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Da Shanghai a Milano: un pisano “agronomo senza frontiere”

Quando lo sentiamo per realizzare questa intervista si trova all’aeroporto di Shanghai, in attesa di imbarcarsi per Bangkok. Michele Vitagliano per lavoro gira in tutto il mondo. Dopo una laurea in Scienze Agrarie all’Università di Pisa ha lavorato in diverse aziende, fino a diventare manager per una multinazionale. Sposato con Aurelie (francese di Parigi), ha due “gioielli”: Loic di 7 anni e Isabelle di 4 anni, ambedue nati nella capitale francese. Vivono a Segrate, in provincia di Milano. Grandissimo tifoso nerazzurro, Michele ha fondato il “Club Pisani al Nord”.

Ci puoi spiegare meglio il tuo lavoro?

Mi definisco un “agronomo senza frontiere“. Dopo aver lavorato per numerose aziende del settore dei fertilizzanti, occupandomi del mercato italiano, da cinque anni ho fatto il salto all’estero. Sono Export Manager in una nota multinazionale italiana del settore dei fertilizzanti, e sono responsabile commerciale dei mercati dei paesi dell’Asia.

Spostarti all’estero per lavoro ti pesa?

Sono cresciuto in una famiglia che mi ha sempre trasmesso un’impronta internazionale, ho compiuto parte dei miei studi negli Stati Uniti e poi, sposandomi con Aurelie, la mia internazionalità è diventata totale.

Molti invidieranno i tuoi continui viaggi…

Della mia attività lavorativa in effetti dall’esterno traspare solo il continuo viaggiare in paesi lontanissimi, i soggiorni in stupendi alberghi in località, spesso incantevoli, pranzi e cene magari in ristoranti di lusso. È vero, lavorare con l’estero è affascinante ma allo stesso tempo anche molto complicato.

Per quale ragione?

Ho continui contatti con più di venti nazioni, civiltà completamente diverse tra loro e molto differenti dalla nostra. È importante sapersi muovere in tutte le più svariate situazioni e trattare con tutti i tipi di interlocutori. Alla base vi deve essere la tolleranza verso tutto e tutti, non importa quale religione, razza, governo, colore della pelle e ceto sociale stiano dall’altra parte, io vivo e agisco secondo il mio saldo principio, che cerco di trasmettere giornalmente anche ai miei bambini: niente è strano, ma solo differente.

La difficoltà maggiore che trovi?

Uno dei lati più complicati è la comunicazione. Ovviamente la mia attività si svolge completamente in inglese, ma in molti paesi asiatici nessuno lo conosce, quindi sono obbligato a viaggiare sempre con un interprete. E poi fusi orari su fusi orari che si intrecciano: all’inizio erano devastanti, ormai non li sento quasi più.

Quali Paesi frequenti di più per il tuo lavoro?

Perlopiù nei paesi dell’Asia. I miei mercati principali, dove quindi mi reco più spesso, sono la Cina (dove ho anche la direzione della nostra filiale), l’Iran, la Thailandia e l’India. Mi impegnano molto anche la Corea del Sud, la Malaysia, il Vietnam, l’Indonesia, il Kazakistan, il Pakistan, Taiwan, le Maldive e Israele. In questo momento sto lavorando intensamente anche per aprire nuovi mercati in paesi emergenti come le Filippine e il Myanmar, e di paesi maturi e competitivi come il Giappone, con l’obiettivo di finalizzare la prima vendita in almeno uno dei tre paesi prima della fine dell’anno.

Da quanto tempo vivi a Milano?

Sono dieci anni che mi sono trasferito in Lombardia per “colpa” del lavoro di mia moglie. Prima abitavamo a Milano, zona San Siro, da sette anni siamo a Segrate (Mi). L’abbiamo scelta perché volevamo una casa con il giardino e ci piaceva vivere in una comunità più piccola rispetto alla metropoli.

Come ti trovi?

Io potrei abitare ovunque, basta che un aeroporto sia ad una distanza accettabile per i miei numerosi e continui viaggi. Una piccola divertente curiosità: quando sono giunto a Milano, per mia moglie (che arrivava dal centro di Parigi) il quartiere di San Siro era aperta campagna… per me che provenivo da Campo, frazione di San Giuliano Terme, era il centro città di una metropoli. È veramente sempre e tutto questione di prospettive. Ormai mi trovo bene qui e ci siamo inseriti ottimamente nel tessuto cittadino di Segrate, anche grazie alle amicizie e conoscenze ottenute tramite le scuole dei nostri bambini, ma all’inizio è stata dura. Io ho sempre lavorato in aziende con sedi all’estero o in altre città italiane, pertanto non era facile crearsi delle amicizie, poi tutto invece è andato bene.

Cosa ti manca di più di Pisa?

Di Pisa mi mancano tante cose… Prima di tutto ho sempre la mamma che abita a Campo, e poi tutti gli amici. Mi manca soprattutto il poter uscire a qualsiasi ora del giorno e della notte e senza darsi appuntamento incontrare persone che conosci con cui parlare in “pisano” soprattutto del Pisa, magari condendo il tutto con qualche moccolo quando le cose non vanno bene. Inoltre, e questa è una cosa che susciterà stupore e curiosità visto il mio essere tifoso viscerale e appassionato del Pisa, sono arbitro di calcio da 25 anni, arrivando fino alle categorie nazionali e nella sezione arbitri di Pisa ho ancora tanti amici. Devo molto alla sezione AIA “R. Gianni” di Pisa, soprattutto per avermi accolto quasi da ragazzino e avermi fatto diventare uomo trasferendomi quei valori e principi che ormai sono parte di me. Devo essere sincero però, soprattutto durante gli anni del liceo e dell’università la città di Pisa mi era un po’ stretta e avevo un po’ la smania di andarmene, adesso invece vedo tutto con una prospettiva diversa e cerco di tornarci il più possibile… ogni volta per me è una gioia.

Mi diresti un pregio e un difetto dei pisani?

Ci sarebbe da parlare per mesi. Iniziamo dai pregi: senz’altro dire “pane al pane e vino al vino” magari anche litigando di brutto, ma dopo poco si va subito a cena insieme e si fa du’ risate. E poi l’amore per la squadra della città, appassionato ed incondizionato, come se ne trovano pochi in Italia, forse nessuno. Tra i difetti la mentalità molto chiusa Ai pisani manca completamente la voglia e lo spirito per sviluppare l’enorme potenziale che ha la città. Il pisano, ormai da anni si è seduto sfruttando passivamente gli introiti provenienti dal turismo e dalle tre università cittadine, senza cercare di migliorarsi. Intorno a queste due “industrie” si sarebbe potuto creare una ricchezza e uno sviluppo incredibili. Anche il rispetto dei beni pubblici della città e la pulizia della stessa non sono proprio il punto di forza dei pisani.

Facciamo un gioco: sei appena stato eletto sindaco di Pisa. La prima cosa che fai è…?

Accetto di fare il gioco, anche se non entrerei mai in politica e non ne parlo neanche tanto volentieri. Per me il sindaco di una città dovrebbe essere scelto non per il partito politico a cui appartiene ma per l’uomo, con i suoi valori e le sue capacità. Questo purtroppo non avviene quasi mai, e Pisa ne è l’esempio lampante. Comunque la prima cosa che il Sindaco Vitagliano farebbe è una grossa e radicale pulizia alla città, recuperando spazi, piazze, vie e quartieri bellissimi che ora sono nel degrado.

Poi investirei tanto sul litorale, non a parole come hanno fatto tutte le giunte comunali precedenti, ma con i fatti…Domanda: perché Tirrenia e Marina di Pisa non posso diventare come Viareggio e Forte dei Marmi? Come per tutte le cose, basta volerlo e lavorarci sopra veramente. Altra priorità, e qui esce il tifoso che c’è in me, darei veramente enfasi alla collaborazione con la società del Pisa. Una vera collaborazione che non c’è mai stata.

Come te la cavi in cucina?

Credo benissimo, ma dovresti sentire il giudizio di mia moglie. Comunque quando cucino i miei bambini mangiano tutto.

Il tuo piatto preferito?

La pasta, di ogni tipo e fatta in tutti i modi. Ma prediligo i testaroli al pesto e gli spaghetti allo scoglio. Non puoi immaginare quanto sogno questi piatti quando “mi nutro” (in quanto mangiare è un’altra cosa) delle cucine locali asiatiche.

Che significa, per te, il club Pisani al Nord?

Ho avuto l’dea di fondare il club durante la trasferta del Pisa a Brescia, in Coppa Italia, nello scorso agosto 2016 (due a zero per noi ndr). Avevo la famiglia in vacanza e sono andato a Brescia da solo. Dalla tribuna, guardando il settore ospiti con 15 persone (che contestavano Petroni) senza striscioni, mi sono detto: “Quanto sarebbe bello se il Pisa avesse dei club di tifosi al di fuori della Toscana, magari con un proprio striscione, che lo seguono nelle trasferte, proprio come le grandi società di serie A?”. Tornato a casa, ho subito scritto questa mia idea sulla pagina Facebook “Io sto con Ringhio Gattuso”, e mi sono arrivati circa 50 messaggi di pisani residenti al Nord. Poi, le vicissitudini societarie che tutti conosciamo e che purtroppo ci stavano facendo sparire dal calcio nazionale, hanno congelato il tutto.

Poi cosa è successo?

A fine dicembre, subito dopo la famosa firma di Giuseppe Corrado dal notaio di Milano, mi trovavo a Parigi per motivi familiari, e avendo più tempo a disposizione ho riscritto nuovamente su Facebook la mia idea di fondare un club, ricevendo questa volta più di 120 contatti da tifosi nerazzurri del nord Italia (Lombardia, Piemonte e Friuli). Un successo inaspettato. Al mio rientro in Italia ho contattato Cristiano Accolla, Maurizio Bertelli e Francesco Fasulo. Con loro abbiamo posto le basi, poi con Alessio Forconi e Salvatore Ciotta abbiamo fondato il club… piano piano si sono aggiunti tutti gli altri. A tempo di record abbiamo realizzato uno striscione da esporre allo stadio, le magliette del club e aperto una pagina Facebook. Poi abbiamo trovato un pub milanese, il Geko, dove seguire tutti insieme le partite del Pisa.Si è formato un gruppo affiatato di amici-tifosi. Siamo arrivati anche sulle cronache locali cittadine e in brevissimo tempo abbiamo ottenuto l’apprezzamento e la simpatia di tutta la tifoseria nerazzurra.

Qualcosa di più del semplice tifo per una squadra…

Sì, l’idea iniziale era quella di formare un gruppo di tifosi per andare a seguire il Pisa nelle trasferte al Nord, poi piano piano la cosa si è evoluta in meglio e possiamo ora dirlo chiaramente, essere “Pisani al Nord” è diventato un senso di appartenenza alla nostra città di origine, con l’obiettivo di esportare ovunque i nostri colori nerazzurri e la nostra pisanità. Far parte dei Pisani al Nord è veramente bello: senza alcuna forzatura ognuno dà il proprio contributo di idee e si intraprendono iniziative di vario genere. Posso dire, con orgoglio, che è nata una bella realtà.

Con il tuo lavoro ti senti un “Pisano nel mondo”?

Sì, io mi occupo di export di fertilizzanti, ma in ogni viaggio, in ogni paese in cui vado esporto anche la pisanità e la passione per i nostri colori. Non ci crederete ma ogni lunedì davanti alla scuola dei miei bambini ora ci sono papà (babbi, scusate) di fede milanista/interista/juventina che appena mi vedono mi chiedono del Pisa, alcuni di loro hanno cominciato anche a guardare le partite e a familiarizzare coi nomi dei nostri giocatori. Persino il mio cliente cinese e quello della Malaysia non perdono occasione di chiedermi cosa ha fatto il Pisa.

Come vedi la prossima stagione del Pisa?

Per me aver lasciato andar via così Gattuso è stato un errore, o meglio, un’occasione persa. Comunque sono anche convinto di una cosa: presidenti, allenatori e giocatori passano, solo il Pisa e i Pisani rimangono per sempre. Adesso si è aperto un nuovo corso e dobbiamo sostenere tutti la squadra, come abbiamo sempre fatto. Se il presidente Corrado farà le proprie scelte tecniche affidandosi a persone professionali e competenti, secondo me potremo risalire subito in B e buttarci alle spalle questa brutta retrocessione che ha dell’incredibile e che ha lasciato l’amaro in bocca a tutti. Nulla però sarà facile, la Lega Pro è un pantano dal quale dobbiamo uscire subito.

Ricordi la prima volta all’Arena Garibaldi?

La primissima volta all’Arena è come la prima fidanzata, non si scorda mai. Pisa–Juventus, serie A della stagione 1982-83. Finì 0-0 con il Pisa che sfiorò ripetutamente il gol con Casale e Todesco. Ricordo che avevo rotto cosi tanto le scatole a mio padre (al quale del calcio non fregava nulla) che per amor del figliolo andò nella storica sede di via Risorgimento a comprare i biglietti. Ahimè la Curva Nord e gli altri settori erano già tutti esauriti, e trovò solo due posti in Curva Sud (al tempo anche i pisani potevano andarci )… Cinque ore in piedi ma fu stupendo lo stesso. Indimenticabile.

Il giocatore del Pisa che ti è rimasto nel cuore?

Ce ne sono diversi, ma se proprio devo sceglierne uno su tutti dico Klaus Berggreen.

E la partita che non dimenticherai mai?

Ne ho parecchie nel cuore, come Pisa-Inter, con lo splendido gol di Dunga da centrocampo. Io facevo il raccattapalle sotto la Sud vicino alla porta di Zenga, e non dimenticherò mai il rumore del taglio dell’aria del pallone che come una sassata si infilò in rete, mancava poco che saltavo in campo dalla gioia. Poi ricordo Pisa-Torino 2-0, doppietta di Faccenda e Pisa salvo in serie A. E  Cremonese-Pisa 1-2 con la promozione in serie A… ricordo ancora la sfilata di noi pisani con i cremonesi che ci applaudivano. Tra le gare più recenti: Pisa-Monza e ovviamente Pisa-Foggia.

Grazie per questa bella chiacchierata.

Posso aggiungere una cosa?

Certo…

Una cosa che sento e di cui sono veramente convinto: il Pisa è questo Pisa, i tifosi (anche le nuove generazioni) sono così caldi e attaccati ai colori nerazzurri, io sono così innamorato della mia squadra del cuore, unicamente solo grazie ad un grande e unico personaggio che ha fatto la storia con la S maiuscola: Romeo Anconetani.

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Giornalista.

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