Guido Martinelli

Tutti sanno che il monumento che permette al mondo di conoscere Pisa è la sua Torre meravigliosamente storta, e proprio lei, tra pochi giorni, compirà la bellezza di 850 anni dato che il 9 agosto del 1173 venne posata la prima pietra. Il giorno di questo suo importante compleanno, a mezzodì, le campane della torre si faranno sentire in tutta la meravigliosa Piazza del Duomo, testimonianza imperitura degli antichi e gloriosi splendori della nostra città. In serata, verso le 21.30, il campanile verrà illuminato e un proiettore renderà visibile nel muro esterno del museo dell’Opera del Duomo il logo dell’850° anniversario, con tanto di intrattenimento musicale successivo. Seguirà un anno di eventi ed uno di questi è senza dubbio,in anticipo, l’ultimo libro appena sfornato dallo scrittore Sergio Costanzo,  forse l’attuale divulgatore della storia pisana più seguito, che ha attratto l’attenzione anche della sede regionale Rai al punto di dedicargli un servizio durante un tg. Parlo di “Tutti i perché della Torre”, ovvero “Riflessioni a 850 anni della fondazione della Torre di Pisa” uscito grazie alle Edizioni Il Campano.

Per i pochi che in città e dintorni non lo sanno Sergio Costanzo sta seguendo da anni un percorso virtuoso volto a diffondere, con linguaggio semplice e accessibile a tutti, i risultati di sue accurate ricerche storiche sui più vari aspetti storici pisani riuscendo,come dicevo prima, ad avere un notevole seguito di pubblico. Questa sua ultima fatica letteraria segue di poco un altro libro, uscito sempre per i tipi del Campano, “Leg(g)ende Pisane” “Storia e storie della città Vol III”, scritto con un altro grande pisantropo, Fabio Vasarelli, e trattasi della raccolta degli interessanti articoli che i due scrivono da anni sul Tirreno sulla millenaria storia pisana di cui ben pochi parlano.

Incuriosito da questo testo sul monumento l’ho letto e devo dire di averlo trovato completo, pieno di nozioni di carattere architettonico, storico, filosofico, religioso, matematico,  astronomico, riportate con un’ottima cifra stilistica dal punto di vista letterario mai banale o sciatta ma,al contrario, precisa, attenta, coinvolgente e accessibile a tutti da parte di un autore che ama il suo luogo natìo, molto probabilmente, quasi più di ogni altra cosa.

Così, sono andato a trovarlo per porgli alcune domande sull’argomento cui ha risposto con disponibilità e generosità già manifestate in altre occasioni.

Dottor Costanzo, direi di iniziare chiedendole un po’ di numeri riguardanti la nostra, amata Torre,  nonché sulla durata dei lavori.

“Va bene, le allungo questo foglietto con dati precisi, utilizzato per il libro, che può riportare”

Latitudine N 43,723018° ( 43° 43′ 22.8628″)

Longitudine E 20,396389° (10° 23′ 47.869″)

Altitudine Piazza del Duomo s.l.m. 6 metri

Altezza Torre 55,863  (80 : √2)

Inclinazione attuale circa 5,115°

Diametro medio esterno alla base 16 metri (80 : 5)

Distanza centri di fondazione Cattedrale-Torre 49,44 metri (80 : Φ)

Direzione rispetto al centro di fondazione della Cattedrale 123° 24’ (90° + 33° 24’)

Numero di scalini 294

Tre fasi costruttive per un totale di 177 anni

Chi progettò questo prodigio, non caso inserito, a suo tempo, tra le sette meraviglie del mondo, e come operò?

“È indubitabile che il progetto sia dell’architetto Busketo che concepì Cattedrale, Battistero e Torre. È la matematica che lo dimostra e i rapporti armonici tra le dimensioni, le distanze, le ampiezze dei monumenti. La fase realizzativa avvenne a distanza di anni. Il progetto del magister, fu portato avanti nei secoli da prudenti operai, come si evince dagli epitaffi sulla facciata della Cattedrale”.

Perché assunse quella forma storta che è stata la sua fortuna?

“La Torre fu fondata su un terreno pianeggiante e sgombro ove, però, scorreva nell’antichità un paleoalveo, uno dei tanti rami di Auser e Arno che si intersecavano. In poche parole fu fondata sull’argine inclinato di un antico fiume”.

Chi erano personaggi come Diotisalvi e Bonanno ed è giusto che siano messi in relazione con la Torre?

“Di Diotisalvi tutti ne parlano e nessuno ne sa niente. Attribuire a lui tutte le mirabolanti opere pisane è un errore. Fu magister? Ovvero praticamente il capomastro e progettista, un po’ l’architetto. L’epigrafe in San Sepolcro (ammesso che sia autentica), lo identifica, in realtà, come fabricator, il costruttore che si sporcava le mani al cantiere. C’è una grande differenza. E poi, fu monaco o fu laico? Se monaco, poté progettare solo opere per il suo cenobio. Se fu laico non poté operare per gli ordini monastici. Le regole nel medioevo erano severissime. Bonanno fu un bronzista, lavorò per i maggiori centri economici e culturali, ed è associato alla Torre solo per un “si dice”. Attribuire “natali nobili” è un brutto vizio, una pecca di cui molti storici e non, si sono macchiati.  Già Alessandro da Morrona nel XVIII secolo ammoniva gli eruditi a “non disquisire di cose che non conoscono”.

Con quali conoscenze si costruiva in quegli anni?

“Riporto una frase di Vitruvio. L’architetto «Deve essere abile nell’espressione scritta, esperto nel disegno, istruito nella geometria, deve conoscere alquanto di fatti storici, deve aver ascoltato con diligenza la filosofia, intendersi un po’ di musica, non deve essere digiuno di medicina, conoscere sentenze giuridiche, possedere conoscenza dell’astronomia e delle leggi che governano i fenomeni celesti». Non erano tuttologi, erano scienziati ante litteram”.

Cosa ci sa dire sulla storia degli altri stupendi monumenti della Piazza del Duomo?

“Che la storia dovrebbe essere conosciuta, mangiata e digerita da ogni pisano in primis. Solo appropriandosi delle nostre radici si potrà amare e difendere la piazza e Pisa tutta. Il Camposanto è il nostro Pantheon, andrebbe organizzata ogni giorno una caccia al tesoro, un gioco culturale alla scoperta di tutta l’arte che cela. L’ Ospedale è il quinto monumento della piazza. Chissà se riuscirà a diventare polo museale”.

Ci può raccontare com’è nato e cresciuto questo libro e quali fonti l’hanno aiutata durante la stesura?

“Il libro è nato dentro di me un paio di anni fa, stanco di leggere reiterate e acritiche note copiate e incollate su libri e siti internet. La torre ha molto da dire e soprattutto da smentire. Ho ovviamente letto le pubblicazioni pregresse. Ci sono siti come Academia Edu o Jstor o MGH dove si trovano le pubblicazioni di tutti gli accademici del mondo”.

Ci può accennare alla parte romanzata presente nella parte terminale della sua opera?

“Nessuno era presente all’atto della fondazione. Cosa avvenne? Solo affabulando è possibile dare un senso, tracciare una via, far dialogare gli attori, i personaggi storici come fossero qui, con noi, ora. Leonardo Fibonacci all’epoca dei fatti aveva 3 o 4 anni. Nel racconto, cade e si sbuccia un ginocchio. Storia vera? No! Verosimile, ma spero aiuti a comprendere le azioni di quei personaggi”.

Ci può dire qualcosa anche sull’ingegnere ucraino Michele Jamiolkowski, scomparso di recente,  che come affermò alla fine dei lavori ha garantito altri 3-400 anni al nostro amato monumento?

 “Che ebbe molti meriti, primo fra tutti quello di riuscire a concepire un lavoro che imponeva la multidisciplinarietà. La squadra che ha dato nuova vita alla Torre vedeva impiegati specialisti di moltissime materie. Oltre alle intuizioni scientifiche seppe tenere legato un comitato di professionisti, una figura di altissimo rilievo”.

Come vede il rapporto attuale tra la Torre, i pisani e i turisti?

 “Non lo vedo. Quando ero bimbo le famiglie pisane usavano passare ore liete in Piazza. Oggi i pisani non ci mettono piede, perché è invasa dal pullulare dei frettolosi turisti. La Torre è come una star del cinema. Non serve conoscerla, è sufficiente un selfie con lei, per poter dire “io c’ero”. La torre alimenta la fiera delle vanità di milioni di persone. È un rapporto da ricostruire da zero”.

Allo stato attuale le istituzioni preposte sono in grado di provvedere bene alla manutenzione del monumento tanto celebrato o crede che sia necessario fare altro?

 “La Torre è ben curata e custodita. Chi ha l’onere e l’onore di provvedere al suo benestare lo fa con competenza, rigore e massima competenza. La Torre è in buone mani”.

Ora, vorrei uscire fuori dall’argomento in questione per chiederLe qualcosa su questa sua passione per la storia cittadina: quando è nata e come si è sviluppata?

 “Forse la colpa o il merito è del mio nonno materno che leggeva, studiava, ricercava. Mi ha trasmesso il bisogno di sapere, la curiosità culturale, la passione. Se si ama la storia, è doveroso interessarsi alla storia di Pisa. Coltivo questo amore sin dalle scuole elementari e intendo coltivarlo”.

I suoi libri sono molto letti e Lei è sicuramente la voce più seguita in città riguardo alla storia cittadina e questo mi porta a domandarle che rapporto intercorre tra Lei e le altre importanti Istituzioni culturali pisane.

“Se io sono la voce più seguita, le istituzioni preposte alla divulgazione storica, alla diffusione della conoscenza hanno fallito. Non ho rapporti con l’Accademia che mi ha definito “uno storico da bar”. Però al bar, quelli di un tempo, la gente di incontrava, discuteva, imparava dalle esperienze degli altri. Nelle torri d’avorio, continua a far freddo e non ci entra nessuno e il risultato è che la storia non viene studiata, non viene amata, è vissuta come una materia ostile. Crescere senza conoscenza della storia è un crimine”.

Ultima domanda: come vede la nostra città in questo periodo storico rispetto ai lontani fasti ormai perduti?

“Riprendo il concetto esposto sopra. Senza conoscenza della storia siamo nulla e oggi Pisa è solo l’ombra di se stessa. Rispondo con le parole di Tucidide scritte nel V secolo a.C.  “Il mio racconto apparirà poco dilettevole, perché privo di finalità artistiche, ma mi basta che sia utile a quanti vorranno vedere con precisione i fatti passati e orientarsi, un domani, di fronte agli eventi, quando stiano per verificarsi, uguali o simili, in ragione della natura umana. Di Tucidide, al bar, ne parliamo spesso, è il nostro autore preferito”.

Ringrazio lo scrittore e mentre mi allontano mi dispiaccio, tra me e me, per non avere lo spazio e il tempo per fargli aggiungere altro su questo suo nuovo parto letterario. Ieri, poi, mentre passavo davanti allo storico Bar dell’Ussero, sul lungarno Pacinotti, ho ripensato che da li partirono gran parte degli studenti, nel 1848, per andare a combattere e morire a Curtatone e Montanara sulla spinta dall’amor patrio.

Subito dopo, per associazione libera, sono andato con la mente allo stupendo New York Cafè incontrato a Budapest dove fu aperto nel 1894 e di cui si narra che, il giorno dell’apertura, lo scrittore Ferenc Molnar gettò la chiave nel Danubio affinchè restasse sempre aperto per svolgere, così, quel ruolo attivo e determinante nella vita culturale ungherese ricoperto fino ai nostri giorni. E così è sempre stato in tutte le parti del mondo. I bar sono luoghi popolari d’incontro spesso importanti o persino decisivi su questioni importanti anche di natura politica, non solo posti per giocare alle carte o affogarsi in bicchieri liquorosi.

Ripensando, quindi, di seguito, alle parole di Costanzo, penso che sarei persino un pochino orgoglioso di essere definito “giornalista da bar”,  ma, al contrario, temo di rientrare, al massimo, in quelli da “sala da tè”, e neppure inglese notoriamente il migliore, con rispetto parlando dell’ambrata bevanda.

Certo, l’invito  rivolto a tutti noi cittadini di questa città dal meraviglioso passato perso nelle nebbie del tempo da parte dello scrittore affinchè si studi di più la sua storia per contribuire a renderla migliore, andrebbe seguito. In tale ottica mi permetto di suggerirvi di partecipare, per esempio, il 10 Agosto, ad un’altra presentazione del libro di Costanzo presso il Bagno Zara. L’evento ci chiama “Torre vista mare” e ivi l’autore dialogherà con l’assessore Paolo Pesciatini. A seguire ci sarà pure una cena con menu fisso a 25 euro. Per prenotazioni 342-1843648.

Pensiamoci tutti!

Guido Martinelli

 

Foto di Marco Castellano e  Guido Martinelli

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