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Al Salone del Libro di Torino incontriamo l’autrice di “La meticcia e il suo viaggio”, Celeste Pernisco

- Interviste, Primo piano
16 Maggio 2025

Giuseppe Capuano

Giovedì 15, giorno di apertura. Ore 17. Stand della Regione Toscana del Salone del Libro di Torino.. Presentazione di “La meticcia e il suo viaggio” di Celeste Pernisco, Innocenti Editore. Abbiamo rivovlto qualche domanda all’autrice, che ringraziamo della sua disponibilità.

Si presenti…
“Sono Celeste Pernisco, pedagogista, ho insegnato per 23 anni, ho fatto la formatrice per il Ministero dell’Istruzione, vivo in Toscana, a Grosseto”.

Il libro inizia a Rodi, staziona più volte a Grosseto, passa per Torino e fa spesso tappa a Roma, per citare solo i luoghi più frequentati. Come definisce questo lavoro? Biografico? Pedagogico? Valoriale?
“Il libro nasce dalla volontà di raccontarmi. Ho avuto paura, a causa dell’insorgere di una difficile malattia, di non poter più lasciare traccia di me e delle mie esperienze. È un libro che si modifica in itinere. All’inizio è un racconto autobiografico, delle radici. Poi diventa un racconto sulle mie passioni: l’educazione, la pedagogia e il suo valore sociale”.

Che valore dai alla sua definizione di meticcia?
“Ci ho pensato molto. All’inizio qualcuno sosteneva che potesse avere un significato negativo, poi ho pensato alla natura biologica del termine, alla mescolanza dei geni che da una generazione all’altra definisce un’identità. Io mi sento meticcia, risento sia della cultura greca che di quella italiana”.

La parte finale del racconto è dedicata al suo impegno come pedagogista. Che ruoli ha avuto?
“Sono stata per 10 anni presidente dell’Associazione Nazionale dei Pedagogisti Italiani (ANPE) per la Regione Toscana e poi ho ricoperto anche l’incarico di presidente nazionale”.

Al riguardo nel libro è palese una forte critica verso la direzione che ha preso il mondo della scuola. Esagero?
“No, credo che la scuola stia soffrendo tantissimo, non ne riconosco più un’identità. Non ce l’ha il corpo docenti, sballottato da una riforma all’altra. Di conseguenza non ce l’hanno nemmeno gli studenti e le famiglie sono smarrite di fronte a tutto questo convulso cambiamento. Non c’è condivisione delle proposte tra tutti gli attori e tutti gli utenti, ognuno va per la sua strada”.

Agli inizi del secolo scorso la pedagogia fu degradata ad “ancilla philosophiae”. Nel primo dopoguerra abbiamo invece assistito a un forte impegno pedagogico che si è riversato nella pratica e nella teoria didattica. Lei stessa fa riferimento alle sue esperienze nell’educazione agli adulti con le 150 ore e nel tempo pieno. E oggi?
“Non ci siamo ancora, nonostante i vari sforzi ancora la pedagogia non ha assunto il ruolo che merita. C’è stata l’approvazione da parte del Parlamento dell’Ordine dei pedagogisti e degli Educatori ma ancora l’iter non è arrivato a compimento. Di fatto ancora alla pedagogia non è riconosciuto un importante ruolo sociale”.

Durante la presentazione tutti hanno notato la bellissima e inusuale immagine della copertina del libro. Come è nata?
“È un regalo che mi ha fatto mio figlio Andrea che di lavoro fa il grafico. Rappresenta come in un sogno tutte le tappe del mio viaggio, o almeno quelle più importanti. Montate su piani diversi, sfaccettate, come sanno fare i sogni che non amano la linearità. E io, in basso a destra, come al di fuori, in silouette, le osservo. Ma il viaggio, nonostante la malattia, non è finito”.

Giuseppe Capuano

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Un fiume unisce la Toscana e rappresenta il modo di vivere forte e intraprendente del suo popolo. L'Arno.it desidera raccontarlo con le sue storie, fatiche, sofferenze, gioie e speranze. Senza dimenticare i molti toscani che vivono lontani, o all'estero, ma hanno sempre nel cuore la loro meravigliosa terra.

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