Giuseppe Capuano

Ehi, ho uno scoop. Faccio la comparsa nel film “Towers Story” del grande regista, sceneggiatore, pittore, artista a tutto tondo Peter Greenway. Ho una parte fondamentale, sto seduto su una panchina insieme ad altri tre anziani a fumare e conversare, naturalmente con il mio audio vocale in posizione OFF, sì, insomma, faccio finta di parlare. È la mia terza esperienza come comparsa e non ho ancora detto una parola, è un complotto dei poteri forti dell’arte.

Ma lasciamo da parte il mio smisurato ego e parliamo delle mie sensazioni, della cronaca è già piena la stampa locale. Abbiamo girato prima alle Logge di Via Beccheria, trasformate in un delizioso angolo bar, e successivamente nella retrostante Piazza San Giusto, con le bancarelle dei libri vintage a farla da protagonisti. Mi ha impressionato soprattutto la grande organizzazione, la velocità di esecuzione dei girati, la presenza di numerose e sofisticatissime macchine da ripresa e di ausilio. Insomma, tutto si muoveva con grande precisione, professionalità, ma direi anche con passione.

Lunedì mattina, primo giorno dei ciak, eravamo una quarantina di comparse, di ogni età, ognuna con motivazioni e aspettative diverse. Sentiamone qualcuno. Brando dice che ha saputo di questa opportunità da un amico e si è proposto per il casting perché appassionato di cinema. Voleva capire come funziona questa grande macchina più dall’interno, vivendo l’esperienza in prima persona. Tra l’altro è anche fotografo ma, anche lui, è rimasto colpito soprattutto dall’organizzazione, dalla costruzione di una semplice scena, dalla mole di lavoro che ci vuole per costruire anche pochi fotogrammi.

Il regista Peter Greenaway con Mario Pardini (sindaco di Lucca)

Anche Matteo dice di aver partecipato al casting con un gruppo di suoi amici ed è contento ed orgoglioso di essere stato scelto, l’unico del gruppo. È appassionato e fa teatro ma sa poco del mondo del cinema, per cui la curiosità è stata determinante nell’accettare il ruolo. Anche la scelta del casting l’ha incuriosito e dice di aver apprezzato il modo di gestire le comparse in questo film che ne prevede veramente tante. Ma non solo il lavoro degli attori l’ha colpito, anche quello di tutta la troupe, di chi sta dietro alle decine di monitor, alle numerose luci, al trucco, al vestiario, ai tanti aspetti più marginali ma altrettanto necessari. Chi guarda un film, continua Matteo, non se ne può rendere conto.

Mi trova d’accordo questa riflessione. Là, sulla panchina dove ho trascorso le numerose ore di riprese, avrò acceso e spento una quindicina di sigarette e tutte le volte un premuroso collaboratore si avvicinava, tagliava una parte della sigaretta consumata o me ne dava una nuova. Più o meno come quando al ristorante di lusso qualcuno provvede, discretamente, a riempire il bicchiere di vino.

Insomma, per dirla con De Gregori, è da questi particolari che si giudica un collaboratore. Brando e Matteo sono toscani, rispettivamente di Prato e Firenze, più o meno coetanei e hanno fatto spesso coppia fissa nei vari movimenti delle scene.

Alice, ventunenne, di Sarzana è già una professionista. Ha studiato recitazione, è impegnata nel teatro, si è laureata a Roma a Giugno. Anche per lei la curiosità l’ha fatta da padrona e dice, con una specie di sintesi futurista, che si è divertita moltissimo. Indossa gonna e camicetta leggere di ottima fattura, l’azione si dovrebbe svolgere a settembre ma siamo ancora a marzo e nel tardo pomeriggio il sole ci ha già lasciati da un pezzo, forse è giunta l’ora di chiudere questa prima faticosa giornata.

A presto, miei cari pochi lettori, mi attendono altre fatiche da comparsa, del resto siamo io, Dustin Hoffman, Helen Hunt, Laura Morante. Per dirla con Gianni Minà, vi terrò aggiornati.

Giuseppe Capuano

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