Roberto Riviello

Mercoledì 11 maggio, nella sala Zuccari di palazzo Giustiniani a Roma, il presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, insieme al ministro della Cultura Franceschini e ad altri importanti relatori, celebreranno il cinquantesimo dall’elezione in Senato di un illustre fiorentino, certamente uno dei personaggi più significativi della storia italiana del secolo scorso: Giovanni Spadolini.

Nato a Firenze nel 1925, figlio del pittore macchiaiolo Guido Spadolini, Giovanni si laurea in giurisprudenza ed inizia subito a seguire la sua prima vocazione, il giornalismo, collaborando con Il Messaggero diretto da Mario Missiroli e poi con Il Mondo di Mario Pannunzio e il Borghese di Leo Longanesi. A 29 anni diventa direttore del Resto del Carlino e, a partire dal 1968 fino al 1972, del Corriere della Sera. Continuerà ad essere giornalista fino alla morte, nonostante gli altri impegni accademici e politici, collaborando con La Stampa di Torino. Sempre in quest’ottica non va dimenticata la sua attività a favore della rivista culturale Nuova Antologia, nata durante il Risorgimento, che Spadolini diresse riportandola alla grandezza delle origini e per la quale volle poi creare una apposita Fondazione.

Autentico uomo di cultura, appassionato di storia italiana e fiorentina in particolare, esordisce con “Il ’48, realtà e leggenda di una rivoluzione”, a cui segue “Il papato socialista” nel quale esamina criticamente la posizione della Chiesa nei confronti della questione sociale. Ed è grazie a queste sue opere giovanili che nel 1950 viene chiamato presso la Facoltà di Scienze Politiche di Firenze ad assumere l’insegnamento di Storia moderna II, che dieci anni più tardi diventerà la prima cattedra di Storia contemporanea in Italia.

I suoi corsi universitari sono inizialmente dedicati alle opposizioni (laica e cattolica) nello Stato italiano post-unitario, e diventano presto pubblicazioni: “L’opposizione cattolica da Porta Pia al ’98”, “I radicali dell’Ottocento”, “Giolitti e i cattolici”. Insieme allo studio dell’Italia moderna, Spadolini approfondisce la storia dell’amata Firenze con “La storia fiorentina”, poi ampliata nel 1977 nell’opera “Firenze mille anni”, e con “Firenze capitale d’Italia”. Sempre dedicate alla storia e alla civiltà fiorentina, pubblica: “Fra Vieusseux e Ricasoli”(1982), “Firenze fra ‘800 e ‘900″(1983), “La Firenze di Gino Capponi fra restaurazione e romanticismo”(1984), “La Firenze di Pasquale Villari”(1989).

Ci sarebbero da ricordare ancora numerosi altri suoi libri, come quelli dedicati allo storico Luigi Salvatorelli, ai suoi maestri liberali Croce e Gobetti, al Mondo di Pannunzio. Qui ci limitiamo a citare “Gli uomini che fecero l’Italia” che, dopo numerose edizioni di successo, venne stampato definitivamente nel 1993 in un unico volume di quasi mille pagine, e che Spadolini definì “il compendio della mia vita”.

Nel maggio 1972, esattamente cinquant’anni fa, si tennero le elezioni anticipate e Indro Montanelli rinunciò alla candidatura al Senato della Repubblica offertagli da Ugo La Malfa, suggerendo di candidare al suo posto l’amico Giovanni Spadolini, che fu eletto senatore come indipendente nel Partito repubblicano italiano. Iniziò così la sua brillante carriera politica: nel 1981 diventò il primo presidente del Consiglio dei ministri non democristiano, e nel 1991 fu nominato senatore a vita dal presidente Francesco Cossiga per gli altissimi meriti raggiunti nel mondo della cultura e della politica. Fu presidente del Senato dal 1987 al 1994, quando venne riproposto per un secondo mandato ma risultò sconfitto per un solo voto. E morì nello stesso anno, a Roma, il 4 agosto.

Tutto il suo archivio, che testimonia la notevole attività da lui svolta come giornalista, storico e uomo politico, è attualmente conservato nella bellissima villa di Pian dei Giullari, il luogo che sicuramente ha amato di più e che oggi è opportunamente aperta al pubblico.

Vorrei concludere con una piccola testimonianza personale: quando alcuni anni fa visitai la villa di Spadolini sulle colline fiorentine, rimasi molto piacevolmente colpito perché, accanto ai doni ricevuti da personaggi come Ronald Reagan e la regina Elisabetta, egli aveva conservato e incorniciato i disegni originali delle celebri vignette che Forattini gli aveva dedicato durante gli anni della sua vita politica. Evidentemente il grande uomo sapeva anche ridere di se stesso.

Roberto Riviello

 

Foto: Wikipedia

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