Ilaria Clara Urciuoli

Era da poco passata l’una di notte il 27 maggio 1993 quando la stretta via dei Georgofili veniva travolta da un’onda d’urto che avrebbe fatto crollare la medievale Torre dei Pulci e causato un incendio negli edifici vicini. In quella notte persero la vita cinque persone.

Anticipando di pochi giorni il trentunesimo anniversario della strage il Comune di Sarzana ha ricordato Dario Capolicchio, lo studente di architettura di origini liguri travolto dalle fiamme, attraverso la rappresentazione del dramma “In nome dei figli” di Renzo Ricchi. Il testo, ispirato al tragico episodio e già andato in scena nel 2001, ha visto per quest’occasione una vera e propria riscrittura da parte dell’autore: da intima riflessione condotta dai personaggi-genitori della vittima sul tema del perdono e della fede, il testo diventa una aperta presa di posizione che l’autore si sente chiamato a fare in anni segnati da nuove guerre e stragi.

Se i protagonisti restano gli stessi, la tragedia al centro del loro dialogo si allarga a raccogliere il dramma di ogni vittima di azioni violente. Emblematica in questo senso la variazione, minima in termini di caratteri ma comunque molto significativa, del titolo (originariamente “Nel nome del figlio”) che vira verso l’uso del plurale, come l’introduzione di nuove figure, le donne vestite di nero (colore del lutto), che piangono la sorte loro e dei loro figli.

Il lavoro scenico diretto da Toni Garbini ha messo in risalto l’aspetto corale del dramma che ha visto accanto agli attori Asia Minniti, Emiliano Iovine e Leonardo Cadeo, la partecipazione del coro “Ocra Teatro” e dell’ensemble “Incanto armonico” (diretto da Alessandra Montali) le cui voci hanno dato intensità alle fasi più evocative della tragedia. Incisiva e insieme poetica la metafora presentata nel video iniziale in cui alla distruzione segue il paziente restauro di uno dei capolavori allora nelle vicine Gallerie degli Uffizi e andati distrutti in quella notte. In particolare sullo schermo è evocata la storia del “Giocatori di carte” di Bartolomeo Manfredi, ripresa in scena dal piccolo Dario alle prese con un solitario.

Ecco dunque che restauro diventa fuor di metafora ricostruzione, unione di persone e di popoli come ci ricorda una battuta del padre: “Il problema siamo io e te! E io e te siamo l’unità di tutti i popoli”. Ed ecco dunque che la politica diventa il perno, motore di rinascita per superare l’amara certezza hegeliana citata in esergo al testo che ci ricorda che “la storia non è il terreno in cui cresce la felicità”.

Ilaria Clara Urciuoli

Foto: Luca Giovannini

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