Sinisa Mihajlovic, allenatore serbo ed ex calciatore, si è spento all’età di 53 anni. Ha avuto un legame importante con la Toscana avendo allenato la Fiorentina nella stagione 2010-2011. Ci piace ricordarlo con questo articolo, che ne evidenzia il lato umano e il pensiero, mai banale.

 

Luca Schieppati

Cosa ci lascia Sinisa Mihajlovic? Ne sentiremo tantissime, soprattutto ricordi pallonari, come è normale, ma secondo me l’insegnamento più importante è questo: Sinisa era un uomo “nonostante”. Allegro, come un matrimonio balcanico. Con tutta la miriade si sfumature che quell’allegria si porta dentro. Un uomo positivo e orientato sul domani, che ha sempre speranze, anche se diverse nei vari contesti. Ma esse ci sono state, sempre. Un uomo, positivo, “nonostante”.

Nonostante un’infanzia dura, economicamente. Nonostante la guerra in casa, letteralmente. Padre serbo e madre croata: immaginate mezza famiglia che vuole sgozzare l’altra metà, e tu che cresci in mezzo a quell’incubo; nonostante la guerra in sé, che nel Paese del ponte sulla Drina, sa essere feroce come in pochi posti al mondo. Nonostante la malattia che lo ha portato a morire, che lui non considerava l’inizio della fine, ma una nuova nascita. L’inizio di un nuovo modo di essere, di una nuova vita, da vivere pienamente, senza fasi condizionare e fermare.

A me la frase di Sinisa che ha colpito maggiormente è stata questa. Molto seria. Perdonerete la memoria, se non è esatta esatta. “L’Italia è un paese incattivito. Non c’è solidarietà, come nella mia Jugoslavia. Per fortuna qui sono tutti cattolici”. 

Quel “per fortuna” sottintende parecchio. Perché in Jugoslavia non lo erano. E non può non correre un brivido su e giù per la schiena, pensando che significa che è solo un colpo di fortuna che non siamo finiti in mezzo a una guerra fratricida, ma che i sintomi ci sono tutti.
Ecco, forse è meglio ascoltare Sinisa, che non aveva solo da insegnare come si tira una punizione di sinistro (cosa in comune con l’altro maestro di sport e di vita nella foto qui sotto)… Credo che questo. secondo me, sia il modo migliore di tenerne vicino il ricordo. Nonostante.

Foto in alto: Acf Fiorentina (Facebook)

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1 Comment

  1. Luca Schieppati Reply

    Non ho parlato dell’amicizia (personale) con Arkan.
    CI sono componenti di matrice calcistica, ma va ricordato che le guerre, nel mondo slavo, non sono ideologiche, ma di una matrice molto più antica, sono per il possesso della terra. Il che spiega il perché della ferocia. Sono antiche come il mondo dei Variaghi, dei Norreni (che poi noi chiamiamo genericamente Vichinghi), dei Mongoli, dei Turchi.
    E in queste guerre la terra è di chi la abita.
    Non importa molto se sei nazista o comunista, in questo contesto, importa chi ti difende e salva la tua famiglia. Spesso trovi milizie comuniste e fasciste da AMBO le parti.
    E non solo nell’ex Jugoslavia. Anche in Ucraina è così. I “nazisti” e i “comunisti”ci sono da ambo le parti: i marxisti internazionalisti stanno con l’Ucraina, i marxisti assolutisti con la Russia. Il leninisti con Keiv, gli stalinisti con Mosca.
    E i filonazisti ci sono con tutte e due le fazioni. La Russia schiera più di dieci milizie dichiaratamente nazionalsocialiste, i banderisti stanno con l’Ucraina.
    Bandera… Bandera è figlio dell’Holodomor. Per un Ucraino di fine anni Trenta, chiunque fosse nemico della Russia che aveva tentato il genocidio, è visto come il salvatore, quasi un Messia. Poi ti rendi conto di chi è, e (come Bandera) finisce che la Gestapo ti arresta.
    Stesso processo nella non slava Finlandia. Sfido chiunque a dirmi che Mannerheim fosse nazista. Eppure… L’alleanza era figlia della aggressione sovietica.
    Stesso discorso a rovescio per i nazi che scelgono la Russia. Cercano un Führer, uno che incarni lo spirito assoluto che guida la storia, un autocrate.
    Uguale il discorso in Serbia, Croazia, Bosnia, Kossovo cui bisogna aggiungere l’elemento isalmico-turco per capire il comportamento di Izetbegovic e degli Albanesi del Kossovo.
    Il Kossovo è “albanese” perché qualcuno è entrato e ha fatto fuori o scacciato i Serbi. Per i quali è naturale riprenderselo. La cosa va avanti da dopo il 1453.

    Appunto, un disastro.
    Questo contesto spiega come può esserci una amicizia senza condivisione degli ideali e dei crimini. E’ un mondo diverso, sono cose che da noi non possono esserci e fatichiamo a capirle. Ma è quello che ha salvato la tua gente, da uno uguale a lui e al contempo contrario.
    Per questo la frase di Mihailovic “per fortuna qui siete tutti cattolici” è importantissima.

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