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Mr. Tavor in concerto: quando la musica diventa cura per l’anima

- Cultura, Tempo libero
27 Agosto 2022

Guido Martinelli

Da quando gli esseri umani sono diventati bipedi e hanno cercato di dare un senso alle loro giornate su questo pianetino disperso nell’universo infinito hanno avuto la fortuna d’imbattersi nelle muse. Queste nove, mitologiche divinità femminili, figlie di Zeus e Mnemosine e guidate da Apollo, rappresentano da sempre l’arte, ovvero il modo migliore di astrarsi dal contingente e mirare all’assoluto rendendo più piacevole l’esistenza. Tra questi oracoli che stimolano la fantasia creatrice in ogni campo artistico svetta senza dubbio alcuno Euterpe, colei che rallegra, la protettrice della tragedia, la danza e il flauto. Praticamente la musica.

Gran bella presenza questa musa che, col passar degli anni e l’evoluzione di strumenti e stili musicali, accompagna e allieta le nostre giornate in tanti modi. Ho l’impressione che sia talmente invasiva che quando entra nel cuore di un musicista lo prende per mano e non lo abbandona più.

Per questa loro prerogativa ammiro i musicisti, oltre ad invidiarli pure un po’ perché ho il forte sospetto che grazie a questa dea avvertano meno la solitudine, tipica condizione umana, e siano un passo avanti agli altri. Per avere conferme alla mia intuizione l’altra sera sono andato a sentire un conosciuto ed esperto gruppo dell’ambiente musicale pisano, i “Mr. Tavor“, che suonavano in un spazio musicale importante della nostra zona. Mi riferisco al Route 66, ristopub situato ad Asciano (Pisa), in via delle Sorgenti 24, dotato di uno spazio esterno ampio e accogliente e di una ottima cucina. Il luogo è chiaramente ispirato alla leggendaria Highway federale statunitense che in origine collegava Chicago alla spiaggia di Santa Monica, in California, lunga quasi quattromila chilometri e immortalata da letteratura, musica e televisione a stelle e strisce. Avendo intenzione di tastare il livello di dipendenza dei “tavorini” dalla ineffabile Euterpe, prima della loro esibizione sono andato a scambiare alcune impressioni con alcuni di loro.

Di fronte a me chi ho e cosa può dirci del suo gruppo?
“Sono Franco Franconi, chitarrista, e riguardo al gruppo posso dire che è nato nel 1994 e che in origine si chiamava ‘Mr. Tavor e gli psicofarmaci’. Un nome scherzoso dovuto al fatto che due di noi usavano questo noto prodotto farmaceutico, che col tempo ha eliminato gli altri rimanendo da solo. La formazione iniziale era composta da Silvio Guarasci alla batteria, io alla chitarra, Maurizio Fontana detto Tom al basso, Sandro Pasquini alle tastiere. C’erano anche la voce di Ana Luz Vencini e il sassofono di Maurizio Rosoni. L’amicizia e la musica sono il collante che ci ha unito in tutti questi anni anche se si sono registrati, come accade di solito nei gruppi, defezioni e nuovi arrivi. Al gruppo storico si sono uniti ora Chiara Borri come voce solista e Piero Meucci al sax”.

Silvio Guarasci (batteria), Chiara Borri (voce), Sandro Pasquini (tastiere), Franco Franconi (chitarra), Pietro Meucci (sax), Maurizio Fontana (basso)

Che genere di musica suonate?
“Lo smooth jazz, un genere derivante dal jazz vicino alla fusion, cioè un suono frutto di una miscela di generi diversi, e al pop e al funk. È una forma di jazz che può risultare più gradita ad una fascia di ascoltatori più ampia rispetto a quello tradizionale”.

Gli autori famosi a cui attingete?
“Norah Jones, Sade, Amy Winehouse, i Fourplay”.

Ma siete partiti con questo genere o avete avuto una evoluzione?
– Risponde Silvio Guarasci – “Quando s’era giovani siamo partiti con i mitici Beatles e Rolling Stone, poi siamo passati ai complessi italiani, e infine al rock, ai Led Zeppelin, e agli altri gruppi famosi di quel tipo. Ora abbiamo preso le canzoni che suonavamo all’epoca e le abbiamo adattate alla musica dei nostri giorni contaminandole con altri generi più rivolti al jazz che al pop arrangiandoli alla nostra maniera”.

Scelta originale, da quanto vi esibite con questo repertorio?
“Da una decina di anni”.

Avete intenzione di cambiare?
“No, aggiungiamo pezzi nuovi, ma sempre con questo stile”.

– Risponde ora Franconi – “Mi piace citare tra i miei autori di riferimento anche i Toto di cui suoniamo “Georgy porgy”. – Si inserisce Guarasci –  “È una cantilena inglese che diceva “Georgy il porco che taglia una fetta di dolce e la mangia tutta lui”, ovviamente arrangiata come piace a noi”.

Interessante. Il prossimo appuntamento?
Franconi: “Abbiamo dovuto saltarne per motivi di salute di uno di noi a Montecatini e lo recupereremo a settembre. E poi altri”.
Guarasci: “Sempre in maniera amichevole e col pubblico a sedere.(Franconi) Per un pubblico di tutte le età, il nostro repertorio va bene per tutti.

Presumo che voi abbiate una professione alternativa alla vostra passione, vero?

– Risponde Franconi – “Certo, Silvio Guarasci è un gallerista d’arte, Fontana è un commerciante, Pasquini un parrucchiere, io sono un avvocato, Chiara Borri è una psichiatra, Meucci un ingegnere ora in pensione”.

Lo immaginavo, e penso pure che loro sono stati saggi a non cedere in pieno alle lusinghe esclusive della dea che, ahimè, può essere crudele, come c’insegnano tante giovani ed eccelse vite di musicisti rovinate o conclusesi prematuramente per eccessiva adesione alle sue lusinghe. “Testa per aria e piedi in terra”, dicevano i nostri vecchi.

Prima di mandarvi sul palco un’ultima domanda: cos’è la musica per voi?
Franconi: “La colonna sonora della nostra vita”.

Già, domanda sciocca.

Il concerto che ne è seguito ha mantenuto le aspettative risultando piacevole e gradito dal folto pubblico, anche se l’arrangiamento smooth di brani come la mitica “Satisfaction” l’hanno resa certamente più mansueta ma anche straniante e spiazzante per noi vecchi ruderi ancora legati al nostro giovanile passato di fruitori di musica rock.

Ma risulta piacevole anche in questa veste, e trovo pure che sia in linea con la nostra età più avanzata e più vicina a ritmi e tempi meno esagitati. Insomma, è stata proprio una bella serata che ha confermato le mie opinioni verso la famigerata Euterpe, croce e delizia, tormento ed estasi.

Non scordiamoci, per chiuderla qui che, come disse qualcuno più saggio del sottoscritto, “il linguaggio della musica è un linguaggio che solo l’anima capisce ma che l’anima non potrà mai tradurre”. Quindi le valutazioni sulla stessa sono soggettive, ma è innegabile che “Music is forever”: hanno ragione i tavorini. Quindi, quante pastiglie al giorno? E prima o dopo i pasti?

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