Prima che si verifichino nuovi disastri, con l’asfalto che sprofonda causando morte e distruzione, è bene correre ai ripari. In Toscana dall’agosto 2018 (dopo il crollo del ponte Morandi di Genova) è partito un monitoraggio da cui è emerso che vi sono 164 “sorvegliati speciali“, tra ponti, cavalcavia e viadotti. I controlli sono stati realizzati dopo un accordo tra la Regione Toscana, e le associazioni dei Comuni (Anci) e delle Province (Upi).

A conti fatti sono necessari lavori per 60 milioni di euro, a cui bisogna però sommare altri interventi (strade e sovrappassi) di competenza di Anas e Autostrade. Una stima realizzata l’anno scorso dall’Upi parlava di 1845 infrastrutture su cui intervenire, con una spesa di almeno 82,5 milioni di euro. Un problema non di poco conto, perché a parte le emergenze (in Italia siamo bravi a gestirle, molto meno a prevenirle) i soldi a disposizione sono pochi. Eppure fare prevenzione vorrebbe dire risparmiare, riducendo le risorse necessarie per la gestione (inevitabile) delle emergenze.

A Firenze vi sono 24 sorvegliati speciali, 23 a Pisa, 22 a Grosseto, 20 ad Arezzo, 16 a Lucca, 15 a Massa Carrara, 14 a Siena, 12 a Livorno, 10 a Prato, 8 a Pistoia.

Ma queste infrastrutture tenute sotto stretta osservazione sono pericolose?  “I 164 ponti – aveva sottolineato lo scorso gennaio l’assessore a Infrastrutture e trasporti Vincenzo Ceccarelli – sono stati individuati sulla base di una serie di criteri oggettivi, come l’anno e il tipo di tecnologia di costruzione usata, le dimensioni e l’usura a cui sono sottoposti, partendo tuttavia dalla considerazione che dei ponti di nostra competenza, o delle Province, non ci sono situazioni particolarmente critiche, altrimenti sarebbero già stati bloccati”.

Anche in questo caso vale l’antico adagio toscano: “Meglio ave’ paura che toccanne” (è preferibile temere qualcosa che subire un danno certo).

 

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