Tra le innumerevoli storie criminali che in questi ultimi anni hanno colpito e interessato un pubblico sempre morbosamente attento agli eventi criminosi, reali e fittizi che fossero, la decennale vicenda del cosiddetto “mostro di Firenze” riveste un ruolo primario. Anche se il processo ai “compagni di merende” pareva e poteva aver dato una risposta definitiva, l’interesse sul caso non si è certo placato.
Al Salone del libro di Torino ne hanno parlato l’avvocato Roberto Taddeo e il consigliere parlamentare del Senatob nonché anch’egli avvocato Daniele Piccioni, curatori e scrittori del libro “Il labirinto del mostro di Firenze”, edito da Mimesis per la collana “Le notti della Repubblica”, insieme al medico ematologo Daniele Iovino e con la supervisione della parlamentare e avvocato Stefania Ascari. Ha moderato l’incontro con attenzione e precisione la giornalista nonchè esperta di social network, definitasi pure “mostrologa”, Serena Mazzini.
La corposa opera, una delle tante su questo argomento, consta di 600 pagine che raccontano in modo accurato la storia del mostro iniziata nel 1968 nelle campagne toscane, attraverso documenti ufficiali, testimonianze e scritti di vari autori coinvolti a diverso titolo nella vicenda.
Una storia complessa, intricata, misteriosa, che pare uscita dalla fertile mentre creativa di un esperto sceneggiatore di crime story e che, come afferma con acutezza nella prefazione il noto giornalista televisivo d’inchiesta Sigfrido Ranucci, dice molto “sul rapporto tra media e opinione pubblica” e pare persino utile “ per tracciare un profilo sociologico dell’Italia uscita dal dopoguerra”.
La posizione di Ranucci è stata confermata durante l’incontro dai due autori sottolineando come i mass media, durante il processo indiziario contro Pacciani e gli altri “compagni di merende”, abbiano più volte tracciato un quadro degli indiziati molto edulcorato al punto di poter indurre il pubblico a valutazioni indulgenti nei loro confronti.
La vicenda, nonostante i tre gradi di giudizio del processo possano indurre a tracciare una definitiva parola fine, presenta ancora evidenti e inquietanti zone d’ombra. Durante la stesura del libro i documenti evidenziati hanno, a volte, dato l’impressione agli autori di sfiorare quella verità che da decenni pare talvolta a portata di mano prima di sfuggire come una sgusciante anguilla alla salda presa dei suoi pescatori.
Secondo i due autori le prove a carico degli imputati del processo, ovvero Pacciani e gli altri compagni di merende, sono schiaccianti, ed entrambi ritengono poco attendibili anche altre nuove teorie come la recente sul fantomatico “Rosso del Mugello”. Taddeo ritiene che quest’ultima supposizione, uscita pochi mesi fa in tv nel programma Rai Far West, si basi sull’interpretazione errata di un documento in cui la parola “capelli rossi” riferita ad una persona, portava verso questa nuova direzione, ma in realtà
sia frutto di un errore perché in quel documento si parla, in realtà, di capelli “mossi”.
Il libro si mostra interessante e meritevole di attenzione anche se la storia che narra temo che sarà ancora frutto di ulteriori, infinite dispute, illazioni e altre proposte letterarie.
Guido Martinelli
