Paolo Lazzari

Qualcuno l’ha già ribattezzato “L’antico caffè della Muraglia cinese”. A Lucca, del resto, sembra che in questi giorni non si parli d’altro. Per la città racchiusa nell’arborato cerchio, infatti, il Caffè delle mura – il maestoso edificio inaugurato nel 1832 che campeggia sul baluardo Santa Maria – è un’istituzione intoccabile. Una sorta di tempio che ha saputo accogliere generazioni di lucchesi contraddistinguendosi per un biglietto da visita inequivocabile: lo stile. Così, la notizia che la famiglia Barsotti – che ha ricevuto in concessione trentennale i locali (l’accordo scadrà nel 2039, ndr) – ha sottoscritto un accordo con un noto manager internazionale dagli occhi a mandorla, ha colto tutti di sorpresa. Non per il passaggio di consegne in sé – è chiaro – ma a causa di quella che rischia di diventare la nuova connotazione di un locale storico che, parola di Sauro e Massimo Barsotti, avrà nel suo menù anche il sushi.

Uno scenario che ha fatto rabbrividire molti lucchesi: l’opposizione ha sollevato un polverone di dimensioni cataclismatiche in Consiglio comunale, additando la giunta Tambellini come unica vera responsabile di quest’operazione che minaccia concretamente di sfasciare due secoli di tradizione. Lo storico immobile infatti è di proprietà del Comune, ma la risposta del sindaco è stata altrettanto eloquente: “L’amministrazione è contraria allo snaturamento di un locale storico e di immagine per la città”, ha dichiarato il primo cittadino, aggiungendo tuttavia di avere le mani legate perché “la concessione trentennale firmata dagli attuali gestori con la precedente amministrazione (quella guidata da Mauro Favilla, ndr) non ha previsto clausole efficaci affinché si possa procedere unilateralmente alla revoca”. Il Comune di Lucca, si specifica in una nota stampa “non può avallare questo scenario e resta comunque in attesa di una comunicazione ufficiale”.

Comunicazione che non tarderà ad arrivare: l’annuncio è previsto per venerdi sera. Il magnate cinese opera già da tempo nel campo della ristorazione: tra i suoi locali spicca anche il celebre Koi, a Firenze. Insomma, il dado ormai è tratto e sembra davvero che non ci sia nulla da fare. Anche se, in città, sono già in molti a sostenere che deve pur esistere un qualche appiglio giuridico per fare in modo che un bene pubblico non venga impegnato per un periodo di tempo così lungo, vincolando intere generazioni di lucchesi.

I gestori attuali, dal canto loro, affermano di non aver rilevato questo malumore da parte dei cittadini e rassicurano ricordando che continueranno ad affiancare il nuovo proprietario per un lungo periodo. “Abbiamo investito 1 milione e mezzo per restaurare tutto – dicono – e questo la città non dovrebbe scordarlo”.

In attesa dell’ufficialità, Comune e associazioni si preparano a verificare l’esistenza di cavilli e presupposti per una dura battaglia legale.

Paolo Lazzari

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1 Comment

  1. Francesco fasulo Reply

    Io sono contro l’economia di mercato.
    Se usiamo quella però non vedo quale sia il problema.
    Vince chi offre di più.
    Erano presenti altre cordate che offrivano le stesse cifre?

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