Il centrosinistra (sia pur litigando) ha scelto, il Movimento 5 Stelle sta decidendo in queste ore (sulla piattaforma Rousseau). Manca all’appello il centrodestra. Che aspetta per fare conoscere il nome del candidato alla poltrona di presidente della Regione Toscana? Capiamo che c’è grande apprensione per vedere come andrà a finire in Emilia Romagna, però la nostra regione merita rispetto e una campagna elettorale all’altezza della situazione, dove vengano affrontati i tanti temi sul tappeto e non ci si limiti a scimmiottare le divisioni politiche nazionali. Vogliamo conoscere le proposte e i programmi dei candidati, sapere cosa hanno in mente per la Toscana del 2030, perché quello che si deciderà tra pochi mesi costruirà le basi per la Toscana del domani. Siccome non ci bastano le battute dei leader nazionali e i loro soliti tour elettorali più o meno gonfi di propaganda condita di demagogia, chiediamo di sapere il nome dei candidati e iniziare a parlare delle proposte concrete. Si deve aspettare il voto in Emilia Romagna? Non ci piace ma ce ne faremo una ragione, però il lunedì successivo al voto vorremmo conoscere il nome del candidato in Toscana. È anche una questione di rispetto.

“Centrodestra, hai un problema! “, scrive in un editoriale Agnese Pini, direttrice de La Nazione. “Che poi è lo stesso di pochi mesi fa, lo stesso delle amministrative toscane targate 2019. Il problema si chiama lentezza, una parola drammatica nella politica contemporanea, e che nel vocabolario degli elettori si traduce in: mancanza di alternative, incertezza, eccesso di tatticismo… Il sovranismo col vento in poppa – prosegue Pini – dovrebbe galvanizzare politici e votanti per questa sfida elettorale che si preannuncia incerta, ed è la prima volta che succede nella storia di una regione governata per 70 anni dagli stessi uomini e partiti, più o meno. E invece sembra prevalere a destra uno spaesamento di forze e voglie e motivazioni non meglio giustificabile…”.

“Perché questa frenata?”, si domanda il direttore. “Proprio Salvini, in autunno, era partito in direzione ostinata e contraria: ‘Non commetteremo l’errore fatto per le ultime amministrative a Firenze, Livorno e Prato: allora la scelta del candidato arrivò troppo tardi, compromettendo il risultato. Il 30 novembre, durante una grande cena al Tuscany Hall, scioglieremo le riserve sul nome da lanciare’ (La Nazione, 8 novembre 2019). La grande cena in effetti ci fu, ma di candidati non si parlò. Né in quel momento, né in altri a venire, dando così forza alle letture dei retroscenisti di professione. Ma noi dobbiamo invece stare ai fatti, e i fatti dicono che l’ossessione emiliana («aspettiamo l’Emilia», «vediamo come va in Emilia», «mettiamoci alla prova in Emilia») è francamente poco comprensibile. Intanto perché Emilia e Toscana hanno in comune solo il fatto di essere (state?) roccaforti rosse. Per il resto (economia, tradizioni, cultura) non possono certo venire considerate l’una paradigma dell’altra”.

Il voto del 26 gennaio potrebbe cambiare gli equilibri del centrodestra. E se Giorgia Meloni crescesse ancora potrebbe rivendicare la candidatura, magari proprio in Toscana. Staremo a vedere.

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