Paolo Lazzari

Le colline del Chianti sono rigonfiamenti dolci che si perdono fin dove arriva lo sguardo. Ecco un posto dove finalmente ci si può sentire a casa. Il castello che ospita la sua famiglia da generazioni sa come cingere persone e sentimenti: quelle pietre levigate e salde raccontano una tradizione inscalfibile. Eppure Giovanni avverte da sempre un pulsante senso di vuoto che monta dalle viscere, premendo per essere colmato. Greve in Chianti non può essere il luogo che racchiude un’esistenza. La Toscana resta la terra dove fare ritorno sempre, dopo ogni avventura, ma la vita – almeno la sua – si deve svolgere altrove.

Irrequieto dalla nascita, passionale come solo i toscani sanno essere, Giovanni da Verrazzano sventola la mano in segno di saluto già a vent’anni. Provate a immaginare la sorpresa dei suoi: il castello giace lì, intonso, dal lontano 1170. La maggior parte delle persone che appartengono a questo lignaggio ha sviluppato un’esistenza soddisfacente nei dintorni, o poco oltre. Lui, invece, sente di dover spingere lo sguardo ben oltre i filari delle viti di famiglia. Egitto e Siria sono le prime esotiche mete di un ragazzino che adora andare a colazione con l’ignoto. La corte del Re di Francia Francesco I lo accoglie poco dopo, nel 1507, quando ha soltanto ventidue anni.

Il castello da Verrazzano

Certi ardori interni, del resto, non puoi mica recintarli. Giovanni li asseconda, premiando la propria natura, sospinto dal coraggio feroce di chi non vuole sorprendersi un irrisolto con il passare degli anni. Poi però torna in Toscana, ogni volta, che il viaggio – o meglio, l’esplorazione – non può assumere significato autentico se non inizia da un punto preciso ed a quello ritorna. Il vino di famiglia è sempre un sollazzo per il palato e la campagna toscana sa essere una sutura spessa per le ferite dell’anima. Così Giovanni riaggancia ogni volta il filo con le sue origini, senza mai entrare in collisione con questo lato della sua esistenza. Oggi l’aria la puoi quasi fendere: il gelo ispeziona le ossa e dalla bocca sfiati pittoresche propaggini di fumo. Se ti trovassi lì, vedresti anche te i cari di Giovanni che dispensano parole di burro per questo ragazzo con il vizio insopprimibile della scoperta.

Stavolta però Giovanni ha un motivo in più per trovarsi da queste parti. Oggi passano in zona Antonio Gondi – amico d’infanzia emigrato in Francia per fare fortuna come banchiere – e la sua radiosa moglie Marie Catherine – Pierrevive. Il motivo? Una tappa del loro sontuoso viaggio di nozze. Giovanni si sente morire dentro, letteralmente. Detesta l’idea di dover fare quello che ha in mente, ma la svolta sta proprio qui, in ogni senso. La passione irriverente per l’esplorazione lo conduce a compiere gesti impensabili e lui la ascolta, anche se per farlo è costretto a silenziare il cuore. Sì perché con Marie Catherine si è trattato di amore a prima vista. Sono ormai sette anni che entrambi trovano il modo di vedersi di nascosto, distrutti dal rimorso nei confronti di Antonio, eppure assolutamente incapaci di resistere all’incendiario richiamo della carne. Certo, il fatto che l’amico gli abbia confessato con irredimibile leggerezza qualche manciata di tradimenti nei confronti della graziosa Marie allevia la pena, ma Giovanni sta per rilanciare. Il denaro che gli ha prestato il Re di Francia per la sua prossima esplorazione – in America – non è sufficiente. Serve un munifico donatore privato. E la famiglia Gondi, di soldi, ne ha a palate.

Giovanni esce dalla cena con l’anima scarificata. Ha tradito ancora una volta il suo amico. L’ha usato per i suoi fini. Ha dovuto dire addio per sempre all’unico amore che lui – viaggiatore compulsivo – aveva reputato plausibile. Ma il legno scricchiolante di una nuova nave e le onde solcate in direzione dell’ignoto sono un incentivo al quale è impossibile opporre resistenza. Giovanni ancora non lo sa, ma questo viaggio sarà anche l’ultimo. Nel 1523 salpa dall’Italia con ben quattro navi, le stive piene di vino buono del Chianti, l’America come balsamo che allevia sentimenti che buttano sangue e restituisce un senso ad ogni cosa.

I giorni in mare aperto si affastellano, fino a quella visione. Lui, nei suoi diari di bordo, la definisce come “una grandissima riviera dentro la quale la foce era profonda, nella quale sarà passata ogni oneraria nave”. Poi va oltre, non immaginando che quella che ha appena scoperto è destinata ad essere la baia più celebre al mondo, quella su cui sorge imperiosa e ammiccante la City That Never Sleeps, New York.

Questi però erano i pensieri di qualche giorno fa, poco prima della fine. Ingloriosa, probabilmente, ma se fai l’esploratore devi metterla in conto una roba del genere. Secondo fonti decentemente attendibili, infatti, Giovanni viene catturato da una tribù di cannibali dopo essersi spostato più a sud, nella zona delle Bahamas. Ora la sua pelle abbronzata dal sole si squarcia, divorata dalle fiamme. Prima di morire, fa in tempo a pensare ancora una volta a Marie Catherine: con lei al suo fianco, sarebbe stato tutto diverso. Eppure non sarebbe stata la sua vita.

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