Ilaria Clara Urciuoli

Non un palco ma bosco e ruderi hanno accolto venerdì scorso a Montiano (Magliano in Toscana) la Medea per il primo dei tre appuntamenti de “Le vie del Mito“, il progetto realizzato dal Teatro studio di Grosseto e sostenuto dalla Fondazione CR Firenze con l’obiettivo di tornare a far vivere luoghi ricchi di storia e talvolta dimenticati attraverso un teatro site-specific, che quindi su quei luoghi si adatta e di cui quei luoghi sono cassa di risonanza. Così è stato per la Canonica di San Niccolò a Montieri, spazio conservato nei secoli dal bosco e riscoperto grazie all’affiorare della storia sotto forma di ossa e cocci, uno spazio situato a pochi chilometri dal centro del paese rivelatosi agli archeologi un unicum sebbene resti sconosciuto ai più, come poco noto del resto è l’attuale abitato che si colloca tra Massa Marittima e Siena.

Lì gli scavi, iniziati nel 2008, hanno portato alla luce i resti di diversi edifici tra cui una particolarissima chiesa a pianta circolare con sei absidi che ne delineano l’intero contorno: una forma in uso più nelle regioni del Caucaso che in Italia dove l’unico altro esempio rinvenuto risale all’epoca romana. Adiacente alla chiesa si trova una stanza in cui sono stati rinvenuti i resti di un corpo che ha permesso agli archeologi non solo di avere una datazione (X/XI secolo) ma anche una narrazione che ora non svelo affinché possiate trovarla approfondita nei prossimi giorni.

Questi e gli altri edifici rinvenuti (la residenza dei monaci, il laboratorio del fabbro, la sala di rappresentanza, il cimitero) ormai solamente immaginabili in virtù dei muri perimetrali alti non più di un metro, sono stati lo sfondo sul quale si è consumata la tragedia della straniera, della donna, della moglie e madre Medea. Lei che dalla Colchide (dove non era donna qualunque ma figlia del re) ha seguito un amore impostogli da divinità mosse da interessi superiori che non il bene e la felicità dell’uomo, lei ha rinunciato alle radici, che lei stessa ha tagliato tradendo il padre, uccidendo il fratello per aiutare Giasone, l’uomo giunto a quella terra lontana per recuperare il vello d’oro, l’uomo che promette spergiuro o inconsapevole della sua natura, l’uomo che la porterà con sé, tra quella gente greca che barbari e rozzi chiama coloro nel proprio koiné non si riconoscono.

Per ricostruire questo pregresso taciuto dal testo di Euripide il regista Mario Fraschetti ha proposto una scena (saggiamente ambientata tra gli alberi del bosco e non negli scavi) tratta dalle Argonautiche di Apollonio Rodio che ricostruisce un tessuto fondamentale per la comprensione del personaggio. Questo tessuto viene più volte ripreso durante lo svolgimento della tragedia euripidea con l’obiettivo, raggiunto, di fare da eco all’intimo strazio della donna ripudiata (ma anche delle altre donne che altri drammi vivono). Medea, pure sapiente e coraggiosa, per l’ambizioso marito non può competere con la figlia di un re. Sola, dunque, come sola può essere colei che vive con i tanti vincoli una vita “alla greca”, ma che greca non è e quindi è priva anche di quei legami costruiti nell’epoca felice dell’ingenuità bambina, questa figura nera cammina sul filo che divide lucidità e follia, coraggio e rassegnazione. Una messa in scena dominata dalle donne (Medea, la nutrice, la principessa nuova moglie di Giasone) e dal loro mondo interiore, che i richiami esterni alla scena principale rendono al pubblico con lampante drammaticità.

I prossimi appuntamenti, tutti diretti da Mario Fraschetti, vedranno in scena altre due opere ascrivibili al mondo greco: “La pace”, un adattamento dalla commedia di Aristofane, e l’Iliade che si terranno rispettivamente il 29 luglio al Santuario di San Giorgio di Montorgiali e il 12 agosto alle Cave da Romano (Riserva naturale regionale Cornate e Fosini) di Gerfalco, ambedue in provincia di Grosseto. Prima degli spettacoli (gratuiti) è prevista un’escursione della durata di 30 minuti con una guida che farà apprezzare il valore dei luoghi proposti e a seguire un momento di convivialità offerto da un aperitivo finale.

Ilaria Clara Urciuoli

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