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La Pergola, le antipatie politiche e i conti da far quadrare

- Politica, Primo piano
2 Luglio 2025

Siamo un Paese che finanzia film mai prodotti (Francis Kaufmann, indagato per la morte di una donna e una bambina a Villa Pamphili, Roma, avrebbe incassato per nulla quasi un milione di euro), che dunque con il meccanismo del tax credit foraggia gli imbroglioni, ma che poi taglia il sostegno ai teatri, vedi il caso del Teatro della Toscana, il cui capofila è il teatro La Pergola di Firenze. Il motivo di questa ultima scelta? Il declassamento, dovuto a una programmazione ritenuta non adeguata unita ai conti non buoni.

Si profila, dunque, un futuro da Teatro nazionale a Teatro della città, categoria inferiore, che equivale a “meno soldi”. Probabilmente il Teatro della Toscana chiederà che il proprio caso venga riesaminato al ministero della Cultura, e forse verrà presentato anche un ricorso al Tar. Staremo a vedere cosa accadrà.

Di certo dietro al declassamento c’è anche un problema politico, è inutile girarci intorno. Il direttore artistico del teatro, Stefano Massini, è inviso alla maggioranza di centrodestra. E se così non fosse probabilmente avrebbe avuto qualche occhio di riguardo in più.

Nelle tre realtà che compongono il Teatro della Toscana (Pergola, teatro Era di Pontedera e teatro di Rifredi) lavorano una novantina di 90 persone, la metà dei quali sono stagionali (addetti alla biglietteria, e personale di sala). Non stiamo parlando di grandi numeri (e grandi sprechi). Ma veniamo alla gestione artistica: a fronte di 4 milioni e 848mila euro di contributi pubblici, gli incassi frutto della vendita di biglietti, abbonamenti e produzione (e conseguente vendita) di spettacoli è stata meno della metà. Il bilancio del 2023 si è chiuso con il segno rosso (1,8 milioni di euro) a cui si devono aggiungere debiti con le banche per 5 milioni di euro. Le cose sono andate decisamente meglio l’anno scorso, con un bilancio in pareggio, o quasi, grazie anche soprattutto alle risorse pubbliche che sono state pompate e a qualche taglio.

Guardando al futuro, per il 2025 i soci (privati e pubblici) avevano preventivato un bilancio di 7,5 milioni, ma chi gestisce la fondazione ne ha presentato uno che superava i nove milioni, che è stato respinto. Ecco, dunque, dov’è la radice del problema. Ci possono essere antipatie politiche, ma sicuramente con un bilancio più roseo sarebbe stato molto più difficile torcere un capello alla Pergola.

A tutto ciò si deve aggiungere che lo storico direttore generale, Marco Giorgetti, da 25 anni al suo posto, è stato rimosso (pagandogli due anni di stipendio), senza ancora nominare un sostituto. Si capisce, quindi, che la situazione è ben più catotica di quanto possa essere stato prodotto dal declassamento, che sicuramente ha prodotto e produrrà i suoi effetti.

A essere stato bocciato dalla Commissione consultiva per il teatro è la programmazione della Fondazione Teatro Toscana, il suo “piano industriale”, per così dire.

Il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, preso di mira da Massini, in Parlamento ha detto che il teatro fiorentino “è troppo importante per essere percepito come locale e potrebbe comunque continuare a operare secondo l’assetto attuale ma è realistico ipotizzare che la programmazione di Massini sia incongrua rispetto alle potenzialità della struttura”. Insomma, serve qualcosa di diverso.

A ben vedere lo stesso governatore della Toscana, Eugenio Giani, più di una volta ha affermato che 7,5 milioni di fondi pubblici siano più che sufficienti per una struttura che raccoglie 184mila spettatori all’anno. E che, se occorrono più soldi, bisogna farli arrivare dai privati.

Insomma, al di là delle apparenze la questione sembra essere questa: il teatro può essere un’attività che vive da solo con le proprie gambe? È difficile, ma la direzione da perseguire non può che essere quella dell’autosostentamento. Se biglietti e abbonamenti non bastano, e poiché non si possono alzare i prezzi più di tanto, l’unica strada restano le produzioni. Che devono guardare anche al favore del pubblico. Insomma, i teatri vanno riempiti e l’unico modo per provare a stare in piedi è produrre interessanti spettacoli da fare girare nel Paese.

Probabilmente, nonostante gli sforzi, un teatro perfettamente in pareggio non potrà mai esistere dal punto di vista finanziario. La cultura, e il teatro che ne fa parte, è troppo importante e resta un bene prezioso a cui lo Stato può e deve provvedere. Ma si potrebbero studiare dei modi virtuosi per valorizzare chi ottiene i migliori risultati gestionali riconoscendogli un budget extra da poter investire in produzioni di qualità. Voi che ne pensate?

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Nel rispondere a un Question time alla Camera sul declassamento della fondazione Teatro della Toscana il ministro Giuli ha chiarito la propria posizione: “Mi vedo costretto a ricordare che le Commissioni consultive per lo spettacolo dal vivo non subiscono alcuna influenza esterna: esse esprimono le proprie valutazioni tecnico-discrezionali in totale autonomia. Su tale giudizio si sono sedimentate accuse strumentali che rigetto fermamente. Voglio ribadire che il Teatro della Pergola è troppo importante per essere percepito come un teatro locale, ma va salvato da tutte le criticità che ne hanno eroso reputazione, finanziamenti e proiezione internazionale”.

Foto: Teatro della Pergola (Facebook)

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Giornalista.

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