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Piero Pierotti: il Brasile, l’impegno nel sociale e il grande amore per il Pisa

Grazie a Internet l’abbiamo raggiunto in Brasile, dove si trova in questo momento e trascorre, ogni anno, alcuni mesi. Piero Pierotti, conosciutissimo dai tifosi del Pisa (e non solo), nato a Calci nel 1940, è in pensione dopo aver lavorato come amministrativo nelle Asl e, in seguito, come logoterapeuta presso alcune strutture private. Presidente dell’Associazione Italiana Balbuzie (Aibacom Onlus), ama scrivere ed è uno dei moderatori del gruppo Facebook “Io sto con il Pisa #popolonerazzurro” (quasi 22mila iscritti). Nella foto in alto è allo stadio dell’Atlético Paranaense, l’unico completamente copribile di tutto il Sudamerica. E con orgoglio indossa la maglia del Pisa.

Quante volte sei stato in Brasile?
La prima volta, nel 2001, venni con un amico, la moglie brasiliana e due amiche comuni. Abbiamo fatto un bel tour organizzato con tanto di voli interni: Rio de Janeiro, Salvador de Bahia, il Pernambuco con Recife, Olinda e Porto de Galinhas, Manaus, San Paolo e infine il Paranà: le Cascate di Iguaçù e Curitiba, la città in cui vengo da 18 anni.

Le spettacolari cascate di Iguaçù, nel Paranà, sul confine tra Brasile, Argentina e Paraguay

Qual è il legame che ti lega a quella terra?
La mia nonna materna, Ida, era nata a San Paolo del Brasile verso la fine del 1800 da una coppia di giovani emigranti, Eugenia e Livio Fascetti. Rimasero in Brasile, all’interno dello stato di San Paolo, lavorando nelle piantagioni di caffè. Non fecero fortuna, così tornarono in Italia quando mia nonna aveva 10-12 anni. Siccome mia madre mi mise al mondo
quando aveva 17 anni, praticamente mi ha allevato nonna Ida: ero il suo primo nipote ed ero il suo ‘occhio diritto’ come si diceva allora. Mi raccontava spesso del Brasile, di una terra vasta, strana, della gente gioviale, cordiale, premurosa… Anche il mio bisnonno, visto che morì quando avevo circa 17 anni, mi raccontò molte storie: anche lui era rimasto affezionato a quel Paese nonostante non avesse fatto fortuna. Tra l’altro mi disse che molte persone lo avevano
aiutato economicamente a fare ritorno in patria… Ne parlava insomma con rimpianto, considerando, la sua, un’occasione perduta.

Vai spesso in Brasile?
Ci vengo dai 2 ai 3 mesi ogni anno e solitamente rimango a Curitiba dove ormai – essendo libero dai molti impegni con l’associazione – ho più amici che a Pisa. Molti sono italiani che vivono qui e moltissimi i discendenti da italiani. Ho anche qualche impegno però piacevole: per esempio sono stato diverse volte chiamato a tenere lezioni di italiano presso l’Università Federale del Paranà e nel prestigioso Centro Europeu di Curitiba. Nel 2013 sono stato invitato anche all’Università Cattolica di Curitiba, alla Facoltà di Fonoaudiologia, per tenere una conferenza sulla balbuzie e presentare un libro che ho scritto qualche anno fa. Nel molto tempo libero faccio lunghe camminate (Curitiba è la capitale ecologica del Brasile ed ha il maggior numero di metri quadrati di verde per abitante). E poi serate con gli amici, pranzi e cene, partite di calcio, spettacoli…

Giardino botanico di Curitiba: una grande serra di due piani con molte piante anche dall’Amazzonia e un parco

È cara la vita?
Non è più economica come qualche anno fa, però il cambio è molto favorevole e quindi si spende poco. Io ho la fortuna di avere a disposizione un appartamentino di amici italiani e per vivere spendo meno che a casa mia. Col risparmio del riscaldamento, delle altre utenze, della macchina ferma pago abbondantemente il costo del viaggio, sempre meno di 100 euro da Pisa a Curitiba. Infine mi concedo qualche viaggione in pullman in alcune belle città del Sud del Brasile: Porto Alegre, Florianopoli, Camburiù, Ilha do Mel, Gramado… Sono stato anche a Laguna, la
cittadina del Santa Catarina dove Garibaldi conobbe Anita.

Parco di Colombo, comune vicino a Curitiba. Qui sono arrivati i primi immigrati italiani del Paranà. Il parco è dedicato agli immigrati e ha molte casette di legno in cui sono esposte foto, abiti e mobili rimasti intatti

Come si vive da quelle parti?
Ci vorrebbe un libro per descriverlo. Mi limito a dire che la gente è allegra, cordiale e anche premurosa. Qualche anno fa mi sono fratturato un polso e fui ingessato: non si può immaginare quanta gente sconosciuta mi fermava per strada o sui bus di città per chiedermi cosa mi era successo. I ricchissimi vivono benissimo e i poverissimi (sempre di più)
sopravvivono, quando ci riescono, vivendo di elemosina e dormendo sotto i portici. Il Governo Lula aveva deliberato un programma sociale chiamato “Bolsa Familia”, un contributo alle famiglie più povere per garantire la scolarizzazione dei figli. In pratica, coi guadagni scarsissimi dei lavori più umili, la gente ha smesso anche di lavorare e quei soldini servivano appena per sfamarsi. Inutile parlare qui della corruzione dilagante: il Brasile ha attraversato
qualche anno di boom economico ma quei soldi sono serviti ad arricchire i politici: le infrastrutture sono quelle di prima, con brutte strade, poche scuole e pochi buoni ospedali pubblici, specialmente nel Nordest. Per vivere tranquilli occorre potersi pagare una buona assicurazione sanitaria (che qui chiamano “plano saùde”) che è carissima e che solo i ricchi possono permettersi.

A Curitiba c’è un gruppo Facebook (Comunidade Italiana de Curitiba) con quasi 2000 membri. Ogni anno viene organizzata una bella festa (nella foto quella del 2017)

Ci puoi parlare un po’ del tuo lavoro attuale?
Ecco, questa è la domanda che più mi piace. Mi sono sempre occupato di balbuzie, un disturbo che ha segnato pesantemente la mia infanzia e soprattutto la mia adolescenza. Verso i 22 anni ho trovato la strada che, grazie al monto impegno e alla grande costanza, mi ha permesso di raggiungere una buona fluenza. Quando avevo 27 anni formai il primo gruppo di auto aiuto in Italia: con diversi altri giovani di tutta la Toscana ci incontravamo tutti i sabati pomeriggio a Empoli per scambiare esperienze ed esercitarci in compagnia. Fu molto importante quel periodo, per me e per molti altri ragazzi. Solo nel 1985 mi venne l’idea di formare un gruppo pisano e dopo altri due anni formammo la
prima associazione italiana. Nell’Aprile del 1987 organizzammo il primo congresso in Italia, l’anno dopo ottenemmo anche un’udienza speciale da Papa Giovanni Paolo II e iniziammo un’avventura difficile che dura ancora oggi. Ci vorrebbe troppo tempo per raccontare quanto abbiamo fatto di buono e magari sarei felice di poterlo fare se mi si darà un’altra occasione.

Lo faremo volentieri…
Oggi è difficile organizzare gruppi, incontrarci, discutere, organizzare… I giovani (e non solo loro) preferiscono stare con gli occhi fissi sullo smartphone e vivere sui social…

Cosa ti manca di più di Pisa quando sei lontano?
Di Pisa mi mancano molte cose: i familiari, gli amici, le partite a burraco… e il Pisa naturalmente! Mi manca anche un buon caffè ristretto, una sfoglia alla ricotta, un cornetto alla crema… Ma comunque mi adatto bene e poi so che presto torno a casa.

Il primo ricordo che hai di Pisa quando eri piccolo?
Mio padre era carabiniere e allora i rappresentanti dell’Arma venivano trasferiti spesso e abbiamo girato per mezza Toscana. Ricordo, anche grazie a una foto che ho a casa, io e mio fratello più piccolo di 4 anni, in Corso Italia: doveva essere il ’46 a giudicare dalla nostra immagine. Siamo magri, smunti, spauriti in mezzo alla strada. Per terra si vedono le rotaie del tram.

Mi sapresti indicare un pregio dei pisani?
Direi l’orgoglio per la propria città. Del carattere non saprei dire, forse la riservatezza: non sono invadenti, si fanno abbastanza gli affari propri.

E un difetto?
L’altro aspetto della riservatezza: ti calcolano poco, sono piuttosto freddi, quasi diffidenti. Ho abitato per sette anni in zona Cisanello, in un condominio di 30 appartamenti: ebbene con molti condomini non ci scambiavamo nemmeno il buongiorno e la buonasera se ci incontravamo in ascensore o sulle scale. Ovviamente sono pisano anch’io…

Ricordi la tua prima volta all’Arena Garibaldi?
Questo è un caso curioso: in casa mia nessuno si è mai occupato di calcio, inoltre dai 7 ai 15 anni ho vissuto a Coltano (allora non c’erano mezzi pubblici) e anche tra i miei coetanei non c’era modo di vedere partite, però seguivo il Pisa e anche il ciclismo sul giornale che ogni giorno mio padre portava a casa. Lo sport per me era il Pisa, Gino Bartali e la Mille Miglia quando passava sull’Aurelia e io correvo (2 chilometri a piedi) a vederla passare sotto il ponte di Mortellini. A 15 anni ci trasferimmo a Pisa e con la mia prima paghetta andai all’Arena, da solo, in Curva Nord. Eravamo in quarta serie ma non ricordo chi incontrammo né come finì quella mia prima partita. Poi ricordo un incidente al pullman del Pisa in cui si ferirono diversi giocatori e la retrocessione in Promozione. I ricordi poi diventano più nitidi e la prima partita che ricordo bene fu quella decisiva col Grosseto, allenatore Mannocci: era l’ultima partita di campionato col Grosseto primo e noi dietro di un punto. Vincemmo e ottenemmo la promozione. Penso che l’amore cominciò quel giorno e dura tutt’ora.

Il giocatore del Pisa che le è rimasto nel cuore? 
Difficile, devo aumentare il numero: il primo giocatore in ordine di tempo direi Gianni Bui, poi Enrico Cannata, infine Klaus Berggreen, ma ne mancano troppi…

E la partita?
Stesso discorso, ma potrei dire la famosa Paganese-Pisa, 0-1 con gol di Giorgio Barbana, il viaggio in treno, l’accoglienza dei paganesi coi garofani rossi, Romeo Anconetani sorridente che abbracciava tutti…

Com’è nato il tuo impegno su Facebook con il gruppo “Io sto con il Pisa”?
Si era rinnovato il mio amore per il Pisa grazie a Rino Gattuso, grandissimo uomo e ottimo allenatore checché dicano i bastian contrari. Mi iscrissi quasi subito al gruppo in quel clima indimenticabile e partecipai attivamente alle discussioni su tutti i post, cercando di rimanere tranquillo, smussando i commenti più accesi, invitando alla calma… Scrissi anche delle cose carine anche se non toccherebbe a me dirlo, ma gli amministratori storici del gruppo – un
grandissimo gruppo voglio ricordarlo e non solo per il numero di iscritti – ebbero il coraggio di propormi la “promozione”: ne fui felice e onorato. Trovo che un gruppo con oltre 22.000 iscritti abbia potenzialità enormi, a molti ancora non chiare.

C’è mai stato un momento in cui hai detto “chi me l’ha fatto fare”?
Di fare l’amministratore del gruppo? Beh, è un bell’impegno ma mi dà anche tante soddisfazioni: aver conosciuto gli altri amministratori, persone in gamba con cui si è stabilito un ottimo rapporto; aver conosciuto anche personalmente molti altri tifosi, belle persone che non avrei mai avuto l’opportunità di incontrare; infine il poter parlare, sia pure saltuariamente e con grande discrezione, della mia associazione che avrebbe bisogno di maggiore visibilità.

Piero Pierotti con il portiere della Chapecoense Nivaldo, miracolosamente scampato alla tragedia del 2016

Piero Pierotti nella casa di Anita Garibaldi a Laguna

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Giornalista.

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