Prosegue il viaggio de L’Arno nel mondo socialista pisano degli anni Settanta e Ottanta. Dopo aver dato voce a Giacomo Maccheroni e a Sergio Cortopassi, abbiamo sentito una militante socialista, Laura Martini, figlia di Gino Martini, uno dei fondatori della prima federazione pisana del Psi (quando era in Corso Italia), già delegata della sezione Bruno Buozzi Centro Pisa.

Qualche mese fa in un’intervista Massimo D’Alema ha dichiarato che il Pci è sempre stato riformista, pur senza manifestarlo pubblicamente. Che ne pensa?
Il Pci non è mai stato riformista, anzi, era l’esatto contrario del riformismo.

Cosa voleva dire essere socialisti negli anni Settanta in provincia di Pisa e in Toscana. Chi erano i “nemici”? 
Essere socialisti a Pisa negli anni 70  era la consapevolezza di far avanzare il socialismo e portare  avanti con forza quell’ideale anche nella nostra città. Furono anni di battaglia, convinti, come eravamo, che il socialismo vero non fosse quello professato dal Pci. Il nostro nemico era la destra ma anche la sinistra che non voleva rinunciare affatto al potere. In quegli anni iniziarono ad essere sempre più visibili gli attacchi da parte delle sinistre comuniste. Questa ostilità era da noi percepita come un vero e proprio atto di prepotenza. Nella vita quotidiana si verificavano anche veri e propri attacchi personali soprattutto sui luoghi di lavoro.

Craxi e Lelio Lagorio

Con l’arrivo di Craxi a Palazzo Chigi, nel 1983, cambiò qualcosa a livello locale tra le forze di sinistra?
Prima dell’era craxiana le decisioni politiche erano sempre concertate con la federazione del Pci. Con l’avvento di Craxi le correnti interne si scatenarono (lombardiani, craxiani, de martiniani, achilliani) ed iniziarono le prime turbolenze politiche. I craxiani ebbero la meglio sulle altre anche se cercarono sempre di lavorare per l’unità. 

Quale fu, a suo avviso, l’intuizione più grande di Bettino Craxi?
Craxi intuì sin dall’inizio che per fare l’Italia socialista si doveva passare attraverso l’autonomia dei socialisti.

E quale fu, invece, l’errore maggiore del leader socialista?
Sbagliò a fidarsi di quei compagni che erano più vicini alla sinistra rossa nonostante i socialisti leali, che all’epoca erano molti, lo avessero messo in guardia. 

Craxi attorniato dai compagni socialisti alla Fortezza da Basso (Firenze), anni Ottanta

Spesso si fanno confronti tra la prima e la seconda Repubblica. Ci può raccontare com’era la vita di partito di una volta?
La vita di federazione era basata sulla fratellanza tra noi compagni. Gli ideali erano molto forti e portavano ad agire onestamente.

Vita di partito: Laura Martini (a sinistra), Giacomo Maccheroni. La seconda a destra è Daniela Cortopassi

Che idea si è fatta rispetto a Tangentopoli e a Mani Pulite?  
Mani Pulite è stata una forma politica per distruggere Craxi. Dopo di lui non abbiamo avuto più avuto uno statista capace di guidare in modo forte la nostra nazione. I compagni socialisti, che iniziato l’attacco avrebbero dovuto fare un cordone per difenderlo, cominciarono a sparire tutti.

Perché la cosiddetta “diaspora socialista” non è mai finita? 
Una casa comune la si costruisce condividendo ideali e progetti e lavorando per il bene comune e non personale, non mi sembra ad oggi che vi siano i presupposti.

Giacomino Granchi

C’è un ricordo personale o un aneddoto curioso su Bettino Craxi che vi va di raccontare?
Rimini, congresso Nazionale del Psi. Ebbi modo di condividere un brindisi al tavolo con Bettino e sua moglie. Era una persona semplice e alla mano ed era molto contento quando stava vicino alla sua comunità, ai suoi compagni. 

Craxi al Gioco del Ponte di Pisa

Già assessore alla Cultura del Comune di Pisa, Lorenzo Bani, socialista pisano, così ricorda una visita di Craxi nella città della Torre pendente. “In qualità di presidente del Consiglio Bettino Craxi fu invitato a Pisa in occasione della celebrazione del Gioco del Ponte. Con lui il premio Nobel per la Fisica Carlo Rubbia. Alla cena di rappresentanza (foto in alto) i Magistrati spiegarono il Gioco e lui, candidamente, affermò di aver pensato che fosse un gioco a carte. Una testimonianza, questa, della sua estrema semplicità”.

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