– Giuseppe Capuano –
Sono appena arrivato al Salone del libro di Torino 2025. Mi aggiro fra gli stand senza una meta precisa e mi lascio trasportare dall’onda placida del flusso dei visitatori. È il giorno d’apertura e ancora non c’è il caos del weekend. Passo accanto allo Stand della Regione Toscana e vengo attratto dalle parole di un uomo che sta presentando il suo libro.
Racconta di una vecchio che ritorna ad Aushwitz dopo 80 anni e scava una buca, in un luogo del ricordo, per recuperare un sasso con sopra inciso una serie di numeri, come quelli che i nazisti tatuavano sul braccio degli internati. Mi avvicino, il mio fiuto non mi inganna, so riconoscere una storia affascinante a naso. Così scopro che il libro narra la storia di Holeg Mandic che a undici anni è uno dei pochi superstiti ad accogliere l’Armata Rossa entrata ad Auschwitz. Nato a Sušac, attuale Croazia, nel 1944 viene arrestato con la madre e la nonna e deportato. Non è ebreo ma prigioniero politico perché suo padre e suo nonno, dopo l’occupazione, si sono uniti ai partigiani. Sì, avete capito bene: deportato solo perché nipote. Ad Auschwitz sperimenta e sopporta l’inimmaginabile: la fame, i lavori forzati, i continui soprusi delle SS; finisce anche nel famigerato reparto del dottor Mengele, da cui i bambini spariscono senza che nessuno ne sappia più nulla. La morte, nel campo, è ovunque.
Oleg, invece, si salva. Per caso, per fortuna, forse per destino. Per anni tiene sotto chiave i ricordi, incapace di descrivere ciò che ha vissuto. Ma quando riaffiorano, insieme a loro arriva il bisogno di tornare, di rivedere quei luoghi, darne testimonianza e rispondere al richiamo di una misteriosa lettera. L’autore dice che che Aushwitz è il non luogo, dove non c’è più nulla, amicizia, fede, speranza, tutto si dissolve in una nuvola di dolore e attesa della morte.
Eppure dopo 80 anni Oleg è lì, ancora lì direbbe Ligabue ma quella è un’altra storia, a scavare per recuperare un sasso con un numero. Era il numero di identificazione di un ragazzo come lui, l’unico amico possibile in quella situazione, l’amico che Oleg vede allontanarsi per l’ultima volta in direzione delle camere a gas. Il ricordo supera il trascorrere inesorabile degli anni e della memoria. Non è vero che esiste il nulla, l’umanità trova pieghe e nascondigli per riemergere quando meno te l’aspetti. L’umanità non muore. Mai.
L’autore del libro è Filippo Boni, nato a Montevarchi (Arezzo) nel 1980. Ha compiuto studi classici ed è laureato in Scienze Politiche all’Università di Firenze con una tesi sui massacri nazisti in Toscana pubblicata dalla Regione Toscana e dall’Istituto Storico della Resistenza Toscana, con la quale ha vinto il premio Regionale “Giustizia e Libertà“. Il libro è stato pubblicato nel gennaio 2025 per Newton Compton.
Giuseppe Capuano
