Paolo Lazzari

Chi si era illuso dopo un primo tempo a dire il vero scintillante ha dovuto rinfoderare mestamente l’ottimismo. La Fiorentina che impatta contro il Monza è la trasfigurazione fedele di una stagione fino a qui appannata, mediocre, depurata da squilli e sussulti. Italiano aveva mescolato le carte, prendendo tutti in contropiede: la probabile formazione? Ribaltata rispetto ai pronostici. Dentro Quarta e non Milenkovic. Avanti con il giovane Bianco in mezzo al campo. Barak dietro la punta, che è Cabral e non l’annunciato Jovic. La sorprendente ricetta funziona a meraviglia per quarantacinque minuti. Monza messo sotto, palo di Biraghi, discesa e botta dirompente di Cabral, occasione per Ikoné che spara in curva. L’uno a zero parrebbe un risultato striminzito per il calcio sciorinato dai ragazzi di Italiano, che però difettano di cinismo. Impercettibili incrinature: Barak tra le linee appare spaesato, lui che è solito basculare da mezz’ala, perché in quella mattonella di campo servono fosforo e pensieri svelti. Bianco battaglia nel mezzo, ma non sembra sovrastante. Saponara non attraversa una delle giornate più luminose.

Scocca la ripresa e il film si ribalta. Il Monza si alza e comprime la Fiorentina, improvvisamente anemica e fiacca. La squadra di Palladino trova il pareggio e la viola regredisce, si disunisce, non riesce a reagire. Dentro l’effervescente Kouamé e Amrabat, ma l’andatura della partita resta mediocremente impostata sul trotto, tipico delle squadre di mezza classifica. Nel finale si rivede Castrovilli ed è, forse, la nota più lieta di una giornata opaca, parente stretta delle prestazioni infilate in serie prima della rassegna qatariota. La Fiorentina denuncia, ancora una volta, limiti tecnici e caratteriali evidenti. Parte sguainando pensieri coraggiosi, poi si intiepidisce. Il gioco a tratti è fluente, poi si ingolfa improvvisamente, diventando ampolloso e inconcludente. In frangenti del genere, quando non riesci a sbloccarla con le dinamiche di gruppo, servirebbe l’assolo del singolo. Nessuno, però, riesce a caricarsi i compagni sulle spalle per fargli scorgere un futuro più radioso della terra di mezzo in cui si galleggia.

Certo non si può accettare la congettura precoce che le ambizioni siano già paludate. Non siamo nemmeno al giro di boa. Di tempo ce n’è ancora in abbondanza. Per correggere un destino fino a qui infido, però, servirà molto di più. Italiano dovrà grattare via in fretta la patina che grava sulla forza mentale del gruppo. Fortificato il cervello, sarà necessario tornare a giocare come la Fiorentina ci aveva abituati un anno fa, consci che certi concetti non si disimparano. E poi serviranno iniezioni di cinismo e, magari, un assist o due dal mercato. Perché c’è ancora calcio da progettare a Firenze, per questa stagione. Scongelarlo adesso significherà credere ancora nel treno europeo.

 

Foto: Acf Fiorentina (Facebook)

Autore

Scrivi un commento