Nel variegato e composito cartellone annuale del Teatro Verdi di Pisa non mancano mai opere classiche come il “Malato Immaginario” di Molière andato in scena pochi giorni fa. Quest’opera fu rappresentata per la prima volta il 10 Febbraio 1673 con l’autore nelle vesti del personaggio principale Argante. Fu il suo ultimo personaggio dato che solo una settimana dopo, il 17 Febbraio, dopo poche ore dalla calata del sipario il grande autore-attore esalò l’ultimo respiro.

In questa pièce un Molière ormai amaro e disilluso, tratteggia un quadro satirico della medicina dell’epoca che, come dice Beraldo, il fratello dell’ipocondriaco Argante, “è una delle più grandi follie dell’umanità” ed è “ridicolo un uomo che pretende di guarire una altro”. Frasi che possono essere condivise se si considera lo stato dell’arte di Esculapio nel Seicento, anche se, forse, si trovano epigoni odierni tra gli attuali no-vax o gli antiscientifici.

La rappresentazione della Compagnia del Teatro Stabile di Trieste insieme al Teatro Quirino-Vittorio Gassman, ha avuto il pregio e la fortuna di annoverare un Argante di gran qualità come il noto Emilio Solfrizzi, maestro dei mezzi toni, che ha saputo unire malinconia e comicità in questa universale maschera di ipocondriaco che ha più paura della vita che della morte.

La storia, ben nota, ci parla di un debole Argante ossessionato dalla paura di ammalarsi e alla mercè di personaggi come il dottor  Purgante, interpretato da un convincente Sergio Basile, che gli somministra una  notevole quantità di clisteri indebolenti, e di cui lui è devoto al punto che vorrebbe dare in sposa la caparbia figlia Angelica, innamorata di Cleante, al nipote del medico. Per fortuna la serva Tonina, vero deus ex machina della storia, a cui dà vita la bravissima  Lisa Galantini, pisana di nascita, con i suoi astuti maneggi e l’apporto di Beraldo (un efficace Rosario Coppolino), lo convincerà sia a non credere all’amore puro della seconda moglie Belinda ( una credibile Viviana Altieri), in realtà interessata solo ai beni  del consorte, sia a venire incontro ai desideri della caparbia figlia interpretata da una convincente Antonella Piccolo.

 

Insomma, si è trattato di una felice messa in scena adattata e diretta da Guglielmo Ferro che si è avvalso di una bella scenografia in verticale di Fabiana Di Marco capace di ben rendere l’idea della casa in cui gli stati d’animo del timoroso Argante si dispiegano e vivono, dei funzionali e azzeccati costumi di Santuzza Calì, delle musiche di Massimiliano Pace e dell’indispensabile apporto di altri validi attori di questo cast  ben affiatato e di qualità come Cristiano Dessì, Pietro Casella e Cecilia D’Amico.

Grandi, ripetuti e meritati applausi finali.

Guido Martinelli

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