Ilaria Clara Urciuoli

Un amabile gioco di luci che dà visibilità alle trasparenze e rilevanza all’altro che ci cammina accanto, un’illusione di completezza che ci spinge a mettere a fuoco ciò che fisicamente manca e che pure il nostro sguardo trova tra continuità e specchi: così “Olafur Eliasson. Nel tuo tempo”, la mostra visitabile a Palazzo Strozzi fino al prossimo 22 gennaio, ci induce con allegria a guardare non tanto l’opera ma, attraverso essa, il mondo di cui siamo parte e all’interno del quale agiamo e creiamo relazioni.

Protagonista di questa proposta è la luce che scandisce e proietta la materialità del vetro e le sue imperfezioni, che ci trasforma in ombre cinesi, in movimento o stasi, rendendoci riconoscibili oltre le differenze, nei lineamenti tanto fisici quanto comportamentali che ci accomunano, in un’emozione bambina che sembra alimentarsi nella comune sorpresa; è una luce che si riflette (e ci riflette) su pareti specchianti o si scompone attraverso acqua vaporizzata, e crea illusioni e punti di vista unici.

Allora protagonisti insieme a quella luce sono l’attimo e lo spazio e noi che li viviamo e che a questo hic et nunc diamo valore e forse senso. Resta la percezione dell’effimero, di un’arte che è sempre più performance soggetta a variabili di cui nessuno è padrone, né il pubblico né l’artista. Emerge dunque la complessità costruita a partire da un semplice fascio di luce, una complessità dunque solamente illuminata ma già esistente ed evidentemente persistente anche in caso di black-out.

Di questa realtà e di come possiamo approcciarci ad essa ci parla “Your timekeeping window” che scompone ciò che pensiamo oggettivo – il vero dato da una finestra e da ciò su cui affaccia – in punti di vista da esplorare e di cui scoprire gli inganni insiti nelle lenti che usiamo per vedere. Solo attraverso un faticoso lavoro di ricostruzione e tenendo a mente la possibilità di errore riusciamo ad accedere al mondo, quindi a interpretarlo.

Questa mostra, che ha necessariamente bisogno per essere apprezzata di qualche minuto dedicato alla lettura della guida disponibile all’inizio del percorso, ha il merito di integrare realmente il pubblico, rompendo la distanza tra l’opera e l’osservatore che qui si sente legittimato e si diverte a modificare il contenuto dell’istallazione integrandolo con profili più o meno consapevolmente donati agli altri osservatori. In questo pionieri sono i bambini che non esitano ad appropriarsi degli spazi e delle possibilità offerte.

Eliasson ci propone un’arte volatile perché fatta di luce e riflessi, un’arte cangiante perché fatta di ombre o figure passanti, un’arte che – attraverso il pensiero – ci riporta con i piedi per terra, al nostro tempo (tanto cronologico quanto anche meteorologico), agli spazi che viviamo, ai tanti sconosciuti e alle loro personalità (curiose, dubbiose, analitiche e così via in un caleidoscopio di possibilità) che ci sono accanto.

Ilaria Clara Urciuoli

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