Margherita Tennirelli

Il nuovissimo Museo delle Antiche Navi inaugurato nei giorni scorsi (otto aree tematiche, 47 sezioni, per 5mila metri di totali di spazi museali) è un gioiello di cui non solo Pisa, ma l’Italia intera, può essere orgogliosa. Gli straordinari reperti delle imbarcazioni romane, perfettamente conservati tanto da essere chiamati la “Pompei del mare”, sono stati inseriti in un allestimento che innova e racconta la storia della navigazione umana, calata nel contesto di Pisa e del suo sviluppo antico, fra territorio, commerci, usi e costumi del periodo che va dal IV secolo a.C. fino al VI-VII secolo d.C..“

Il percorso dal ritrovamento delle navi all’apertura del museo è durato oltre 20 anni. Nel 1998 i lavori alla linea ferroviaria di San Rossore fecero emergere i resti della prima nave nella zona dove un tempo scorreva il Serchio. Dopo alcuni secoli e almeno una dozzina di alluvioni quel tratto di fiume subì l’interramento e cambiò il proprio corso, non congiungendosi più con l’Arno ma dirigendosi verso il mare. Proprio in quel posto, sul fondale, si ammassarono le navi coi loro preziosi carichi. Dopo il ritrovamento iniziarono i lunghi lavori per il recupero e lo studio, sperimentando innovativi metodi di conservazione.

Il racconto di questa scoperta è oggetto di un docufilm a cura di Alkedo Produzioni srl, giovane società che ha messo insieme un team composto da registi, tecnici, giornalisti, musicisti, documentaristi e artisti riuniti in società con la mission di restituire alla città di Pisa il dovuto ruolo nel Cinema e nello Spettacolo

Un primo sguardo sul docufilm è possibile attraverso il trailer del documentario, che verrà presentato ufficialmente alla fine di settembre. Terminate le riprese, iniziato il montaggio, e a pochi giorni dall’inaugurazione dei padiglioni degli Arsenali Medicei, Alkedo produzioni ha voluto fornire un piccolo assaggio del proprio lavoro, realizzato con la partnership ufficiale del Museo della Navi Antiche di Pisa e con la supervisione scientifica del direttore del museo (e direttore degli scavi del cantiere delle navi) dottor Andrea Camilli.

Una storia che parte dal ritrovamento e giunge fino all’allestimento del Museo, arricchita da interviste, immagini esclusive e ricostruzioni 3d. Si parte dalle vicende dell’Alkedo (che è ad oggi la nave antica meglio conservata al mondo), per poi presentare le navi più importanti recuperate, le storie legate al loro carico, i reperti più significativi, le tecniche di costruzione navale in età romana (documentate archeologicamente per la prima volta proprio nel sito di Pisa).

Partendo dal luogo del rinvenimento, dal rapporto che questo luogo aveva con il sistema portuale pisano in età romana. Un percorso che si snoda attraverso le sale del Museo e si arricchisce con testimonianze e immagini in esterna. “Questo è un Museo che racconta non solo i singoli, straordinari reperti – ha sottolineato Andrea Muzzi, Soprintendente all’Archeologia, Belle Arti e Peesaggio per Pisa e Livorno – ma tutto quello che è avvenuto nella storia, nell’evoluzione, negli usi e costumi. Ancor di più racconta quello che è stato fatto per poter presentare al pubblico i materiali ritrovati: uno studio e l’elaborazione di una tecnica che consente oggi di vedere ciò che era sepolto in acqua e fango”.

Il documentario racconta proprio come il Museo conducendo lo spettatore in un viaggio attraverso le sale, le storie, le incredibili scoperte e le curiosità. “Il nome della nostra società non è casuale – spiega Sergio Piane, executive producer di Alkedo Produzioni – ma è un voluto richiamo alla storia della città e al suo inestimabile patrimonio culturale e al contempo all’innovazione (la nave Alkedo è simbolo di passato e di innovazione nella tecnica di restauro). Pisa rappresenta cultura, storia e futuro ed è dunque il luogo ideale per rilanciare il genere documentaristico. Forti anche della nostra partecipazione all’interno di CNA cinema e audiovisivo e della adesione a DOC.it, siamo già pronti per nuovi “racconti” : già in programma una produzione sulla Basilica di San Piero a Grado, così come quelle sul Museo di San Matteo e sugli affreschi di Buffalmacco”.

Margherita Tennirelli

 

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