Con piacere vi parliamo di una rappresentazione teatrale che trae origine dal testo di un nostro ottimo collaboratore, Roberto Riviello. “Pazza Medea” andrà in scena il 4 Giugno alle ore  21.00 al Teatro del Borgo di Firenze, in via di S. Bartolo a Cintoia, 97.  Prenotazioni: 375 57 28 488 – prenotazioni@teatrodelborgo.it

Il lavoro è stato scritto nel 2022 in funzione della sua pubblicazione nell’antologia “Le immaginate” a cura del Gruppo Scrittori Fiorentini, interamente dedicata ai personaggi femminili della letteratura. Vista la sua struttura drammaturgica, l’autore ha poi deciso di metterlo in scena insieme all’attrice fiorentina Laura Cioni, la cui sensibilità verso il contenuto apertamente psicologico del testo (dovuta anche alla sua esperienza professionale di psicoterapeuta) ha reso possibile una collaborazione molto produttiva e un ulteriore approfondimento delle tematiche.

 

Introduzione a “Pazza Medea”, una drammaturgia di Roberto Riviello

“Violammo il mare, distruggemmo mostri, mettemmo piede sui prati del còlchico… eppure morimmo ciascuno di un’arte di maga… E qualcuno ora è vecchio – e ti parla – che vide i suoi figli sacrificati dalla madre furente”. Con queste parole il Giasone di Cesare Pavese racconta a una giovane custode del tempio di Corinto la crudeltà di Medea, la maga che spargeva morte e non piangeva mai. E qualcosa di questa Medea novecentesca resta nella donna di Roberto Riviello, che ha cancellato dalla sua mente il delitto più orrendo che una madre possa commettere, e che, lungi dall’essere relegato a un mito classico, si squaderna nelle pagine di cronaca dei nostri avveniristici giorni.

Nel celebre monologo che la Medea di Euripide pronunciava e a cui si ispira idealmente Riviello, la maga del mito rivendicava il j’accuse delle donne nei confronti della società: “Di quanti esseri al mondo hanno anima e mente, noi donne siamo le creature più infelici. Dobbiamo anzitutto, con dispendio di denaro, comperarci il marito e dare un padrone alla nostra persona… Separarsi dal marito è scandalo per la donna, ripudiarlo non può… Quando poi l’uomo di stare con i suoi di casa sente noia, allora va fuori e le noie se le fa passare… Dicono anche che noi donne vivendo in casa viviamo senza pericoli e l’uomo ha i pericoli della guerra… Vorrei tre volte trovarmi nella battaglia anziché partorire una sola”.

Eppure, questo discorso, ricco di motivazioni logiche ha in sé la propria negazione: viene infatti pronunciato da colei che i figli li genera e poi, per la sua folle e disperata passione, li uccide. Che cosa voleva dunque dire l’antico poeta? Che una donna che rifiutava il suo ruolo non sarebbe mai stata una buona madre? Difficile valutare a tanta distanza, ma certamente la passione delle donne è, nella letteratura di ogni tempo, malsana e pericolosa: “Quando passione d’amore inumana vince su cuore di femmina, in sua vittoria coppie nuziali travolge di uomini e fiere», aveva detto Eschilo nelle Coefore, e così si può dire di Eva o di Pandora o di Elena, per cui «tanto reo tempo si volse”, o della stessa Francesca da Rimini. Ma Medea è l’unica a colpire i frutti del suo ventre: è la peggiore di tutte le donne. Per lei non ci sono parole, sono l’oblio del carro del Sole accecante.

E questa Medea di Riviello? Questa nuova Medea ha ucciso i figli senza troppa convinzione. Non ha una società patriarcale contro la quale scagliarsi; non deve uccidere la prole per sottrarre a Giasone la discendenza e lasciarlo solo al mondo; non è una barbara in una terra straniera. Questa Medea è straniera a se stessa. Non vuole vedere il suo delitto, non lo rivendica, non lo esibisce: lo ha dimenticato, seppellito nelle ombre del suo folle delirio o confuso nelle nebbie di un farmaco. E se lo ha dimenticato non l’ha commesso. Al contrario, però, non ha dimenticato Giasone che resta lui solo il colpevole.

Questa Medea malata è lei e il suo contrario. Non sa né vuole sapere. Questa donna è forse la Medea antica che, dopo essere stata rapita dal carro del Sole, si risveglia in un letto d’ospedale dove tutto quello che è accaduto è tornato nell’ombra per la luce accecante. E lei stessa, dimentica delle sue arti di maga, vive nel cono d’ombra della sua orribile colpa.

Maria Teresa Imbriani
Professore associato di Letteratura italiana
Università della Basilicata

 

Nella foto in alto Laura Cioni, protagonista di “Pazza Medea” (lo scatto è di Giampaolo Becherini)

Titolo dell’opera  Pazza Medea
Genere: monologo drammatico
Autore e regista: Roberto Riviello
Interprete: Laura Cioni
Musicista: Amedeo Tesi
Durata: 60’
Anno di realizzazione: 2023

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