Nove operai, cinque provenienti dall’Africa e quattro dalla Cina, in uno stabilimento di Prato venivano costretti a turni massacranti di almeno 12 ore di lavoro, senza neanche il riposo settimanale. Il tutto per neanche due euro all’ora di paga, senza alcuna tutela sindacale, dovendo utilizzare macchinari sprovvisti degli idonei dispositivi di protezione individuale. Questo quadro desolante è emerso da un’indagine condotta dalla Guardia di finanza e dalla polizia municipale di Prato: nei confronti di tre persone di nazionalità cinese sono scattate le manette (ai domiciliari) con l’accusa di sfruttamento della manodopera.

L’indagine è partita dopo la segnalazione fatta da un giovane cittadino nigeriano, con regolare permesso di soggiorno per motivi di protezione internazionale, ospitato in un centro di accoglienza straordinario. Era stato assunto da una ditta di confezioni in via Toscana a Prato, gestita di fatto, secondo le accuse, dai tre soggetti (due sono coniugi) finiti nei guai per sfruttamento. Passati alcuni mesi, stufo delle condizioni di lavoro pesantissime il giovane nigeriano si è licenziato e si è rivolto allo Sportello immigrazione del Comune di Prato. La sua segnalazione è stata girata alla procura. Da lì gli uomini della Guardia di finanza e della polizia municipale hanno indagato, facendo luce sulle condizioni in cui si trovavano i compagni di lavoro del nigeriano: questi ultimi non hanno collaborato alle indagini temendo di poter essere licenziati. Gli africani, tutti richiedenti asilo, sono ospitati in due Centri di accoglienza straordinaria (Cas) di Prato e Poggio a Caiano (Prato). Stando a quanto appurato dalle forze dell’ordine i responsabili dei Cas non si sarebbero accorti che i richiedenti asilo loro ospiti lavoravano tutto il giorno e, proprio per questo, erano assenti per lunghe ore dal centro che li ospitava.

“Esiste a Prato, ma non soltanto, un problema di sfruttamento lavorativo e il Comune di Prato, insieme con le altre istituzioni, se ne fa carico”, ha detto il sindaco di Prato Matteo Biffoni. “Le istituzioni di questa città combattono ogni giorno contro questo reato infame con strumenti che tutelano chi denuncia e, come dimostrato, non si limita ad enunciarlo, ma lo fa con i fatti. L’operazione Venus Ark, per la quale mi complimento con la Procura della Repubblica di Prato, la Polizia Municipale e tutti gli enti coinvolti, ne è una riprova: lo sportello antisfruttamento del Comune di Prato funziona – aggiunge Biffoni – Chi vive una condizione di sfruttamento lavorativo può e deve denunciare, perché la legge tutela chi denuncia e, se ce ne sono le condizioni, scatta il sistema di sanzione di chi viola le regole e di tutela delle vittime”.

“Questa è un’indagine emblematica del famoso sistema Prato – ha detto il procuratore Giuseppe Nicolosi –, è più facile investigare su una rapina che su un fatto complesso come lo sfruttamento nonostante la nostra sia una procura attrezzatissima contro questo tipo di illegalità. Non credo in Italia esista un ufficio strutturato come il nostro per fronteggiare e contrastare gli illeciti nel mondo del lavoro”. Il procuratore ha poi reso noto che “nessuno degli operai sfruttati ha accusato i titolari, totale la loro reticenza”.

Foto: notiziediprato.it

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