Spesso sentiamo parlare di chiudere in carcere chi si macchia di certi gravi reati, buttando via la chiave. Ma in un moderno stato di diritto non c’è bisogno di fare annunci di questo tipo. L’unica cosa davvero importante è il rispetto delle regole che, giocoforza, passa dalla certezza della pena. Una cosa che colpisce è l’assoluto senso di impunità di certe persone di fronte a frodi gravissime che vanno a deturpare i luoghi in cui viviamo, la natura e la nostra salute. Stiamo parlando di due casi verificatisi in Toscana balzati alle cronache in questi giorni: il succo di frutta biologico “taroccato”, che tutto era meno che bio, e l’azienda agricola diventata discarica di rifiuti speciali. Che fare di fronte a chi ci avvelena? Rendere più serrati i controlli, fare processi rapidi e, se possibile, mettere queste persone nelle condizioni di non nuocere più alla nostra salute.

La discarica nell’azienda agricola

I carabinieri della forestale dopo un controllo in un’azienda agricola di Brolio, nell’Aretino, hanno trovato una discarica di rifiuti speciali pericolosi, vicini a prodotti zootecnici quali mangimi e latte in polvere. Le indagini erano partite lo scorso aprile dopo alcuni accertamenti effettuati dalla polizia municipale e dall’Arpat a seguito di alcuni scarichi industriali provenienti dal caseificio che si trovava nell’azienda agricola.

Il finto succo biologico

Come abbiamo già scritto su L’Arno.it la Guardia di Finanza di Pisa ha sequestrato 1.411 tonnellate di succo di mela concentrato, per un valore di 4.848.000 euro, spacciato per biologico e di origine europea, ma in realtà adulterato. Trenta tonnellate di succo sono risultate contaminate da una tossina velenosa per l’organismo, rilevata in una concentrazione di 7000 microgrammi per kg (la soglia di tolleranza è di 50). Otto persone sono finite prodotti in carcere per varie imputazioni: associazione per delinquere, commercio fraudolento, esterovestizione e autoriciclaggio. Si tratta di due fratelli pisani, titolari dell’azienda Italian Food srl – con sede legale a Portici e operativa a San Miniato (Pisa) -, quattro loro dipendenti, due prestanome salernitani, e un croato gestore della Perfect Fruit, azienda che in Serbia e in Croazia produceva il succo e sfornava false certificazioni che attestavano l’origine biologica e la provenienza europea del prodotto. Il succo concentrato era utilizzato come edulcorante “naturale” per marmellate, succhi e confetture vendute a grandi aziende del settore alimentare italiano, estranee alla frode. Le autorità hanno già imposto alle grandi aziende di bloccare i prodotti acquistati in modo inconsapevole e immessi in commercio a partire dal gennaio 2019.

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