Ilaria Clara Urciuoli

La mostra non autorizzata (“An unauthorized exhibition” recita la stessa locandina) sull’opera di Banksy, ospitata nel Polo culturale Bottini dell’olio a Livorno fino al 19 marzo prossimo, ci induce a riflettere attraverso la concretezza dell’immagine sulla nostra realtà, sul ruolo dell’arte e dell’artista, sul mercato e su come sfuggire alle sue dinamiche, sul bello, sulla rivolta, sulla partecipazione, sull’alternativa da cercare come individui e come collettività.

Conosciuto da tutti eppure a tutti ignoto nella sua identità nascosta, Banksy ha ampiamente dimostrato di saper raggiungere il cuore delle cose e di riuscire ad animare con i suoi stencil e i suoi colori piatti e pieni anche i giovani che piuttosto ignorano Masaccio ma sono catturati dall’immediatezza di una comunicazione tanto efficace quanto sarcastica.

Il titolo della mostra, “Realismo capitalista”, ci proietta in una realtà sociale che affonda le radici in una frase di Margaret Thatcher, primo ministro britannico dal 1979 al 1990 (presumibilmente gli anni di formazione per Banksy). La Lady di ferro si assicurò il potere attraverso un programma politico sintetizzato in uno slogan di estrema chiarezza: “Non c’è alternativa” (“There is no alternative”). E questa mancanza finisce dunque per schiacciarci e appiattirci in una realtà che non presenta vie di fuga verso un futuro da costruire oggi. Ma contro questa rassegnazione si muove l’opera dell’ignoto street artist che con la sua presenza spray nei diversi svincoli della storia (come mette in risalto la mostra) si pone egli stesso come modello alternativo.

“There is Always hope” ci scrive in un angolo prezioso del suo lavoro più amato e ce lo ripetono i suoi lavori in cui la dissonanza (tra colori brillanti e drammaticità dell’immagine, tra semplicità grafica e complessità di significato) è portatrice essa stessa di speranza. In mostra sono presenti diversi pezzi originali e autenticati tra cui il celebre “Girl with balloon”, la ragazza con palloncino apparsa nel 2002 al lato di un ponte di Londra e nel 2017 votata come l’opera più amata dai britannici.

Girl with Balloon, 2004-2005, collezione privata

Nelle sale livornesi troviamo anche “Love is in the air”, meglio noto come “Lanciatore di fiori”, che prese vita nel 2003 sul muro costruito per separare israeliani e palestinesi nell’aria della West Bank, e i suoi topi che, come la figura stessa dello street artist, destano la nostra attenzione sopita. La sua dura critica non risparmia i nostri metodi educativi con una velenosa “Toxic Mary”, una rinascimentale Madonna che con un biberon avvelena il suo bambino, futuro e speranza dell’uomo.

Virgin Mary (Toxic Mary), 2003, collezione privata

La mostra presenta una sezione sui graffiti comparsi nella capitale ucraina che dimostra come l’hic et nunc di Banksy, compresso in una bomboletta, sappia trasformarsi in espressione artistica. La speranza è che i writers che incita all’azione abbiano la stessa capacità di sintesi e di comunicazione e anche un analogo senso del bello.

Ilaria Clara Urciuoli

 

 

Foto in alto: Love Is In The Air (Flower Thrower)

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