Nell’ambito della Festa della Letteratura e della Poesia tenutasi a Trieste dal 21 al 26 marzo, giunta alla diciannovesima edizione e già in passato onorata della medaglia della Presidenza della Repubblica Italiana, la ventitreenne pisana Giulia Bertini è stata premiata con l’opera “Nella penombra”, aggiudicandosi il secondo premio per la sezione Teatro.

Il concorso, riservato ai giovani autori (fino a 31 anni), con una giuria di carattere internazionale, ha portato nella splendida città friulana molti giovani autori per le premiazioni delle diverse sezioni del concorso.

Il momento della consegna della targa è stato arricchito dalla recita delle opere teatrali e dalla lettura delle poesie dei vincitori, con sottofondo musicale della pianista Sonia Cugini.

In questo bellissimo contesto Giulia Bertini è stata premiata con questa motivazione: “… per un testo molto bello e ben costruito, preciso, con proprietà di linguaggio… una storia toccante che si costruisce in una progressione narrativa del dialogo senza moralismo, senza sentenziosità… la forza di un racconto che intreccia presente e passato alludendo ad un possibile futuro”.

L’opera è già su Youtube e vale la pena ascoltarla: un dialogo a tratti commovente tra una madre malata di Alzheimer e suo figlio.

Complimenti a questa giovane ragazza pisana per il suo importante successo in un concorso che, nel 2009, la Commissione Nazionale Unesco dichiarò come “la più importante competizione letteraria internazionale per giovani autori”.

Nella penombra

Luce. Una donna anziana dorme su un letto d’ospedale, indossa una camicia da notte ricamata. La stanza è fredda e asettica, sul fondo, poste di fronte allo spettatore, si trovano due sedie. Un uomo di mezza età entra nella stanza, ha l’aria stanca e stralunata, porta un completo usurato e una ventiquattrore di pelle logora, si avvicina al capezzale della donna e le carezza il viso. Rimane a guardarla qualche secondo poi si siede e aspetta. Buio.
Luce.

Gabriele: “Buongiorno”.

Matilde: “Buongiorno. Lei è un dottore?”

Gabriele: “Mi sarebbe piaciuto, ma no. Piuttosto come sta? Ha dormito bene?”

Matilde: “Mi sento bene, grazie”.

Gabriele: “Le dispiace se le do del tu?”

Matilde: “No no, sono troppo vecchia per certi formalismi, piuttosto dimmi giovanotto, come ti chiami?”

Gabriele: “Gabriele”.

Matilde: “Oh che bellissimo nome, quando avrò un figlio voglio chiamarlo proprio così. E a cosa devo questa visita, Gabriele?”

Gabriele: “Sono venuto solo a farti un po’ di compagnia”.

Matilde: “Che pensiero gentile, ma non posso trattenermi a lungo. Ieri il babbo ha raccolto chili e chili di ciliegie e la mamma e le sorelle mi aspettano per preparare la marmellata. Si arrabbieranno molto se faccio tardi, dicono sempre che sono la pigrona di famiglia. Sai la mia mamma fa la marmellata più buona del mondo e una crostata di ciliegie strepitosa! Se mi aspetti qui te ne porto una fetta più tardi”.

Gabriele: “Mi sembra una splendida idea, sei molto gentile Matilde”.

Matilde: “Nessuno mi chiama Matilde, chiamami Mati!”
L’uomo si alza e si avvicina al letto della signora anziana, entrambi sorridono.

Gabriele: “Dimmi Mati, come si prepara questa marmellata?”

Matilde: “Prima si devono togliere tutti i noccioli, è la parte più noiosa di tutte perché le mani mi diventano tutte rosse e quelle sciocche delle mie sorelle mi prendono in giro, dicono che sono troppo lenta! Io odio essere la più piccola. Quando sarò grande voglio solo un figlio, così non dovrà sopportare le angustie di due sorelle come le mie”.

Gabriele: “Non hai paura che si senta solo?”

Matilde: “No, ci si sente molto più soli in compagnia di chi non ti apprezza. Il mio bambino non sarà mai solo, ci saremo io ed il mio amato Giovanni a proteggerlo. Siamo abituati noi, alla solitudine. Sempre noi due contro il mondo”.

I due si guardano e i sorrisi spariscono dal loro volto. Matilde chiude gli occhi e resta in silenzio, Gabriele la guarda e lentamente le afferra la mano. Matilde inizia a canticchiare un ritornello.

Matilde: “Siamo la coppia più bella del mondo e ci dispiace per gli altri…”

Gabriele si unisce a canticchiare il motivetto

In coro: …”che sono tristi, che sono tristi, perché non sanno più cos’è l’amor!”

Matilde: “Giovanni caro, che bellissima voce che hai. Lo sai che ho sempre amato ascoltarti cantare Gabriele le accarezza il viso, Matilde gli sorride teneramente”.

Matilde: “Sai Giovanni ora che ti guardo bene mi sembri un po’ invecchiato sai? I tuoi bellissimi capelli castani stanno diventando un po’ grigi, (gli passa una mano tra i capelli). E come sei serioso con questo completo, non sembri neanche più tu. Dimmi almeno che hai portato la motocicletta con te, adesso mi alzo e ci facciamo un bel giro sul lungomare.”

Gabriele: “No Matilde, restiamo ancora un po’ qui”.

Matilde: “Dai Giovanni, lo sai che amo il mare, me lo hai fatto conoscere tu! Ti ricordi? Io ero una ragazza di campagna, solo lavoro nei campi del babbo e scuola, poi sei arrivato tu e mi hai portata via in motocicletta. Noi due, il tramonto, l’odore della salsedine e le serenate che mi cantavi seduti sulla spiaggia. Con te ho conosciuto la libertà e mi sono sentita davvero amata, per la prima volta. So che le cose non sono facili adesso, che la mia famiglia non è felice del nostro amore ma devo dirti una cosa importantissima e voglio farlo nel nostro posto felice”.

Gabriele: “Matilde adesso non possiamo, ma ti prometto che un giorno ti porterò a rivedere il tramonto, fosse l’ultima cosa che faccio”.
Gabriele è palesemente commosso.

Matilde: “E va bene… allora senti! (Matilde prende la mano di Gabriele e l’appoggia sul suo ventre). Aspetto un bambino! Non sei felice? Non devi preoccuparti per i soldi, la signora Maria ha detto che posso continuare a lavorare da lei alla mesticheria, così tu potrai continuare a fare la tua musica. Sono sicura che adesso riuscirò a convincere i miei genitori che sei una persona seria e che il nostro amore è vero, adesso che arriverà il nostro piccolo Gabriele ci accoglieranno e ti ameranno come se fossi figlio loro. Diventerà un uomo bello e forte come te, potrai insegnargli a suonare la chitarra e potremmo andare al mare tutti insieme, in villeggiatura. Se metteremo abbastanza soldi da parte potremo anche comprarci una macchina, la motocicletta in tre è un po’ scomoda e ho paura a salirci da quando abbiamo fatto l’incidente (Matilde resta in silenzio, pensierosa, gli occhi le si velano di lacrime). L’incidente che ti ha portato via da me”.

Buio.
“La coppia più bella del mondo” di Adriano Celentano inizia a suonare, poi il volume si affievolisce rimanendo in sottofondo.
Luce.

Gabriele tiene la donna per mano, Matilde piange.

Matilde: “Gabriele dove sono? Mi sento così confusa. Chi sono io? Chi sei tu? Dovrei saperlo, la mia vita è stata piena di ostacoli ma non mi sono mai sentita terrorizzata e sola come adesso”.

Gabriele: “Mamma, sono Gabriele, tuo figlio. Non aver paura, ci sono io con te e stai migliorando molto, dovresti essere felice dei tuoi progressi. Tra poco arriverà l’infermiera con le tue medicine, vedrai andrà tutto per il meglio”.

Matilde: “No tesoro, non mentirmi, la mia mente sarà pure un po’ confusa ma non sono sciocca, lo so che le cose peggioreranno e basta. Vedo te in questo momento, ma non posso sapere se ti ricorderò tra un giorno, tra un’ora o addirittura tra cinque minuti. Ho dimenticato te che sei il regalo più prezioso che la vita mi abbia fatto, il frutto del nostro grande amore, se dovessi dimenticarmi anche di tuo padre? Se dovessi dimenticarmi di nuovo di te e non ricordarti mai più?”

Gabriele: “Forse sarà così, ma non posso lasciarti andare, non finché sei qui con me. Ogni giorno mi hai raccontato una storia nuova, una parte della tua vita che non conoscevo. Domani per te potrei essere un estraneo, un giorno potrai non trovarmi i, ma io sarò qui e non mi dimenticherò di te. (Gabriele prende Matilde per mano) Adesso prendi la mia mano e raccontami ancora di lui, incamminiamoci insieme nel bosco ombroso dei tuoi pensieri”.

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