Doady Giugliano

Con la recente scomparsa di Roberto Salvini, titolare dell’omonima “baracchina” alle Piagge, Pisa perde almeno 70 anni di storia. Si deve proprio a Roberto, che ha rappresentato la seconda generazione di una famiglia di imprenditori di successo, la svolta epocale di quello che sarebbe poi diventato, per altri decenni, un locale cult. Dell’originario chiosco per la vendita del latte già il capostipite Gino aveva intuito le potenzialità, con quella bella location sull’Arno immersa nel verde, avviando i primi ampliamenti.

Il “ci vediamo dal Salvini” è stato per oltre mezzo secolo la parola d’ordine di intere generazioni. Il boom si registra dai primi anni ’70, per poi calare alla fine del secolo scorso. Sedersi sul muretto antistante lo chalet era divenuto quasi un rito soprattutto per i giovani, a tutte le ore del giorno e soprattutto della sera, o meglio della notte. Qui infatti si tirava a far tardi, e senza ombra di dubbio possiamo dire che qui è nata quella che oggi viene chiamata movida. Con un solo distinguo, i ragazzi di allora, probabilmente complice l’energia naturale del “tempio”, tenevano sempre un comportamento consono all’ambiente e all’occhio vigile del buon Roberto. Ed è per questo, che nel giro di poco tempo, il locale richiamava molteplici tipologie di avventori, anche intere famiglie, specialmente quando il caldo estivo consentiva pause rigeneranti per grandi e piccoli; per questi ultimi era stato attrezzato un piccolo parco giochi, con tanto di minipista con automobiline elettriche.

Descritto in questi termini il “Salvini” poteva sembrare un pezzo di Paradiso in terra. In verità gli umori e soprattutto gli ormoni dei più giovani, hanno dato vita a situazioni, talvolta ironiche, altre un po’ meno, quasi sempre stemperate dal gestore e dal personale. Del resto un locale può definirsi “vivo” solo se anche i suoi avventori lo sono. E di vita, vi assicuro, dal Salvini ne è passata talmente tanta da poter scrivere un’intera collana di romanzi di vario genere, soprattutto d’amore, perché specie i maschietti lo bazzicavano per “cacciare”, sovente poi, trasformandosi i prede più o meno felici, rivisti qualche anno dopo con anello al dito e moglie col pancione. In questa sorta di “riserva di caccia”, non era raro assistere anche a qualche scenetta di gelosia, con tanto di accuse al presunto o vero cornificatore/cornificatrice, aggrediti verbalmente anche dalle opposte fazioni.

In questa “collana romanzata” dovremmo inserire anche la specie del “galletto millantatore”, ovvero colui (sempre i maschi a farsi grandi) che ostentavano conquiste narrando al “popolo ammirato” le performance da kamasutra eseguite con questa o con quella tipa, rigorosamente “beccata” in loco. Una sera ho assistito personalmente ad una scenetta che ha causato la perdita di cresta e penne ad uno di questi soggetti. Mentre il tipo in questione stava descrivendo con dovizia di particolari boccacceschi la sua ultima prestazione effettuata con successo con una ragazza carinissima di cui però poco gentilmente forniva le generalità: la “conquista” in questione che era dietro il gruppetto, appena sentito nominare il suo nome se ne uscì con una frase regale, ben sentita da tutti: “Scusami, Casanova, ma tutto questo sesso con me quando si sarebbe consumato?”. Naturalmente il “galletto millantatore”, così facilmente trasformato in pollo, cambiò frequentazioni perché dal Salvini nessuno lo rivide più.

Nella “collana” editoriale c’è posto anche per la nostalgia. Un caro amico mio, frequentatore assiduo, era partito da qualche giorno per gli Usa dove avrebbe dovuto rimanere per qualche mese. Mentre dal Pianobar della terrazza, si suonava e cantava “Uomini soli” dei Pooh, mi vibra il cellulare. Era lui, ma sentendo la canzone, non riusciva neppure a dirmi “ciao” tanto era la commozione. Insomma, il “Salvini” è stato anche un grande e perfetto antidoto per tristezza e solitudine. Cosa che adesso, noi, sopravvissuti avventori dei tempi d’oro, proviamo quasi quotidianamente.

Doady Giugliano

 

Foto in alto: Luca Quintavalli

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