trova alla radice della lingua, a livello della terza vertebra cervicale). Perché questa feroce brutalità soprattutto sulla donna? Si è trattato di una “punizione” decisa, magari per vendetta, negli ambienti criminali frequentati dal figlio? Le indagini vanno avanti per cercare di trovare delle risposte.

Foto: “Chi l’ha Visto?” (Rai)

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