La storica azienda Rifle & co. di Barberino di Mugello (Firenze) è fallita. Con diversi negozi in tutta Italia l’azienda conta, in tutto, 96 dipendenti. Aperta nel 1958 dai fratelli Fratini, Giulio e Fiorenzo, ben presto divenne un simbolo del made in Italy nel settore della moda. Non sono bastati, a risollevarla, gli investimenti degli ultimi anni dei fondi esteri, subentrati nel 2017. “L’azienda non ce l’ha fatta a uscire dal tunnel – sottolineano i sindacati – certamente reso ancora più buio dalla pandemia mondiale”.

Il Tribunale di Firenze ha disposto l’esercizio provvisorio per 45 giorni. L’azienda era già in cassa integrazione per il Covid-19, tramite gli ammortizzatori sociali straordinari previsti in questi casi. “Sarebbe riduttivo – spiegano i sindacalisti Filctem Cgil e Femca Cisl – addebitare la crisi solo alla pandemia e cercheremo anche di verificare tutte le possibilità di salvaguardia occupazionale qualora ci fossero manifestazioni di interesse per il marchio e quindi per l’attività aziendale”.

Come nacque l’impresa

Nel dopoguerra fu Giulio Fratini a buttarsi per primo nell’avventura, comprando a peso i vestiti dei soldati americani, rivendendoli come stracci a Prato. Fu toccando con mano questi capi di abbigliamento che scoprì i jeans prodotti da Coney Mills, una ditta del North Carolina. Con il fratello Fiorenzo si imbarcò per gli Stati Uniti e bussò alla porta della sede della Coney Mills, a Greensboro (North Carolina). Siglato l’accordo commerciale i due fratelli toscani iniziarono a importare i jeans.  E nel 1949 fondarono la loro azienda, con sede a Prato: Confezioni Fratini.

Arriviamo alla fine degli anni Cinquanta e l’azienda si sposta a Barberino di Mugello, cambiando nome: Super Rifle s.p.a. e, in seguito, Rifle s.r.l. Il nome Rifle fu scelto perché evocava il mondo del West. A livello commerciale, però, furono utilizzati anche altri marchi, sempre con un forte richiamo al West americano:  Colt, Winchester, Giant.

IL grande successo arrivò negli anni Ottanta, quando l’azienda raggiunse il massimo livello di espansione, vendendo oltre che in Italia anche in Svizzera, Regno Unito, Israele e Paesi Bassi, ma anche nell’ex-Unione sovietica, in Bulgaria, Polonia, Cecoslovacchia e nel resto dell’Europa orientale. La prima crisi arrivò alla fine degli anni Novanta. All’inizio degli anni Duemila si cercò il rilancio puntando su alcuni storici marchi, tipo Americanino, e puntando sugli outlet. Nonostante il restyling del logo, le nuove produzioni e un nuovo assetto societario, per cercare di ridurre gli sprechi e limare i costi fissi, l’azienda non è riuscita a ritrovare lo slancio auspicato, e nel 2017 è entrata nel capitale una holding di partecipazioni svizzera che nel giro di pochi mesi ha preso la maggioranza.

 

Foto: Pixabay

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