Guido Martinelli

La befana vien di notte con le calze tutte rotte, col cappello alla romana viva viva la befana”. Quante volte abbiamo udito questa filastrocca che accompagnava la storia della vecchietta di origini ben più remote di quelle di Babbo Natale, il Santa Claus di provenienza statunitense (come la Coca-Cola) che dal 1700 reca generosamente doni ai bambini e viene maggiormente considerato.

Come direbbero alcuni topi di biblioteca di mia conoscenza, l’origine della Befana proviene da antichi riti pagani di epoca pre-romana legati alla cultura contadina, alle stagioni e al solstizio invernale. I “padroni del mondo” di allora celebravano la dodicesima notte dopo il solstizio d’inverno come il momento in cui si rappresentava la morte e la rinascita della natura. E cosa accadeva, secondo loro, in quelle dodici notti?  Il più secchione dei topi bibliotecari potrebbe rispondere che alcune figure femminili, le prime volte identificate con Diana cacciatrice (basta, ora non ne dir più topino sapiente!) volavano sui campi per propiziare i raccolti a venire. Da queste figure prenderebbe il via l’immagine della Befana sopra una scopa volante.

Befana in scala ridotta

Nei tempi successivi legati all’affermarsi della religione cristiana la storia della vecchietta col naso di rilievo si  intrecciò con quella dei famosi tre Re Magi che partirono in viaggio per Betlemme con i loro cammelli (o dromedari?) per donare al Bambin Gesù oro, incenso e mirra (che ai miei orecchi imberbi pareva un errore di scrittura e si trattasse, invece, di birra, proprio come la Peroni della tivu, bevanda alquanto insolita da recare a un neonato).

Giunti a un certo punto pare che i tre munifici donatori, non dotati di un sia pur rudimentale antenato del Google maps, si fossero perduti e avessero chiesto lumi sul percorso da affrontare a una vecchietta che il fato aveva posto sul loro camino. Ella, evidentemente molto ferrata in geografia, indicò con giustezza ai tre la via per approdare al giaciglio della divina creatura che avrebbero raggiunto proprio il 6 gennaio per intercessione dall’alto; ma va specificato che i tre, non molto fiduciosi del loro senso d’ orientamento del trio, le avevano chiesto di accompagnarli. L’ottuagenaria sul momento rifiutò, salvo pentirsene poco dopo (magari avrà riflettuto che era tanto che non si faceva una vacanza) e preparare un sacco colmo di dolciumi con cui andare, di porta in porta, alla ricerca di bambini ai quali donarli nella speranza che uno di loro fosse il bambin Gesù in persona.

Ma questa è certamente una leggenda perché la Befana che conoscevamo noi cuccioli d’uomo quando “Berta filava” mica era così svanita, a parte la preparazione geografica. Noi, curiosi e vogliosi di saperne di più, avevamo concluso che fosse la moglie di Babbo Natale, come sosteneva una mia compagnuccia sempre persa dietro i giornali di gossip della madre. Ma dove vivevano, allora, i due che lui era fotografato e dipinto sempre al Polo tra la neve da solo o al massimo con le renne, mentre lei era effigiata spesso, anch’ella da sola, tra alberi spogli e cieli limpidi? Perché non andavano insieme a distribuire i regali, magari doppi, che in un colpo solo si levavano il pensiero? Uno di noi affermò che forse alla coppietta accadeva la stessa cosa che avveniva nella sua famiglia, dove suo padre lavorava al Nord e tornava a casa ogni tanto, ma a Natale stavano tutti vicini vicini e non si mollavano mai. E poi, aggiungeva qualche altro, possibile che due  che amavano cosi tanto i bambini non avessero figli? Gli elfi non ci parevano credibili in tale veste che poi, quelle orecchie a punta o da chi l’avevano prese? Dall’Orco di Pollicino? Misteri interessanti e irrisolvibili nell’epoca pre-internet.

Certo, sappiamo tutti che il termine Befana deriva dal greco Epifania ovvero “apparizione” o “manifestazione”, e infatti quando la tizietta appariva nei cieli della mia terra d’origine garfagnina suscitava la gioia delle mie tre zie zitelle, longeve e generose come lei, simili un po’ anche nell’aspetto e nella gentilezza. In quella splendida terra anche adesso amano più lei che il grosso tipo in rosso, e pure gli uomini continuano a travestirsi la notte tra il 5 e il 6 da befani, perché le tradizioni sono una cosa seria.

Le mie tre amate zie raccontavano sempre della loro gioventù in cui a loro la Befana riempiva le calze solo di mandarini, arance e qualche zuccherino. Proprio come accadeva con le mie di calze sempre colme al mattino sotto il camino della sala della grande fattoria nella quale le zie e gli altri parenti vivevano, anche se tutte le volte temevo di rinvenirci dentro del carbone per aver compiuto qualche marachella, ma una volta, in pasticceria, m’imbattei in un pezzetto di carboncino nero nero ma così buono al punto di pensare che forse, non essere sempre bravi, porta dei vantaggi.

La befana, insomma è una bella, antica, festa, amata da tutti, e infatti anche quest’anno tutte le amministrazioni dei paesi del territorio pisano e del capoluogo, insieme a valide associazioni, hanno organizzato manifestazioni importanti per il giorno epifanico e precedenti, invitando la vecchietta a presenziare ovunque. Il dispettoso Giove Pluvio ha, però, voluto inserirsi con una delle sue azioni proditorie, anche se ha rispettato i canonici svolazzi notturni della vegliarda lasciandola migrare liberamente al buio da camino a camino per riempire le calze pronte all’uso. Di fronte a quella immagine mi sono pure domandato cosa abbia pensato l’Inps vedendola ancora così pimpante nonostante le innumerabili primavere.

Ieri, però, giorno della ricorrenza, il suddetto Giove Pluvio è esploso in tutto il suo malanimo, e dopo aver permesso in mattinata, a malincuore, a pisani  e livornesi di provare il consueto brivido del bagno invernale di gruppo in mare a Marina di Pisa, in barba a bacilli e germi, nel pomeriggio ha iniziato a gettare dall’alto grandi secchiate di pioggia che hanno impedito la discesa dalla torre di Cascina della nonnina volante dei vigili del fuoco e limitato tutte le altre azioni previste in città e dintorni.

Io, che ero andato nel tardo pomeriggio, a pioggia diradata, in giro per il centro pisano con l’intento di scambiare due chiacchiere con la rassicurante vecchietta, sono riuscito solo a trovare le giovani befanotte Miriam e Rachele dell’associazione CollEventi in Logge Banchi vicino alla loro casetta, ma la fortuna, in tarda serata, mi ha porto i suoi favori.

Le befane, da sinistra, Miriam e Rachele dell’associazione CollEventi

Grazie ad una mia informatrice incontrata per caso nel cammino, sono infatti riuscito a realizzare uno scoop che senza dubbio il mio direttore apprezzerà: ho le foto della befana in azione. Non di altre controfigure o parenti più o meno stretti, ma proprio di lei nel suo splendore splendente. Per la precisione la mia gola profonda mi ha procurato un filmato della simpatica creatura in azione sui lungarni da cui ho ricavato due foto. In una di queste l’ottuagenaria si vede molto da vicino mentre svolazza, mentre in un’altra esibisce un bel primo piano che, a dire il vero, pare più grazioso e giovanile di quanto si narri.

Mi raccomando, però, io ve le mostro ma voi non ne fate parola a quelli dell’Inps che non vorrei s’inventassero che lei lavora, sia pur part time, in qualità di “lavoratrice addetta al benestare della popolazione” e arrivino a decidere di portare l’età pensionabile a 98 anni  vedendola così giovanile e scattante, dato che lei è la prova lampante che lavorare mantiene giovani.  Ma non mi fermo qui amici miei: vi posso persino sussurrare il suo nome  in borghese, anche se per la privacy lascio solo le iniziali: A.M., e aggiungo un carico: la professione. È infatti assodato che nei restanti 364 giorni dell’anno sia maestra di scuola primaria (ovvio, data la sua passione per l’infanzia) in una scuola il cui nome inizia per O. E mi voglio rovinare aggiungendo che ha pure un figlio, ormai maggiorenne, avuto da padre americano per cui il sospetto della mia età cucciola che fosse la sposa di Santa Claus, il simil rosso Gabibbo forse inventore pure della Coca-Cola, abbia un suo fondamento. Il nome del fortunato pargolo, ormai cresciuto, inizia per P. come il francese Père Noel.

La “vera” befana A.M. prima svolazzante e poi a riposo

Tutto torna. Tutto ha una sua logica. Ed è pure la prova provata che tali creature non siano mitiche o frutto dell’immaginazione ma esistano realmente, nonostante i soliti scettici e malfidati dubitino della sua esistenza stile i terrapiattisti o complottisti.

L’unico aspetto negativo della signora svolazzante (che la Nasa abbia fatto un pensierino su di lei per il prossimo viaggio lunare?) è che, com’è risaputo pure in Papuasia, “l’Epifania tutte le feste porta via”, che non c’è cosa più triste al mondo che disfare l’albero e tutti gli addobbi natalizi. Anche se si tratta solo di una sia pur lunga pausa prima che i due buoni vecchietti ritornino, di nuovo, tra dodici mesi esatti, a rinfrancarci e farci sognare e permetterci di godere di rigeneranti momenti di pace, serenità e allegria, da passare insieme a tutti i nostri cari.

Che da solo l’essere umano, la forma di vita più litigiosa di tutto l’universo cognito, non gliela fa, e gli scatta sempre la rissa. Eppure, come mi sussurra nell’orecchio il topo secchione, il divino Dante l’aveva pure scritto “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”, ma figurati se questi bipedi litigiosi se lo ricordano senza la iconica, generosa coppietta.

A presto bimbi, allora, e buon anno a tutti. Che ce n’è molto bisogno.


 

Foto di Guido Martinelli

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