Ilaria Clara Urciuoli

Anche i busti hanno una famiglia e spesso risalire alla genealogia corretta (qual è l’originale, quale la copia?) non è così semplice. Questo ci insegna – tra le tante cose che vale sempre la pena scoprire sul Buonarroti – la mostra “Michelangelo: l’effigie in bronzo di Daniele da Volterra”, curata da Cecilie Holberg, direttrice della Galleria dell’Accademia di Firenze, che da oggi fino al 19 giugno espone nove sculture, alcune delle quali pressocché identiche tra loro, raffiguranti il grande maestro del Rinascimento.

Un vero e proprio mistero attanaglia gli storici dell’arte che a cinque secoli di distanza dalla loro realizzazione non hanno ancora potuto dare risposte certe circa il complesso rapporto tra originali e derivazioni di questi lavori ad oggi tutti attribuiti a Davide di Volterra, allievo tanto legato al Buonarroti da essergli accanto nella casa di Macel de’ Corvi a Roma quando, il 18 febbraio 1564, questi moriva. Ciò che ci dicono i documenti è che in quell’occasione Leonardo Buonarroti, nipote del genio, commissionò a Daniele Ricciarelli (detto da Volterra) due ritratti in bronzo cui si aggiunse un terzo richiesto da Diomede Leoni. Di questi nessuno fu terminato: l’artista morì due anni dopo lasciando, secondo quanto recita l’inventario datato 5 aprile 1566, il giorno dopo la morte del Ricciarelli, “Due teste de mitallo con li pecti de Michelangelo… item una testa de’ bronzo di Michelangelo con busto”.

Per la prima volta qui vengono riuniti ed esposti i nove busti: quali tra questi sono i tre sui quali si affannava Daniele da Volterra prima di morire? Le teorie formulate nel tempo sono molteplici e talvolta contraddittorie. Per fare chiarezza, il comitato scientifico – tra cui spicca il nome del professor Mario Micheli che lavorò sui Bronzi di Riace e sulla Lupa capitolina – hanno portato avanti indagini scientifiche non invasive e mai condotte in precedenza su queste opere, come analisi geologiche delle terre di fusione o quelle nucleari (XRF) per determinare la natura e la composizione delle leghe di metallo.

Busti di Buonarroti, allestimento mostra (foto di Guido Cozzi)

Inoltre si è provveduto alla digitalizzazione dei busti poi mappati nei punti chiave: ciò non solo ha permesso un più agevole confronto delle opere da parte degli esperti ma anche di portare all’interno di questa ricerca il calcolo computazionale fornito dalle tecnologie machine learning. I risultati di tali indagini saranno discussi nella giornata di studi organizzata a latere, che si terrà lunedì 21 febbraio, e verranno poi inseriti in quello che sarà il primo catalogo scientifico delle effigi in bronzo attribuite a Daniele da Volterra.

Avremo finalmente risposte certe? Qualora il mistero non venisse svelato al visitatore resterà comunque l’emozione di guardare il viso modellato dagli anni del grande maestro ormai anziano, l’essere catturati, quasi vinti, da quella sua espressione malinconica che ci ha già conquistato nel Nicodemo della Pietà Bandini.

Ilaria Clara Urciuoli

Busto Musée du Louvre (Foto Arrigo Coppitz)

Foto in alto: Guido Cozzi

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