Non è la prima volta e probabilmente non sarà neanche l’ultima, ma ogni volta che succede si riaccendono le polemiche. E la domanda che ci poniamo è la stessa: può un social network censurare un’opera d’arte? Vediamo subito cosa è successo. Come denuncia la Fondazione Palazzo Strozzi Instagram avrebbe censurato un video promozionale della mostra, in programma dal 28 settembre al 12 gennaio 2020, che celebra l’artista russa Natalia Goncharova (1881-1962). Il paradosso è che la pittrice subisce oggi lo stesso trattamento ricevuto nel 1910, quando i suoi dipinti che ritraevano (anche) donne nude furono censurati.

“Come successo l’anno scorso con Marina Abramovic – commenta Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi – anche Natalia Goncharova, artista delle avanguardie di primo ‘900 viene censurata dai social media. Si può dire che, dopo oltre un secolo, l’opera di Natalia riesce ancora a scandalizzare come aveva fatto ai suoi tempi”.

Galansino prosegue ricordando che “sui social media vediamo costantemente immagini o video di nudo ma in questo caso viene bloccata l’immagine di un dipinto che appartiene alla storia dell’arte moderna. Si innesca così inevitabilmente una domanda: può un algoritmo determinare un principio di censura all’interno di uno dei principali mezzi di comunicazione e informazione del mondo?”.

La risposta è scontata: no, non può. Il rimedio però non è tornare indietro, abolendo le macchine, ma rendendole migliori, facendole imparare dai propri errori (che poi è il punto d’arrivo dell’intelligenza artificiale).

La mostra

Straordinaria figura femminile dell’arte del Novecento, la mostra della Fondazione Strozzi ripercorre la vita controcorrente e la ricca produzione di Natalia Goncharova, posta sapientemente a confronto con i capolavori di artisti come Paul Gauguin, Henri Matisse, Pablo Picasso e Umberto Boccioni provenienti dalle collezioni dei più importanti musei internazionali.

Centrotrenta opere permettono al visitatore di compiere un viaggio tra la campagna russa, Mosca e Parigi, le due città simbolo dell’artista. Il percorso, si legge sul sito della Fondazione, “fa scoprire la biografia anticonformista di una donna che havissuto per l’arte, creando un’originale fusione di tradizione e innovazione, Oriente e Occidente, e rendendo la propria opera un esempio unico di sperimentazione tra stili e generi artistici, dal Neoprimitivismo al Raggismo, dalla pittura e la grafica al lavoro per il teatro”.

 

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