Doady Giugliano

Il 30 Marzo di quest’anno sono esattamente dieci anni che Franco Califano, “er Califfo“, lasciava questa dimensione terrena. Artista, nel senso più ampio del termine, perché sempre controcorrente, assai guascone nel porgersi al suo pubblico, che proprio per questo modo di essere, e il suo fisico da playboy, difficilmente riusciva a cogliere l’anima nobile e la tristezza insita non solo nelle sue canzoni e monologhi.

Dopo la triste parentesi della prigionia per droga (all’epoca si arrestavano, oggi no!) il Califfo decise di trasferirsi in Toscana. Prima per qualche anno, in quel di Bagni di Lucca, grazie all’amico Stefano Olivieri, allora presidente dell’Apt, che lo scritturò per una serata al Circolo dei Forestieri, nell’ambito dell’Estate Termale. Un ritiro toscano durato anni, nel corso del quale Califano assunse anche il ruolo di presidente della locale squadra di calcio. Fu sicuramente un gran bel periodo per lui ed anche i “bagniaioli”.

Accolto con grande affetto, per anni, anni in cui io stesso l’ho frequentato assieme al buon Olivieri, visse un periodo sereno, artisticamente produttivo, che fu interrotto da un nuovo colpo di fulmine. Innamorato perso di una pisana, il Califfo si trasferì “armi e bagagli” in una villetta di Tirrenia, facendo diverse fugaci apparizioni a Pisa, ma senza mai dimenticare gli amici bagnaioli che, pur “abbandonati”, facevano a gara per venirlo a trovare.

Il suo modo di cantare non era certo eccelso, sicuramente era unico. Ma ancor più unico il suo modo di comporre, per sé e per altri super big della canzone. Parafrasando il titolo di una struggente lirica de “la Musica è Finita”, musicata dal grandissimo Umberto Bindi, si può ben affermare che quel modo di far “cantare” e “parlare” l’anima sia veramente finito. Ma da lui c’è da aspettarsi di tutto, non a caso, sulla sua tomba ha fatto scrivere: “Non escludo il ritorno“.

Foto in alto: francocalifano.org

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