Quest’ultima edizione del Comics lucchese passerà senza dubbio agli annali per essere stata una delle più tormentate sia dalle polemiche per il patrocinio israeliano con susseguenti mancate partecipazione di importanti disegnatori, sia dal maltempo che ha, purtroppo, colpito e danneggiato gravemente anche con perdite di vite umane,  il nostro paese e la nostra, amata, regione toscana. Quindi non si può neppure prendere in prestito, a commento, la celeberrima battuta di Frankestein Junior, “poteva andar peggio, poteva piovere” perché è realmente piovuto. E parecchio. Per non parlare del vento micidiale che non si è risparmiato e ha persino impedito negli ultimi giorni di salire in alcuni punti delle stupende mura cittadine per il timore di caduta di alberi.

Per fortuna, si fa per dire, anche Giove Pluvio, che dopo mesi di siccità ha scelto proprio questa settimana per farsi notare, ha un cuore, e ha concesso degli sprazzi di sereno per cui io e il sodale Beppe, sabato ci siamo avventurati di nuovo nella città del buccellato per cercare di cogliere alcuni degli sterminati frutti che l’elefantiaca organizzazione della kermesse aveva messo sul piatto per la giornata.

Appena giunti in loco, in una mattinata improvvidamente luminosa, siamo entrati nell’immenso Padiglione “Carducci” vicino una delle tante entrate delle possenti mura, e lì, dopo essermi diviso dal collega, ho incontrato persone e situazioni interessanti. Dopo aver fatto pochi passi si trovavano numerosi disegnatori provenienti da tante parti del mondo disposti alla vendita di stupendi prodotti della loro arte agli utenti interessanti. Tra i tanti trovo libera, per due minuti, la disegnatrice serba Mila Pecic con cui riesco a scambiare due parole nel marasma assoluto, in simple maccheronic english (stile the pen is on the table, per intendersi). Lei dichiara di disegnare da molti anni e i suoi soggetti sono regine e altri personaggi e regni fantastici e di amare molto questa rassegna dove viene da cinque anni.

 

Mila Pecic

Proseguo e mi imbatto negli innumerevoli stand in cui persone di tutte le età giocano ad ogni tipo di gioco da tavolo. Questi giochi sono molto praticati nel mondo, basti pensare alle notizie tratte dalla onnisciente rete che c’informano che solo nel 2020 sono stati spesi per il gioco ben 11 miliardi di dollari. Per quanto riguarda, invece, il nostro Paese, nello stesso anno, a causa anche del lockdown che ha costretto tutti all’isolamento domestico, c’è stata un crescita della vendita di questi giochi del +481,6% con un ben + 224,5% rispetto all’anno precedente. I tre giochi che, per le statistiche, noi abitanti dello stivale amiamo di più sembrano essere il “Monopoly Classic”, “L’Occhio del fantasma” e “Taboo. Il gioco delle parole vietate”. Vedendo tutte queste legioni di persone di ogni età e sesso intente a giocare con grande attenzione e applicazione nonostante la gran confusione provocata dalle migliaia di persone circolanti nell’ampia struttura, provando persino un pizzico di invidia, ho pensato di intercettare con uno degli animatori presenti tra i tavoli di uno stand molto affollato.

 

Lei come si chiama e da dove viene?
“Daniele Pelleritoe vengo da Firenze”.

Di quale associazione fa parte?
“Di ‘Giocozona. Gioco libero a Firenze’, ma sono inquadrato in altre associazioni del settore della città. Diciamo che siamo “multitasking”.

Perché uno gioca o dovrebbe giocare?
“Innanzitutto il gioco leva tante persone dalla strada, è aggregazione, senso di comunità e soprattutto permette di mettersi alla prova con sé stesso e con gli altri.”

Non è una questione di età?
“Assolutamente. Anzi, forse proprio le persone di una certa età come i nostri nonni che giocavano a carte con i tornei di briscola, scopa, magari con la spalla di maiale come premio, si aggregavano, sviluppavano amicizia, e la loro  dimensione dovrebbe essere recuperata. Noi, con i nostri giochi puntiamo a questo”.

Invece, cosa si pensa e si dice, generalmente, di voi giocatori abituali?
“A volte si sente dire che siamo dei nerd, che viviamo ai limiti della società, ma non è vero. Per esempio quando iniziamo un gioco che dura due ore stiamo li tutto il tempo a ragionare su come fare la mossa e riuscire ad ottimizzare gli sforzi. E poi c’è il terzo tempo: il commento, la birra, la risata, la  recriminazione su come si sarebbe potuto giocare invece di fare una certa mossa”.

Quali sono, per l’esperienza relativa alla sua attività, i giochi non solo da tavolo più praticati?
“Vedo che dei vecchi giochi sono ancora molto praticati gli scacchi, la dama. Per quelli moderni si fa molta fatica  a stilare una graduatoria perché la scelta è individuale.  Tra quelli da tavolo vanno forte quelli da guerra e quelli gestionali e strategici. Lì c’è un atteggiamento mentale di pianificazione e di attacco, difesa, organizzazione. Con questi giochi attivi tante parti del cervello”.

E l’ipotalamo gode…
“Esatto. Non sono uno che demonizza i giochi elettronici che piacciono anche a me. Ma rispetto a quelli certamente i giochi da tavolo permettono di togliere i ragazzi dall’isolamento dello ‘spippolamento’ individuale e svolgono una funzione aggregante anche a livello familiare. Certamente il gioco va usato in modo intelligente perché c’è il rovescio della medaglia come il gioco d’azzardo e la ludopatia che è a un passo”.

Quindi lei consiglia vivamente il gioco da tavolo?
“Certo, perché oltre a quello che ho detto finora va aggiunto che ti mette alla prova. Se perdi vuol dire che devi correggere te stesso, metterti in discussione. Invece, oggi, si cercano sempre giustificazioni per gli errori che si compiono. Sbagliando perché, per esempio, quando perdi nel gioco la colpa è tua perché sei un brocco e devi migliorare se non vuoi perdere di nuovo”.

Lei che professione svolge?
“Attualmente sono operatore ecologico a Firenze dopo essere stato un cuoco per 29 anni, carriera  che ho deciso di mandare alle ortiche per stanchezza delle continue tensioni professionali. Devo dire che la capacità di pianificazione che adotto nel gioco mi serve molto nella mia professione e mi permette di lavorare meglio”.

Daniele Pellerito

Ringrazio e saluto il signor Pellerito e proseguendo il mio giro tra gli stand dei giocatori mi colpiscono un uomo e una donna intenti a giocare al gioco Hats (cappelli), che affermano di praticare questo gioco perché lo trovano divertente e coinvolgente e di farlo anche per spirito competitivo, come sottolinea la signora.

Prima di abbandonare il padiglione ludico ho la fortuna d’incontrare un banchetto dove presentano un gioco da tavolo di Radio Deejay, “On air. Play like a Deejay”. Ideato dal deejay Francesco Lancia ed edito da Elemedia nonché prodotto da Asmodee Italia, è un party game ufficiale di Radio Deejay che porta i giocatori dietro le quinte del mestiere della radio con imprevisti, aneddoti divertenti e tanta musica. Dal prossimo quindici dicembre sarà in vendita nei negozi specializzati.

Lasciamo i giochi e girando per la città invasa da decine di migliaia di aficionados che ti fanno sentire come dentro una enorme, bella e variopinta giostra, finiamo a visitare alcuni degli interminabili padiglioni dei fumetti dove la Bonelli spicca per la sua grandezza con i Dylan Dog, Tex, Wolf e altre bellezze. In un altro vicino Beppe riconosce in uno stand Enzo D’Alò, regista, sceneggiatore, importante firma del cinema di animazione nostrano e internazionale con cui lui aveva realizzato un’esperienza formativa anni fa. Di D’Alò rammento di aver visto e apprezzato ottimi film di animazione, tra tutti quelli realizzati da lui, come “La gabbianella e il gatto”, “La Freccia azzurra”, “Pinocchio”. Il regista era presente alla rassegna perché poche ore dopo sarebbe stata presentata in anteprima, in un cinema lucchese, la sua ultima fatica, “Mary e lo spirito di mezzanotte”, film di animazione con la partecipazione di Matilda De Angelis, candidato agli oscar europei, che uscirà nelle sale cinematografiche dal prossimo 23 novembre.

 

Da sinistra Giuseppe Capuano ed Enzo D’Alò

In altro stand, invece, trovo uno sceneggiatore di fumetti e mi vien voglia di soddisfare alcune curiosità.

Come si chiama e da dove viene?
“Mi chiamo Francesco Verso, sono nato a Bologna ma vivo ormai da tantissimo tempo a Roma”.

La sua professione?
“Sono uno scrittore di fantascienza da quindici anni e sono anche l’editor di questo progetto che si chiama Future Fiction dell’omonima casa editrice”.

Da quanto avete iniziato quest’attività?
“Abbiamo iniziato dieci anni fa con i libri e abbiamo pubblicato circa settanta volumi cartacei e da circa due anni, da alcune di queste storie abbiamo tratto dodici-tredici fumetti”.

Come nasce il rapporto tra disegnatore e sceneggiatore, cioè nasce prima la storia o il disegno?
“Nel nostro caso nasce prima la storia perché abbiamo un catalogo di storie molto particolari che vengono in  traduzione da 14 lingue di 30 paesi diversi. Abbiamo portato in Italia la fantascienza cinese, indiana, araba, latino-americana. Da queste storie adattiamo quelle che si prestano ad essere trasformati in fumetto”.

È il fumetto che si adatta alla storia o viceversa?
“Nel nostro caso abbiamo già un tesoretto di storie  per cui partiamo da quelle e non dobbiamo  inventare niente di nuovo perché abbiamo già un precedente di altissimo livello dato che alcune storie hanno vinto dei premi nazionali e internazionali e adattarli è, forse, più semplice”.

Quante storie ha sceneggiato di queste che avete pubblicato?
“Io fino a questo momento ne ho realizzate 3 o 4. Essendo più che altro uno scrittore quando trovo la giusta storia e la giusta collaborazione con un illustratore mi cimento nella sceneggiatura”.

L’ultima sua fatica?
“Bloodbusters-Evasioni, ladattamento di un romanzo con cui ho vinto il Premio Urania nel 2015 che è stato tradotto in fumetto dall’illustratore peruviano Josè Cavero con la collaborazione alla scrittura di Michele Paris. È il primo di tre volumi”.

Francesco Verso

Complimenti saluti e via tra la pazza folla crescente (sono stati venduti circa 315.00o biglietti), e gli stupendi cosplayer solitari o in gruppi in meravigliose sfilate, fino a quando il capriccioso Giove Pluvio si scatena in tutta la sua dispettosa forza e ci costringe a una rovinosa fuga. Peccato!

Arrivederci al prossimo anno!

Guido Martinelli

 

Foto di Guido Martinelli

 

 

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