“Un maestro e un innovatore che, insieme al fratello Vittorio, ha diretto indimenticabili capolavori del cinema italiano, permeati di rara sensibilità estetica e da una forte tensione etica, ancorata ai valori fondamentali dell’uomo”. Sono le parole con cui il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha espresso il proprio cordoglio per la scomparsa di Paolo Taviani. Il regista toscano è morto il 29 febbraio, a Roma, all’età di 92 anni.

Originario di San Miniato, in provincia di Pisa, per anni aveva lavorato in coppia con il fratello Vittorio, scomparso nel 2018. Già attivi alla metà degli anni Cinquanta, dopo che si erano trasferiti a Roma iniziarono a lavorare con la cinepresa girando alcuni documentari, tra cui San Miniato luglio ’44, con il maestro del neorealismo, Cesare Zavattini, che li aiutò nella sceneggiatura e poi li incoraggiò ad andare avanti con il cinema.

La loro grande consacrazione arrivò nel 1969 con “Sotto il segno dello scorpione”, con Gian Maria Volonté protagonista. Nel 1977 la Palma d’oro al Festival di Cannes con “Padre padrone”, tratto dal romanzo di Gavino Ledda. E ancora un riconoscimento a Cannes (gran premio speciale della giuria) nel 1982 con “La notte di San Lorenzo”. Nel 2012 l’Orso d’oro al festival di Berlino con “Cesare deve morire”, messa in scena della tragedia shakespeariana, dramma ambientato nel carcere di Rebibbia, con cui ottennero anche il David di Donatello per il miglior film e la miglior regia.

I due fratelli, figli di un avvocato antifascista a cui i tedeschi fecero saltare in aria la casa, si erano appassionati al cinema da ragazzi, animando con la loro passione il Cine Club Pisa. “Vivevamo di cinema e basta – raccontarono in un libro edito da Donzelli (“Fratelli di cinema. Paolo e Vittorio Taviani in viaggio dietro la macchina da presa”). Pisa e la sua solare architettura in quei giorni si confondeva con un’idea irriverente della città: le piazze, le strade erano legate per noi all’ubicazione delle sale cinematografiche. I Lungarni al Supercinema, piazza San Paolo all’Orto all’Odeon, corso Vittorio al cinema Italia, piazza Carrara al cinema-teatro Rossi”.

Anche dopo il trasferimento a Roma il rapporto con la loro terra d’origine rimase fortissimo, riportato con maestria in molte pellicole. Cinema impegnato, scrivono oggi gli esperti della settima arte. Loro, scherzando, quando andavano in giro dicevano: “Non chiamateci fratelli Taviani, sembra un salumeria”. Non era per spocchia ma solo per prendersi in giro da soli, da buoni toscani.

Foto: Wikimedia

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