Prese il pallone fra le mani, lo lasciò andare e gli assestò un forte calcio facendolo finire così in alto che a stento riuscivo a vederlo in cielo, da tanto era salito su. È questo uno dei primi ricordi che ho della Cittadella, il bellissimo parco giochi che frequentavo da bambino. A tirare il calcio al pallone era il mio babbo, che dopo il lavoro ogni tanto veniva a farsi un giretto al parco. Ricordo che quando fece questo tiro eravamo nel campo da gioco grande, quello a undici, con l’erba così ben curata che sembrava di essere a Wimbledon. Io provavo un certo imbarazzo perché sapevo che lì non potevamo stare a giocare e che ogni volta che Gastone, Zampone e Pagano (alcuni dei volontari che lavoravano alla Cittadella) ci beccavano, gli urli e i rimproveri a noi ragazzi erano assicurati. Li giocavano squadre vere, con divise, arbitro e tremende pallonate. Ricordo che una volta, mentre guardavo una partita seduto sui gradoni di cemento a bordo campo, me ne arrivò una addosso che mi fece un gran male. Noi bambini della Cittadella ci accontentavamo del campetto adiacente, con l’erba che faceva capolino solo ai lati e le porte più piccole. Ma era pur sempre un campo da gioco tutto per noi.

Alla Cittadella potevamo giocare e divertirci quanto volevamo, in un luogo sicuro, protetto e pulito, con degli adulti che sorvegliavano in modo discreto e se qualcuno sgarrava intervenivano prontamente. Mia mamma un giorno mi raccontò che un adulto, al di là della rete di recinzione che separava il Parco dalla zona della piscina abbandonata, lì vicina, aveva compiuto dei gesti di esibizionismo richiamando l’attenzione di alcuni bambini e toccandosi i genitali. Segnalato ciò che stava accadendo era subito intervenuto uno dei custodi. E così altre volte.

Oltre al campo di calcio grande e quello più piccolo, c’era una bella pista da pattinaggio, il bar, gli spogliatoi, un campo da tennis in cemento e una chicca per i più piccoli (e i rispettivi genitori): il Parco Robinson. Una vera e propria pineta-giardino con tanti giochi e una bellissima casetta di legno a due piani che solo a vederla era uno spettacolo, tanto era curata nei particolari, con la porticina, le finestre e il tetto. Nello spiazzo in cemento che confinava con le antiche mura pisane, dietro al Robinson, per qualche anno ho visto anche due vagoni di un vecchio treno. Non so perché si trovassero lì, ma avere un treno vero e proprio su cui poter giocare era fantastico.

La Cittadella era un’area demaniale in stado di abbandono, una delle zone più malfamate della città, che Padre Renzo Spadoni, della vicina parrocchia di San Nicola nel 1972 si fece assegnare per offrire un luogo di svago all’aperto a tutti i ragazzi della zona, e non solo. Una porzione di quello spazio era rimasta in stato di abbandono, con i detriti dell’ex piscina comunale realizzata tra la fine degli anni Sessanta e Settanta per compiere alcuni esperimenti alla Facoltà di Ingegneria. Ogni tanto vi venivano organizzate le feste dell’Unità, oppure periodicamente arrivava il circo o il Luna Park. Ma passati gli “eventi” il degrado tornava a imperversare in quella landa desolata. La porzione gestita da Padre Renzo, invece, circa 14mila metri quadrati, era un vero e proprio fiore all’occhiello. L’energico padre agostiniano si era dato parecchio da fare per farsela assegnare dallo Stato, dando vita al “Centro Ricreativo Cittadella”. La teneva curatissima (piante, recinzioni, rete idrica, illuminazione, fognature) e perfettamente funzionante grazie al lavoro certosino di un gruppetto di volontari: tra i tanti ricordo Sergio Barandoni, i cui figli Stefano e Claudio avevo conosciuto nei Piccoli Cantori di San Nicola, e alcuni energici e simpatici pensionati dell’Aeronautica militare che vivevano nelle palazzine vicine all’ingresso del parco, in via Nicola Pisano. Una zona, quella, che è sempre stata borderline: verde e bella ma per anni inspiegabilmente abbandonata a se stessa e quindi luogo di degrado e miserie umane. Fino a che padre Renzo, grazie alla sua intraprendenza, riuscì a trasformarla in un’oasi felice.

Poco fa, sentendo forte il desiderio di rivedere i luoghi della mia infanzia, sono tornato alla Cittadella. È stata un’esperienza molto triste. La natura ha preso il sopravvento: erba incolta, alberi in stato di assoluto abbandono, rovi, macerie, sporcizia e i segni che la zona a lungo è stata e forse è tuttora, quando fa caldo, rifugio di sbandati e tossicodipendenti. L’unica cosa che è rimasta intatta sono le gomme delle auto piantate in terra, al Parco Robinson, posizionate lì per far divertire i ragazzi simulando un percorso di addestramento militare, col rischio di scivolare sempre in agguato e i “trucchetti” per restare in piedi conosciuti solo da pochi.

“Almeno gli spogliatoi li hanno abbattuti”, mi racconta soddisfatto un uomo che vive lì vicino. “Li usavano come bagni e, specie d’estate, dal cattivo odore che arrivava non potevamo più tenere le finestre aperte”. E pensare che quei bagni, così come gli spogliatoi, li ho visti ben puliti, pieni di vita e con l’odore di canfora, simbolo olfattivo del calcio di una volta. Ora neanche più le macerie sono rimaste. Solo una piccola statua della Madonna, posta alla sommità di una colonna, è ancora in piedi. Segnale di speranza per chi crede. E che dire del baretto in cui ricordo di aver preso decine di gelati e bicchieri di Spuma o Coca Cola, che il buon Gastone versava con sapiente maestria. Mi sembra ancora di sentire la frescura che si provava quando, belli accaldati ed estenuati dalla corse, raggiungevano quell’angolo all’ombra per cercare ristoro e qualcosa da bere che non fosse acqua. Quella c’era ma volevamo qualcosa di più fresco e gustoso, e con duecento lire un bicchiere di Coca era assicurato. Triste vedere le panchine divelte, così come la pista di pattinaggio, talmente malridotta da ricordare gli effetti di un bombardamento. Si scorge ancora bene il rettangolo e il cemento chiaro del pavimento. E mi pare di avvertire ancora il rumore di chi sbatteva coi pattini sulle sponde di legno, o quello di chi, imparando a muoversi sulle rotelle, appoggiava in modo pesante i pattini, aggrappato alla ringhiera, tentando qualche timido slancio in mezzo alla pista, dove sfrecciavano quelli più bravi.

La cosa che più mi ha colpito, in questo mio ritorno alla Cittadella a distanza di circa 30 anni, non è stato il degrado, e nemmeno le macerie e la sporcizia. Mi ha colpito che non ci sono le urla dei bambini, le voci delle mamme, le parolacce, i pianti, le risate e, a volte, anche le bestemmie. Solo un silenzio di tomba, quasi irreale. Non c’è più vita alla Cittadella. Si sente solo qualche cane abbaiare, in lontananza, nella zona al di là della rete dove gli animali vengono portati a scorrazzare dai loro padroni.

Che bello sarebbe riportare la vita in un luogo come questo, così verde e vicino al centro della città. Per farlo non servono solo soldi ma anche idee, passione e buona volontà. Quegli stessi ingredienti che permisero a Padre Renzo di creare un luogo davvero magico, rimasto nel cuore di centinaia di bambini che hanno avuto la fortuna di poterci giocare.

4 Comments

  1. Antonio C. - Pisa Reply

    Bella la mì cittadella …
    bella dscrizione
    e chi ha vissuto quei luoghi sa che era proprio così.
    grande nostalgia

  2. La descrizione accurata mi ha fatto riaffiorire parte dei ricordi della mia infanzia passata alla Cittadella,che come hai ricordato te, Padre Renzo aveva creato un vero e proprio Parco dei divertimenti dove Famiglie intere passavano la settimana in questo posto pulito e curato nei minimi particolari.Anche le mie prime esperienze calcistiche sono iniziate qui .Ho dei ricordi bellissimi di questo posto come ne ho della persona cheaveva reso possibile tutto questo.Purtroppo le amministrazioni che si sono susseguite nel tempo hanno fatto si che questa bellissima oasi del divertimento diventasse proprieta’ di tossicodipenti e discariche abusive.Se non mi sbaglio tutti gli anni venivano celebrateanche le Feste dell Unita’(i soldi delle feste sarebbero potuti servire per mantenere il posto invece che sparire nelle casse del partito del Popolo).Ma come tutte le cose belle poi finiscono ed ecco che la Cittadella non esiste piu’.Che peccato

  3. Che bei ricordi di quel luogo e Padre Renzo persona speciale

  4. Renato Sacchelli Reply

    Tanta gioia sentivo nel mio cuore quando vedevo il mio piccolo bambino giocare felice in quello spazio di terra chiamata Cittadella, che vorrei fosse ben tenuta e riportata ai suoi primi splendori di un tempo passato, con le vasche per il nuoto.
    Anch’io ricordo quel forte calcio che diedi al pallone che lo fece arrivare alto nel cielo. Voglio sperare che un giorno, non lontano, i ragazzi pisani possano ritornare felici a giocare alla Cittadella, munita di tutte le attrezzature necessarie ed anche delle vasche per nuotare.
    Renato, il babbo di ORLANDO.

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