26 giugno. Giornata mondiale contro la droga. Ogni anno si ripete questo rito che ha qualcosa di irreale. Di droga si parla solo quando un ragazzino muore attraversando sulle strisce pedonali investito da un quasi coetaneo “fatto” o quando avviene qualche clamoroso sequestro. Oppure se un gruppo di parlamentari chiede la liberalizzazione della cannabis senza pensare che, negli accessi alla comunità di San Patrignano, molti sono i ragazzi che si vogliono disintossicare proprio dalla cannabis (85% degli ingressi nella comunità nel 2019) e, comunque, la cannabis è presente in ogni storia di dipendenza.

Portano in piazza le loro piantine autoprodotte (La Società della Ragione, Forum Droghe, Antigone, Cgil, Cnca, Associazione Luca Coscioni, Arci, Lila e Legacoopsociali con l’adesione di A Buon Diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica Cgil, Gruppo Abele, Itardd e Itanpud), hanno presentato il loro “libro bianco” dopo la manifestazione del 25 giugno a Roma) e non pensano a tutti quei minorenni che già a 14 anni, di media, ma anche molto prima, si fumano spinelli con principio attivo (Thc) in quantità da far impallidire i vecchi “figli dei fiori”.

È anche questo il punto, non esiste droga leggera, leggero è solo il modo di affrontare il problema, quando il Thc è presente in percentuali che vanno dal 7 al 28 % e anche oltre, rispetto all’1-2% presente in natura, questi ragazzini si fanno di bombe chimiche. E poi non basta più e si passa ad altro.

La giornata del 26 giugno è utile per pensare ai nostri ragazzi, a dar loro degli esempi sani, che non si deve perdere la nostra libertà lasciandola in preda a sostanze che ci rendono altri da quello che siamo. Liberiamoci dalla droga per essere veramente liberi di vivere. E basta una volta per tutte con “droghe leggere”, “riduzione del danno”, “togliamo soldi alle mafie”, tutte fandonie sulla pelle dei più deboli. Usciamo anche da questa “pandemia”.

Andrea Bartelloni

 

Foto: Pixabay

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