Per carità, la notte è fatta per riposare e ogni rumore al di sopra delle soglie consentite va sanzionato. Però bisogna ragionare anche in termini di storia e di cultura e, se teniamo conto di questi due fattori – che non sono proprio secondari – ciò che è avvenuto a Vecchiano (Pisa) non sembra un segnale così bello. Ma veniamo subito ai fatti: le campane della torre civica da qualche mese non suonano più dalle 21 alle 8 del mattino. Lo stop è avvenuto dopo la battaglia avviata da una giovane coppia trasferitasi a Vecchiano non aveva gradito di essere “disturbata” di notte. È bene subito precisare che la torre è del Comune mentre le campane sono della chiesa. Lo stop è stato deciso da quest’ultima.

Il parroco, don Renato Melani, a La Nazione spiega che “esiste un decreto dell’arcivescovo per cui le campane devono suonare solamente per le celebrazioni liturgiche, non più di due minuti. In più devono rispettare gli orari in cui la gente riposa. Finché nessuno si è lamentato andava bene farle suonare, ma ci sono tanti esempi in cui la questione è andata per vie legali e sono piovute sulla testa dei parroci multe salate”. Poi aggiunge: “Che si ascoltino di giorno (le campane, ndr) quando chiamano alla preghiera”. Il messaggio arriva dritto e forte ai fedeli.

I vecchianesi si dividono. C’è chi non manda giù il bavaglio alle campane, affermando che i rumori molesti sono ben altri, e chi invece sostiene che bisogna rispettare il riposo.

Interviene anche il sindaco, Massimiliano Angori: “Ci stiamo attenendo alla decisione assunta dalla Curia di Pisa. La Torre civica è fulcro del nostro borgo, ma la sua importanza è attiva in ogni momento della giornata, così come il suo valore è indiscusso, a prescindere dai colori politici”.

C’è anche chi pensa a un compromesso. Campane della chiesa silenziate? Facciamo suonare l’orologio del Comune. E lamenta che le campane della torre civica fanno sentire i propri rintocchi da sette secoli. La rabbia, soprattutto, inutile nasconderlo, è per chi è arrivato a “dettare legge” arrivando da fuori. Discorsi da paese che, per certi versi, ricordano un po’ le diatribe tra Peppone e don Camillo. Però fanno riflettere. Voi che ne pensate?

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